Lo zoo ‘giurassico’ del famoso film di Steven Spielberg potrebbe tra qualche anno diventare una realtà. Il parco non sarebbe proprio giurassico, perché il primo ‘ospite’ sarebbe l’imponente, ed estinto da oltre 12 mila anni, mammifero del Pleistocene: il Mammuth.
Il ‘cugino’ alla lontana dei moderni pachidermi è oggetto di studio da parte di un team di scienziati giapponesi, russi e americani, le cui speranze sono quelle di clonare un mammuth entro i prossimi sei anni, cancellando così la sentenza di estinzione dalla storia dell’evoluzione.
L’idea del singolare progetto è nata all’università di Kyoto, dove i ricercatori guidati da Akira Iritani hanno deciso di clonare il preistorico mammifero estraendone il DNA da una carcassa conservata nel centro di ricerca Yakutsk, in Siberia, per poi impiantare gli ovuli in una femmina di elefante Africano, nella speranza che ne nasca un embrione, la cui gestazione durerà all’incirca 600 giorni.
E’ di Teruhiko Wakajama, del Centro Riken per la Biologia dello Sviluppo di Kobe, la tecnica utilizzata per la clonazione da cellule di un topo morto conservate criogenicamente per 16 anni. Iritani e colleghi hanno così preso un ovulo, estratto il nucleo ed inserito il Dna del mammuth rinvenuto in Siberia.
Avvalendosi delle tecniche di fecondazione in vitro, di cui gli americani sono esperti, e collaborando con il professor Minoru Miyashita dell’università di Kinki, l’embrione sarà poi impiantato nell’utero della femmina di elefante africano.
L’esito dell’ambizioso progetto rappresenterebbe una svolta nello studio dell’evoluzione delle specie e permetterebbe di comprendere il fenomeno dell’estinzione del pachiderma preistorico, le cui teorie al riguardo ne vedono le cause nell’avvento dell’uomo e nei cambiamenti climatici.
A livello etico non poche sono le questioni sollevabili ( e sollevate), infatti oltre alla raffinata tecnica di clonazione, il professore Iritani ha riflettuto sulla vita del baby-mammuth: “se si potrà creare un embrione clonato, prima di impiantarlo nell’utero, avremo bisogno di discutere su come farlo nascere e se eventualmente mostrarlo in pubblico”.
Chissà cosa direbbe il buon Charles Darwin, padre di ‘l’origine della specie’, sul valore etico di questo progetto, che sfida apertamente le sue teorie sulla ‘selezione naturale’, riportando alla vita dopo migliaia di anni una specie ‘evidentemente’ non adatta alla sopravvivenza.