Satelliti sempre più a rischio collisione: il progetto Esa per studiare i detriti spaziali Satelliti sempre più a rischio collisione: il progetto Esa per studiare i detriti spaziali

Satelliti sempre più a rischio collisione: il progetto Esa per studiare i detriti spaziali

Satelliti sempre più a rischio collisione: il progetto Esa per studiare i detriti spaziali
Satelliti sempre più a rischio collisione: il progetto Esa per studiare i detriti spaziali

ROMA – I satelliti che orbitano nello spazio intorno alla Terra rischiano di collidere e di produrre detriti spaziali, ma le dinamiche che intervengono dopo la collisione sono ancora oscure. Fino ad oggi nei 4 casi di impatto tra satelliti nello spazio, solo uno ha rispettato le previsioni degli scienziati. Il problema dei detriti spaziali, ancora più sentito dopo il rientro non controllato di Tiongang-1 lo scorso 2 aprile, rappresenta una emergenza crescente per il futuro e quindi l’Agenzia spaziale europea, Esa, ha avviato un progetto coordinato dall’italiana Tiziana Cardone per riprodurre le collisioni cosmiche tra satelliti nello spazio e migliorare le previsioni future.

Per gestire al meglio il rischio di collisioni nello spazio o di rientri incontrollati di frammenti al suolo, come nel caso di Tiongang-1, il palazzo celeste cinese, è necessario sviluppare dei modelli che permettano di prevedere la dinamica e la diffusione dei detriti spaziali, dai più piccoli ai più grandi, che si formano dopo l’impatto. Ad oggi infatti sono note 4 collisioni tra satelliti in orbita: nel 1991 tra il satellite russo Cosmos 1934 e un detrito di Cosmos 926, la seconda nel 1996 tra il satellite francese Cerise e un frammento del razzo Ariane 4, nel 2005 la collisione tra un satellite statunitense e uno cinese e infine nel 2009 la collisione tra i satelliti Iridium e Cosmos 2251. Holger Krag, uno degli esperti della divisione Esa che si occupa dei detriti spaziali, ha sottolineato che solo in un caso su 4 le previsioni degli scienziati sono state rispettate, con i due oggetti che sono andati completamente in pezzi, producendo una nube di rottami: “Le altre sono andate diversamente, e quindi c’è qualcosa che ci sfugge”.

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Il prossimo passo dei ricercatori sarà quello di effettuare simulazioni di diversi tipi di collisione, sperando così di riuscire a elaborare un modello che restituisca previsioni affidabili. Per farlo, si utilizzeranno due diversi tipi di software, uno dell’Istituto Fraunhofer di Monaco, dove si studiano le dinamiche dell’alta velocità, e l’altro del consorzio guidato dal Centro studi sulle attività spaziali dell’università di Padova. I due simulatori permetteranno di analizzare gli impatti sia dal punto di vista della reazione dei materiali, rispecchiando le reali proprietà strutturali e meccaniche dei satelliti, sia sulle singole componenti. I dati saranno poi estrapolati e comparati in modo da riprodurre simulazioni che siano in grado di riprodurre tutti gli aspetti di un impatto tra satelliti.

Il progetto dell’Esa, che vede la collaborazione dell’università di Padova, si pone come obiettivo quello di chiarire le dinamiche e le conseguenze degli scontri che avvengono tra due satelliti che orbitano intorno al nostro pianeta. Con l’inizio della corsa allo spazio negli anni Cinquanta, sono stati lanciati in orbita oltre 7500 satelliti e di questi solo 1200 sono ancora attivi, secondo i dati dello Space Debris Office dell’Esa. Queste missioni hanno prodotto in 60 anni di attività una coltre di spazzatura spaziale e il rischio di collisioni tra due oggetti in orbita è diventata nel tempo una vera e propria emergenza.

 

 

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