Ogni pianeta nel nostro sistema solare ha un colore che lo contraddistingue: la Terra è blu, Marte è rosso, Venere è di un bianco brillante. Ma a cosa corrispondono questi colori? Nel caso della Terra, l’atmosfera appare blu perché riflette le lunghezze d’onda che nello spettro dei colori corrispondono a quel colore, mentre nel caso di Marte la presenza dell’ossido di ferro è la causa del suggestivo rosso.
Il colore di un pianeta quindi rispecchia spesso caratteristiche fisiche e chimiche proprie della sua atmosfera e della sua struttura superficiale ed interna, costituendo per gli astronomi un ulteriore mezzo di indagine per lo studio dei 490 pianeti extrasolari individuati dalle missioni Nasa.
In una ricerca che sarà pubblicata sul The Astrophysical Journal il team di Lucy McFadden, astronoma della Nasa, e Carolyn Crow, laureata della UCLA, sta progettando un metodo per utilizzare il colore dei pianeti come informazione utile: “Il metodo che stiamo sviluppando distingue i pianeti fra di loro – ha spiegato la Crow – E definisce la Terra attraverso un ‘look’ unico”.
Come ogni nuovo strumento di indagine astronomica anche lo sviluppo del metodo non sarà facile, poiché la tecnologia disponibile oggi non è adeguata allo studio di tali colori: “Alla fine, con la costruzione di telescopi sempre più grandi, il potere di raccolta della luce sarà tale da consentire l’osservazione del colore dei pianeti attorno alle stelle”, ha spiegato la McFadden.
Questo perché la luce stellare tende a coprire le emissioni di oggetti quali i pianeti, oggetti che non emettendo luce propria vengono osservati dal modo in cui riflettono tale luce, e che spesso vengono individuati dallo studio di fenomeni di eclissi dovuti al passaggio dei pianeti in opposizione alla stella attorno a cui orbitano.
Individuare quindi il colore del pianeta permetterà di concentrare le ricerche di pianeti con caratteristiche simili alla Terra e fornirà un ulteriore metodo di indagine, come la stessa McFadden ha spiegato: “I colori ci diranno quali pianeti studiare in maggiore dettaglio”.
Il progetto fu sviluppato nel 2008, quando la Crow entrò nel team della McFadden, sua mentore all’università del Maryland di College Park. La missione che ha permesso l’inizio dello studio è firmata NASA, infatti i dati su cui le ricerche si basano furono forniti dalla sonda Deep Impact, che ha osservato la Terra durante l’osservazione della cometa 103P/Hartley 2.
I dati sono stati raccolti con HRI (High Resolution Instrument), che ha misurato l’intensità della luce riflessa dal pianeta, un telescopio di 30 centimetri che possiede 7 filtri di colore disposti su una ruota girevole, tali che ogni filtro seleziona la luce di differenti lunghezze d’onda, dall’ultravioletto al blu, fino al rosso e l’infrarosso.
Nel 2009 la Deep Impact ha poi osservato il colore della luce lunare e quello di Marte, apportando molte informazioni utili, che hanno permesso alla McFadden di studiare quale combinazioni di colori fornisse le informazioni necessarie a distinguere la Terra dagli altri pianeti e oggetti celesti del sistema solare.
Confrontando le caratteristiche dei pianeti corrispondenti ai rispettivi colori la McFadden ed i suoi colleghi hanno scoperto che ogni corpo celeste ha una sua ‘impronta digitale’, ed hanno notato che una semplice comparazione dei colori individuati dai vari filtri non è funzionale, poiché i risultati sono confusi.
Per ottenere informazioni chiare lo studio va effettuato secondo dei precisi diagrammi di ‘colore-colore’, realizzati con i dati raccolti dai filtri rosso, verde e blu, che basandosi sulle similarità legate alle lunghezze d’onda riflesse dalle superficie e dalle atmosfere dividono i pianeti in gruppi: quelli gassosi, come Giove e Saturno, da quelli rocciosi, come Marte, Venere e Mercurio.
Dallo studio è emerso che la Terra rappresenta una singolarità nel nostro sistema solare, la cui atmosfera, povera di metano e ammoniaca, riflette il colore blu tramite l’effetto di diffusione dei raggi luminosi dovuto alle particelle presenti in aria, detto scattering di Rayleigh. “E’ l’atmosfera terrestre che domina i colori del pianeta – ha spiegato la Crow – Lo scattering della luce nell’ultravioletto e l’assenza di assorbimento nell’infrarosso”.
In futuro la classificazione dei pianeti attraverso questa singolare ‘impronta di colore’ permetterà agli scienziati di individuare ‘ad occhio’ le caratteristiche della superficie e dell’atmosfera del pianeta in osservazione, e la Crow ha sottolineato che “ci sono cose che possiamo capire dal colore, ma ci sono informazioni addizionali che non sono individuabile in questo modo”. Certo, avere lo stesso colore della Terra non implica necessariamente averne gli stessi oceani e la stessa atmosfera, ma fornirà uno strumento di focalizzazione delle indagini astronomiche: dimmi di che colore è il pianeta, e (forse) ti dirò se c’è vita.