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L’Aquila. Gli 8 studenti cacciati da Luca Valente, uno degli imputati per il crollo della vecchia “casa”

di Emiliano Condò |6 Marzo 2011 13:28

La casa dello studente a L'Aquila

L’AQUILA – Un’infrazione veniale, pagata a prezzo carissimo. Hanno acceso qualche sigaretta nei locali della sala studio della “nuova” casa dello Studente di L’Aquila e sono stati “espulsi” dalla struttura e privati delle rispettive borse di studio.  La vicenda, che vede coinvolto un gruppo di otto studenti dell’Università dell’Aquila e che ha trovato spazio anche su Blitzquotidiano, ha colpito Antonio Padellaro, direttore del “Fatto Quotidiano”, non solo e non tanto per il provvedimento in sé, ma per un fatto che è sfuggito a quanti, e sono i più, non hanno fatto il collegamento tra il nome di chi ha firmato l’espulsione e l’elenco degli imputati in uno dei processi in corso nel dopo terremoto.

A leggere e collegare, infatti, colpisce il “pulpito”. L’antifumatore inflessibile che ha messo la firma sul “foglio di via”, infatti, si chiama Luca Valente, è direttore dell’Adsu e soprattutto è uno degli undici imputati per il crollo della “vecchia” casa dello studente, quella che si è afflosciata la notte del sei aprile portandosi via diverse vite.

Valente non ha avuto dubbi: quell’infrazione meritava una pena esemplare. Fuori dalla casa sono finiti 5 ragazzi israeliani, 2 ragazze di Larino in provincia di Campobasso e ad un abruzzese originario di Penne. L’articolo 8 del regolamento interno della struttura studentesca  prevede infatti  “la revoca del posto letto e della borsa di studio per la detenzione di armi, alcool, sostanze stupefacenti, giovo d’azzardo, la cessione del posto assegnato fino a giungere al fumare negli spazi comuni o all’interno delle proprie stanze”.

Nella faccenda, sono diverse cose a lasciare perplessi. Se si fuma, ad esempio, in una corsia d’ospedale o in un qualsiasi locale pubblico, tanto di cartello avverte che si rischia una “sanzione da 25 a 250 euro”. Lo stesso cartello indica il responsabile del controllo. Ora non esiste nessuna legge che stabilisce: “Se fumi in questo ospedale non potrai più metterci piede”. Alla nuova casa dello studente dell’Aquila, evidentemente, funziona in modo diverso: una sorta di codice di guerra militare.

Traducendo in moneta la sanzione, poi, secondo i calcoli dell’avvocato Wania Della Vigna gli studenti “dovranno andare via dalla residenza ma anche da l’Aquila e dall’ Università, perché  si vedono privare della propria borsa di studio, ottenuta per reddito e per meriti. La borsa di studio ( 5000 euro circa) comprende anche le spese per la mensa e per bugdet personale”.

Valente si difende dicendo di aver solo applicato il “regolamento”. Forse è rimasto scottato dalla sua vicenda personale, che lo vede imputato proprio per una inadempienza. Senza entrare nel merito, (la storia è piena di azioni discutibili giustificate con l’applicazione delle norme), non può non far discutere la questione di opportunità. Nessun regolamento vieta, evidentemente, ad un imputato per il crollo di una casa per studenti di gestirne un’altra. Molto buon senso, invece, lo sconsiglierebbe. Un pizzico di buon senso, infine, dovrebbe suggerire al diretto interessato, se proprio non si vuol fare un passo indietro, di limitarsi  all’ordinaria amministrazione evitando riflettori e sanzioni spropositate.

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