Non solo la bella Jamila. Il preside di Brescia: “Ho aiutato una ragazza ad abortire”

BRESCIA – Segni particolari, bellissima. Ma pachistana. La storia di Jamila, troppo bella per essere esposta in una scuola mista bresciana perché già “combinata” per un matrimonio, fa inorridire il benpensante italiano. Cioè tutti noi, certamente colpiti dall’immagine dell’adolescenza violata, in nome della nostra presunta superiorità occidentale. Ma c’è qualcuno che sulla frontiera della difficile integrazione delle famiglie immigrate ci combatte ogni giorno: il preside della scuola di Jamila, per esempio. Intervistato dal Corriere della Sera, Nicola Scanga, racconta placidamente e senza enfasi, storie di ordinario disagio e frustrazione. Abusi sessuali in  famiglia, violenze tra etnie rivali, mortalità scolastica, aborti procurati a fin di bene. Il preside, oltre alla normale conduzione di una scuola, deve inventarsi assistente sociale e psicologo, fino a sostituirsi alla patria potestà.

“A ottobre Danuwa (nome di fantasia) una minorenne di colore ci ha confidato di essere incinta. Voleva abortire senza dirlo ai genitori. Abbiamo chiamato il giudice e lui ha dato il consenso. All’ospedale l’ha accompagnata un mio assistente”. La storia della scuola negata a Jamila impallidisce di fronte al racconto di questo pezzo di vita.  Ora si scateneranno le polemiche intorno alla scelta di appoggiare un’interruzione di gravidanza, ma almeno un velo di silenzio è stato squarciato. Nonostante i tagli ai servizi sociali imposto dal rigore sui conti, la scuola resta, dovrebbe restare, il luogo della ricomposizione dei conflitti, dove l’esistenza nuda degli individui guadagna finalmente il suo spazio a discapito delle artificiali e sterili contrapposizioni ideologiche.

La scuola negata a Jamila ha bucato l’indifferenza generale per la bellezza della ragazza. E’ un fatto, serve anche questo. Ma il dramma di Odawa citato dal preside di Brescia non è l’unico. Un altro sedicenne, Kuldev, indiano, una mattina si è presentato a scuola pieno di lividi. Cinque giorni di prognosi ha stabilito il Pronto Soccorso, ma Scanga invece di denunciare il padre ha preferito parlarci per non fargli perdere il lavoro. La giustificazione per le percosse è stata disarmante: tutta colpa di un attacco epilettico della moglie. La realtà è che il ragazzino era innamorato di una coetanea italiana contro la volontà dei suoi genitori.

Ju, un ragazzino cinese, veniva a scuola al mattino per poi timbrare il cartellino (metaforico) in fabbrica il pomeriggio. Adesso è sparito, proprio così, svanito nel nulla. Andriy, albanese, spesso è assente perché, lo giustifica la madre, non sempre possiede i 4 euro del biglietto del pulmann. Nicola Scanga, mite Wolf risolvi-problemi, non ha un minuto di tregua: se le gang separate da etnie si affrontano nelle risse davanti ai cancelli di scuola può essere sicuro che nessuno lo aiuterà. A parte un bidello a cui ha raccomandato di gettare un occhio.

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