NASA. Kepler ha cercato gli “hot jupiters”, i pianeti gioviani caldi, negli elusivi e misteriosi ammassi stellari

Dove sono finiti gli “hot jupiters”, o pianeti gioviani caldi? La risposta al quesito arriva da John Debes e Brian Jackson, del Goddard Space Flight Center della Nasa di Greenbelt , che in un articolo pubblicato sull’Astrophysical Journal spiegano perché i pianeti gioviani caldi, cioè pianeti extrasolari grandi come Giove e vicini alla loro stella come Mercurio, non sono individuati con facilità negli ammassi stellari globulari.

La sonda Kepler, che in queste settimane ha individuato due nuovi pianeti in un altro sistema solare, ha registrato negli ammassi stellari globulari un numero di pianeti decisamente inferiore alle previsioni fatte dagli scienziati e secondo Debes e Jackson questo è da imputare al fatto che “i pianeti sono creature elusive – ha spiegato Jackson – e noi abbiamo trovato una spiegazione alla loro elusività”.

Quando 10 anni fa gli astronomi cominciarono la ricerca di nuovi mondi negli ammassi stellari globulari le aspettative di trovarne erano molte, ma poi sono state disilluse. Un esempio è l’ammasso 47 Tucanae (47 Tuc), un ammasso stellare dove sono stati individuati appena 12 pianeti tra 34.000 stelle candidate ad essere soli alieni.

Debes ha fatto notare che negli anni sono stati scoperti circa 450 pianeti extrasolari, ma la loro individuazione ha sempre coinvolto stelle singole e non ammassi stellari, dove il numero di stelle è tale che il pianeta può essere allontanato dalla sua orbita e assorbito da una stella vicina.

Inoltre dalle indagini sugli ammassi è emersa un carattere a bassa metallicità, cioè gli ammassi presentano una scarsa concentrazione di metalli aventi peso superiore a quello dell’elio e dell’idrogeno, che sono alla base della formazione dei pianeti.

Secondo Debes e Jackson il motivo per cui i pianeti caldi non vengono individuati riguarda la brevità della loro vita, infatti la loro orbita è talmente vicina alla stella che funge da sole, da far si che il pianeta sia fagocitato dalla stella stessa per attrazione gravitazionale, proprio come sta succedendo al pianeta WASP-12b, il cui destino è ormai segnato.

La stella presenta dapprima un rigonfiamento in corrispondenza del pianeta, che intanto percorre la sua orbita, e ne assorbe a poco a poco l’energia, modificando l’orbita che si avvicina sempre di più alla superficie stellare fino a quando, nell’arco di alcuni miliardi di anni, il pianeta non viene inghiottito dal rigonfiamento stesso.

Il procedimento di fagocitazione del pianeta è stato modellizzato dai due scienziati, che hanno previsto questo “effetto marea” che caratterizza la vita e la morte dei pianeti gioviani caldi. Debes ha dichiarato: “I nostri modelli mostrano come non sia necessario considerare la metallicità per spiegare i risultati delle indagini, poiché il numero di pianeti da osservare viene ridotto attraverso questo ed altri effetti”.

Alle ricerche sull’ammasso 47 Tucanae ha partecipato anche Ron Gilliland, che lavora presso lo Space Telescope Science Institute di Baltimora, il quale sostiene che “quest’analisi delle interazioni a marea dei pianeti e delle stelle ospite rappresentano una potenziale ottima spiegazione, in aggiunta alla stretta correlazione tra metallicità e presenza di pianeta, del perché abbiamo fallito nell’individuazione di pianeta extrasolari in 47 Tuc”.

Il modello spiega anche che un terzo dei pianeti viene distrutto in circa un miliardo di anni, quindi in un ammasso come il 47 Tuc , che ha più di 11 miliardi di anni, il 96 per cento dei pianeti caldi non esistono più.

La missione di Kepler è ora quella di studiare 4 ammassi stellari aperti, cioè gruppi di stelle la cui densità è minore degli ammassi globulari, e la cui età varia tra 0.5 e gli 8 miliardi di anni, e se il modello di Debes e Jackson è esatto il numero di pianeti individuati sarà nettamente superiore a quello degli ammassi globulari, dove l’alta densità di stelle scatena l’effetto a marea.

Gilliland ha poi sottolineato l’importanza della ricerca: “se negli ammassi troveremo pianeti con Kepler la correlazione tra età e metallicità sarà interessante per la modellizzazione della formazione dei pianeti, così come lo è per lo studio sulla loro evoluzione dopo essersi formati”.

Se il modello di Debes e Jackson si rivelerà esatto la ricerca dei pianeti extrasolari si troverà ad un punto di svolta e diventerà molto più difficile. I pianeti gioviani risultano più facili da individuare proprio perché caldi e molto grandi, ma se la loro esistenza è segnata dall’effetto a marea allora la ricerca di nuovi mondi dovrà essere orientata su pianeti più piccoli e più lontani.

Questo significa che l’approccio alla ricerca dei pianeti dovrà essere modificato, infatti per individuarli saranno necessari tempi di osservazione più lunghi su un grande numero di stelle, oltre a nuove tecnologie e strumenti la cui sensibilità dovrà essere maggiore di quelli di cui disponiamo oggi.

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