Schizofrenia, scoperta la “culla” della malattia nel cervello

di Veronica Nicosia
Pubblicato il 17 Aprile 2018 - 11:38 OLTRE 6 MESI FA
Scoperta la culla della schizofrenia nel cervello

Schizofrenia, scoperta la “culla” della malattia nel cervello

ROMA – La culla della schizofrenia è stata osservata per la prima volta dai ricercatori italiani: conoscere le aree del cervello coinvolte e i meccanismi aiuterà a elaborare terapie farmacologiche mirate per i pazienti.

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A scoprire le aree del cervello che sono coinvolte nelle distorsioni della percezione tipiche di questa patologia psichiatrica sono stati i ricercatori del Centro per i sistemi di neuroscienze e cognitivi (Cncs) dell’Istituto Italiano di Tecnologia (Iit) a Rovereto.

Un risultato che è stato pubblicato sulla rivista Neuroimage: Clinicale e che rappresenta un primo passo verso la programmazione di terapie farmacologiche mirate che possano davvero aiutare i pazienti, come ha sottolineato Angelo Bifone, il coordinatore del gruppo di ricerca.

Lo studio si presenta come rivoluzionario anche perché contraddice quella che è la teoria fino ad oggi più accreditata. Si riteneva infatti che le allucinazioni e le alterazioni della percezione avessero origine nella corteccia frontale, cioè l’area del cervello che controlla le funzioni cognitive elevate come il linguaggio e la programmazione di azioni.

Osservando le immagini dell’attività del cervello su un campione di 94 persone sane e di 94 pazienti schizofrenici con la tecnica della risonanza magnetica funzionale,i ricercatori hanno scoperto che la culla della schizofrenia si trova che le aree della corteccia frontale non sono alterate, ma che avvengono alterazioni della percezione iniziale del segnale che si riverberano sulle funzioni cognitive superiori, provocando poi le alterazioni.

Cécile Bordier, autore dello studio, ha spiegato che la scoperta è molto importante perché indica che la comunicazione è alterata già ad un livello molto basso di alterazione del segnale. Poter osservare da vicino l’origine del malfunzionamento della comunicazione tra le aree della corteccia cerebrale, chiamato frammentazione della connettività funzionale, ha permesso dunque di svelare dove ha origine l’alterazione della percezione in questi pazienti e si ripropone come un passo avanti nello sviluppo di terapie migliori per restituire ai malati una vita normale.