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Migranti, il giorno delle fiamme: profugo prova a darsi fuoco a Manduria, brucia Lampedusa

di Emiliano Condò |2 Aprile 2011 17:07

ROMA – La fotografia dell’Italia scattata nel pomeriggio di sabato 2 aprile mostra una serie di “puntini rossi”, zone ad alta infiammabilità, dove da un momento all’altro, la situazione rischia di precipitare. Due, per ora, i più evidenti: Lampedusa e Manduria. Attenzione, però, a Potenza e, per motivi opposti, a Milano. Tutto nel segno del fuoco: quella della roulotte che brucia a Lampedusa e quello di un immigrato che ha provato ad incendiarsi a Manduria.

A Lampedusa c’è vento. In condizioni normali non sarebbe una notizia. Oggi, però, lo è. E non è una buona notizia. Significa che le navi che dovrebbero portare via gli immigrati non possono attraccare al porto. E a cascata significa che la promessa di Silvio Berlusconi di sgomberare l’isola in 48-60 ore può dirsi, almeno nei tempi, non mantenuta. Significa anche che i migranti sono ancora là e che la situazione è esplosiva.

L’imbarco è rimandanto e i migranti non ci stanno: scoppiano i disordini, brucia una roulotte al porto e c’è anche un fermo, quello di un immigrato marocchino accusato di aver appiccato il fuoco. La situazione rischia di degenerare: gli immigrati decidono per lo sciopero della fame. Non si perdono granché: da giorni, spiegano, il pasto è sempre lo stesso. Riso.

La protesta rientra nel giro di un paio d’ore. Berlusconi nel frattempo, parla coi Responsabili e promette che l’isola sarà sgomberata nel giro di 24 ore. Il premier ricorda che l’Italia è stata un popolo di migranti e che ha un dovere di accoglienza. Verissimo. Andrebbe, però, spiegato alla Lega. Certo, a Lampedusa, le sue parole e il suo blitz suonano lontanissimi. Anche perché lasciare Lampedusa per finire in un posto come Manduria potrebbe essere il salto dalla padella alla brace.

A Manduria, se possibile, la situazione è anche peggiore.  Poco dopo le 16 un migrante ha tentato di darsi fuoco. In Tunisia il gesto ha significato rivoluzione. Qui significa esasperazione e disperazione. Anche perché, nelle ultime ore, fuggire dalla tendopoli si è fatto più difficile. Ora gli agenti che pattugliano la zona sono circa 500 e molti sono nelle stazioni vicine per impedire l’esodo via treno. Il tutto senza considerare la rabbia degli abitanti del posto. Nel caos provocato dal tentativo di darsi fuoco del migrante disperato un funzionario della polizia, il dirigente dell’ufficio immigrazione della questura di Taranto, Antonio Calcagni, e’ rimasto colpito al volto dal cancello d’ingresso della tendopoli rimanendo ferito. Il funzionario è stato medicato nell’ospedale di Manduria dove gli sono stati praticati due punti di sutura.

Attenzione, però, anche a Potenza. Col moltiplicarsi degli arrivi iniziano le fughe e le proteste. Un pullman con circa 40 immigrati è arrivato nel primo pomeriggio nell’area della tendopoli di Palazzo San Gervasio, ma  i nord-africani non sono scesi, probabilmente in segno di protesta e intanto le forze dell’ordine sono alla ricerca di una decina di uomini che in mattinata sono fuggiti dal campo lucano. Secondo quanto si è appreso, le persone che sono ancora sul pullman sono alcune di quelle fuggite nei giorni scorsi dal campo di Manduria (Taranto) e rintracciate dalle forze dell’ordine in Puglia; alcune di loro erano gia’ in possesso di biglietti ferroviari per varie destinazioni italiane, tra cui Roma, Milano e Bologna. Poco fa è arrivato a Palazzo San Gervasio anche un autocarro con altre tende, che si aggiungeranno alle 64 gia’ installate nei giorni scorsi.

Infine la Lega. Sembra surreale ma mentre Berlusconi parla di accoglienza il suo principale alleato di governo pensa bene di organizzare un presidio davanti al consolato tunisino di Milano. Lo slogan? “Fora dai ball”. A comandare la pattuglia l’immancabile Mario Borghezio insieme a Matteo Salvini. I leghisti hanno indicato il colpevole: il lassismo dei controlli dello Stato tunisino.

Probabilmente è vero. Qualcuno, però, dovrebbe ricordargli che da quelle parti c’è appena stata la rivoluzione e che, forse, in questo momento i problemi interni sono leggermente più pressanti.

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