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Ologrammi 3D in tempo reale: dalla fantascienza di Star Wars alla realtà quotidiana

di admin |1 Agosto 2011 19:54

Il confine tra scienza e fantascienza non sempre è netto: spesso è là dove la finzione sembra destinata a rimanere tale, che la scienza intraprende il passo affinché una fantasiosa idea divenga realtà. Era il 1977 quando il ricercatore Nasser Peyghambarian, specializzato in ottica dell’università dell’Arizona di Tucson, guardando il film Star Wars, rimase incantato dall’ologramma 3D della Principessa Leia e decise che un giorno avrebbe infranto il passo tra fantascienza e scienza, realizzando un dispositivo in grado di comunicare in tempo reale con immagini tridimensionali.

Ora tale giorno è arrivato e Peyghambarian e colleghi hanno finalmente individuato un materiale riscrivibile in grado di immagazzinare i dati spaziali e ricomporli in modo da ottenere un ologramma che si aggiorna in intervalli di 2 secondi. Le informazioni tridimensionali sono acquisite in intervalli di 1 secondo da 16 telecamere orientate con angolazioni differenti rispetto all’oggetto e processati da un computer in pixel olografici.

Il materiale viene poi bersagliato da due laser pulsati, che riscrivono in esso le informazioni raccolte e rielaborate creando un’interferenza di luci ed ombre nella registrazione. Bersagliando poi il materiale con una luce viene ricostruita l’immagine olografica.

In passato altri tentarono nell’impresa, i risultati furono deludenti: l’assenza di un materiale che fosse riscrivibile portò alla realizzazione di ologrammi statici, le cui applicazioni erano limitate. Il team di Peyghambarian ha così realizzato un polimero plastico, il PATPD/CAAN, che sottoposto a luce laser manifesta una riorganizzazione interna degli elettroni e degli altri portatori di carica, che tramite il moto di deriva tendono a concentrarsi in aree che corrispondono alle regioni chiare e scure di interferenza della luce, impressionando il materiale e creando la registrazione, che può essere facilmente riscritta quando i laser provocano nel polimero un nuovo movimento di cariche in configurazioni differenti.

“La creazione di un ologramma dinamico della grandezza e della risoluzione di quello della Principessa Leia è finalmente realtà”, ha asserito soddisfatto Peyghambarian, che ad oggi è in grado di visualizzare l’immagine su un display di circa 17 pollici che si aggiorna in un tempo “quasi reale”, mentre nel 2008 il team, usando un materiale simile, cominciò le sperimentazioni realizzando uno schermo di 10 pollici che impiegava 4 minuti per trascrivere 2 minuti di informazione.ù

Sebbene esistano già nel mercato tecnologie in grado di fornire immagini 3D, ad esempio alcuni nuovi prototipi di televisori Sony, chiamati RayModeller, essi non forniscono altro se non una sensazione di profondità: “non puoi camminare attorno all’immagine di una persone e guardare il dietro della sua testa”, ha spiegato Peyghambarian, le cui ricerche avranno sicuramente applicazioni dalla chirurgia, dove un chirurgo potrebbe utilizzare l’ologramma per condurre operazioni in remoto, all’industria, dove i progettisti potrebbero visualizzare e modificare un modello 3D in tempo reale.

La differenza quindi tra uno schermo 3D e un sistema olografico? Secondo Peyghambarian sta soprattutto nella “superba risoluzione. Abbiamo realizzato dei pixel olografici di 400 micrometri, che fornisce immagini di qualità superiore a quelle di un televisore ad alta risoluzione”, anche se registrare un film in tecnologia olografica presenta ancora delle difficoltà, infatti il team di scienziati sta ancora lavorando per ottenere i 30 fotogrammi al secondo necessari per la registrazione di un film.

Anche se le ricerche, pubblicate recentemente su Nature, sono a buon punto, gli aspetti da valutare del prototipo sono ancora molti: Peyghambarian e colleghi sono impegnati nel ridurre la potenza necessaria a scrivere e leggere le immagini e prevede che il prototipo perfezionato sarà alla portata di tutti tra 7 e 10 anni. Insomma ci vorrà ancora del tempo per avere un ologramma in casa, ma questa rappresenta l’ennesima occasione in cui la scienza ha dimostrato di saper realizzare ciò che la fantasia osa.

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