ROMA – Neutrini cosmici, ovvero provenienti dall’esterno del Sistema Solare, scoperti sotto i ghiacci dell’Antartide. A individuarli per la prima volta è stato il telescopio americano IceCube costruito a due chilometri di profondità sotto il Polo Sud. La scoperta, pubblicata su Science, è considerata dagli esperti l’alba di una nuova astronomia, capace di rivelare aspetti finora sconosciuti dell’universo.
E’ nel cuore di catastrofi come l’esplosione di stelle e la crescita di voraci buchi neri la culla dei neutrini cosmici, le particelle più sfuggenti dell’universo, che attraversano continuamente la materia senza lasciare traccia.
Il risultato è stato ottenuto dal gruppo coordinato da Mark Gerald Aartsen, dell’università australiana di Adelaide che nel maggio scorso aveva annunciato i dati preliminari. Analizzando i dati raccolti da IceCube fra il 2010 e il 2012, i ricercatori hanno scoperto i 28 neutrini più energetici mai osservati: sono i primi neutrini che non arrivano dal Sole e che non hanno origine nell’atmosfera terrestre.
In due casi l’energia trasportata da questi neutrini è pari a 100 volte l’energia prodotta dagli scontri fra particelle nell’acceleratore più grande del mondo Lhc e in 26 casi è pari al doppio. E’ una scoperta attesa da tempo che può aprire un nuovo capitolo dell’astrofisica, osserva Maurizio Spurio, dell’università di Bologna, associato dell’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare (Infn) e collaboratore del progetto Km3Net, che sta realizzando un telescopio per neutrini nel Mediterraneo, al largo delle coste siciliane.
Così come l’astronomia a raggi X ha permesso di scoprire oggetti fino ad allora solo ipotizzati anche lo studio di neutrini di questo tipo, aggiunge Spurio, può far luce su fenomeni solo immaginati. Queste particelle, prosegue, ”trasportano le informazioni sulla struttura interna degli oggetti che li generano, inoltre conservano anche la direzione e quindi possono guidare direttamente alla sorgente da cui arrivano”.
I 28 eventi registrati dagli oltre 5.000 sensori sepolti sotto i ghiacci antartici provengono quasi tutti dall’alto, spiega Spurio, e in questo caso è più difficile individuare con precisione la regione di arrivo, a differenza dei neutrini che arrivano dal basso. Si ipotizza che i neutrini osservati siano nati da una classe di sorgenti, come stelle molto compatte quali pulsar o dai buchi neri. Queste particelle, sottolinea Spurio, potrebbero avere anche una origine esterna alla nostra galassia.
”Siamo in attesa – aggiunge – dei prossimi risultati della collaborazione IceCube, che analizzerà i dati raccolti dal 2012 a oggi e molti eventi rivelati, questa volta, arrivano dal basso e quindi sarà possibile individuare la regione di arrivo”.