ROMA – Estati sempre più roventi in Italia e nel Mediterraneo si avranno nei prossimi anni. Un nuovo studio dell’Accademia cinese di scienze meteorologiche di Pechino sostiene che le ondate di calore estremo potrebbero diventare da 4 a 8 volte più alte rispetto al 2020. Un destino che, per lo studio pubblicato sulla rivista Nature Communications, accomuna buona parte di tutto l’emisfero settentrionale.
I ricercatori coordinati da Yang Chen hanno analizzato le temperature raccolte tra il 1960 e 2012 in tutto l’emisfero settentrionale, rilevando come per ogni decennio si sia aggiunta a livello globale, in media, una giornata di calore estremo in tutto l’emisfero. Ognuna delle giornate, più calda di 0,28° per decade. Lo studio imputa l’aumento ai cambiamenti climatici e ai gas serra prodotti dall’uomo.
Marina Baldi, climatologa del Consiglio nazionale delle ricerche (Cnr), ha spiegato: “L’aumento della frequenza e intensità di questi eventi estremi sarà più marcato nell’Europa occidentale e meridionale con il Mediterraneo, dunque anche in Italia, oltre che nel sud degli Usa, il sud-est del Canada e della Cina”.
Gli scenari possibili dai dati dello studio sono due. Uno in cui l’aumento globale della temperatura potrebbe essere di 1,5°, portando la frequenza di queste ondate estreme di calore potrebbe aumentare da 4 a 32 giorni per estate con un livello moderato di emissioni di gas serra, e dagli 8 ai 69 giorni con un alto livello di emissioni entro la fine del secolo. Nella seconda invece, si suppone che la temperatura mondiale dovesse aumentare invece di 2°, a queste cifre si potrebbero aggiungere altre 5 giornate in più all’anno di caldo estremo.
Baldi ha spiegato: “In generale c’è stato un aumento sensibile della frequenza di questi eventi estremi e della loro intensità a livello di temperatura. In Europa e nel Mediterraneo, un altro studio fatto tra il 1960 e 2017 per esempio, aveva mostrato come le giornate di caldo estremo fossero cresciute di 8-9 in più per ogni decennio”.
Lo studio ha fatto una media globale di un intero emisfero, che ospita Paesi e aree molto vaste, con climi molto diversi tra loro, “mostrando che non tutto l’emisfero si sta comportando allo stesso modo. L’alta variabilità di questi fenomeni rimane ancora da essere spiegata completamente”, continua.
Le aree mediterranee sono state quelle comunque, conclude Baldi, “dove il cambiamento climatico è stato più visibile e tangibile, con un aumento della temperatura di 1,4 gradi rispetto all’era pre-industriale, a differenza delle altre zone nelle quali è stato di un gradi. Tutto ciò fa sì che si accumuli più energia, e si producano eventi più estremi, dalla siccità alle alluvioni”. (Fonte ANSA).