“Figuriamoci se la polizia si mette a spiare i navigatori di facebook”. Così il direttore centrale della Polizia Postale Antonio Apruzzese spiega all’Agi, commentando il servizio del settimanale “L’Espresso”. Quando la polizia postale o altri organi (carabinieri, GdF ecc ecc.) nel condurre una indagine si dovessero trovare ad intercettare comunicazioni su facebook, spiega Antonio Apruzzese, “ci muoviamo sempre con l’autorizzazione della magistratura. Anche perchè nel caso contrario tutto ciò che si fa non avrebbe alcun valore processuale. Anzi se violassimo la rete senza autorizzazione della magistratura commeteremmo un reato penale”.
Poi il direttore della polizia Postale ricostruisce come la l’Italia abbia raggiunto un accordo con Facebook: “ai primi di ottobre sono venuti in Italia, dopo lunghe trattative e contatti i responsabili di Facebook al massimo livello accompagnati anche dai loro legali e hanno illustrato le procedure per chiedere ed ottenere l’accesso alla rete per vicende di polizia giudiziaria e, soprattutto per quali casi, in base alla legislazione anglosassone, si possono concedere le autorizzazioni. Hanno spiegato punto su punto, abbiamo stilato le linee guida e girato le direttive a tutti gli organismi di polizia italiana”.
E sempre per rassicurare i navigatori di facebook il dott. Apruzzese elenca quali sono in reati per i quali la magistratura italiana può concedere l’autorizzazione: “sono i reati ammessi dalla legislazione anglosassone: quelli contro la persona, il patrimonio, i suicidi, gli omicidi e la criminalità organizzata. Perchè velocizzare queste procedure? – conclude Apruzzese – figuriamoci se qualcuno su facebook annuncia che si vuole uccidere, che facciamo, avviamo tutte le pratiche delle convenzioni internazionali? Stesso discorso vale per omicidi e gli altri reati per i quali si è raggiunto l’accordo. Il tutto, ovviamente, con l’autorizzazione del magistrato”.
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