Un nuovo studio internazionale, pubblicato sulla rivista Nature Microbiology e condotto dall’Università di Trento in collaborazione con l’Istituto Europeo di Oncologia di Milano, ha svelato un possibile collegamento tra il consumo di caffè e un batterio specifico presente nell’intestino umano. Il batterio in questione è il Lawsonibacter asaccharolyticus, un microrganismo che si trova in concentrazioni notevolmente più elevate nelle persone che consumano regolarmente caffè.
Lo studio ha analizzato i dati relativi al microbioma intestinale di oltre 22.000 individui provenienti da diverse parti del mondo. I risultati hanno evidenziato una relazione diretta tra l’abitudine di bere caffè e l’abbondanza del batterio L. asaccharolyticus nell’intestino. Nei consumatori abituali di caffè, questo batterio è risultato da 6 a 8 volte più abbondante rispetto a chi non consuma la bevanda o lo fa solo occasionalmente.
Il coordinatore della ricerca, Nicola Segata, ha spiegato che questo batterio, pur non avendo un ruolo noto nella salute umana, può essere un indicatore chiave per studiare le interazioni tra alimenti e microbioma. I ricercatori hanno anche osservato che la relazione è più marcata nelle persone che consumano quantità elevate di caffè, confermando che il legame è proporzionale all’assunzione della bevanda.
Il legame tra il Lawsonibacter asaccharolyticus e il caffè è stato ulteriormente approfondito con esperimenti in laboratorio. Gli scienziati hanno coltivato questo batterio su terreni di coltura a cui è stato aggiunto caffè, osservando una crescita significativamente maggiore rispetto ai terreni di controllo. Questo ha fornito una prova diretta dell’effetto del caffè sullo sviluppo di questa specie batterica.
Paolo Manghi, primo autore dello studio, ha sottolineato che questi esperimenti rappresentano un passo importante per comprendere come specifici alimenti influenzino il microbioma. La metodologia utilizzata potrebbe essere replicata per analizzare altre relazioni tra cibi e batteri intestinali.
Un aspetto interessante dello studio riguarda le differenze osservate tra le popolazioni di diversi Paesi. Nei Paesi europei noti per il consumo elevato di caffè, come Lussemburgo, Danimarca e Svezia, il batterio L. asaccharolyticus è ampiamente presente nella popolazione. Al contrario, in Paesi dove il consumo di caffè è meno diffuso, come Cina, India e Argentina, il batterio risulta quasi del tutto assente.
Questa distribuzione geografica suggerisce che il consumo di caffè non solo influenza il microbioma individuale, ma può anche modellare le caratteristiche del microbioma a livello di popolazione. Questo fenomeno potrebbe fornire ulteriori spunti per comprendere come le abitudini alimentari contribuiscano a plasmare la diversità del microbioma intestinale globale.
Sebbene il Lawsonibacter asaccharolyticus non sembri avere un impatto diretto sulla salute, il metodo di studio utilizzato offre un modello per esplorare il ruolo di altri alimenti e batteri con effetti potenzialmente benefici. Secondo Segata, il prossimo passo sarà indagare quali alimenti favoriscano la crescita di batteri noti per il loro ruolo positivo nella salute umana.
Le implicazioni di questa ricerca vanno ben oltre il caffè. Il microbioma intestinale è sempre più riconosciuto come un elemento cruciale per il benessere generale, influenzando aspetti che vanno dalla digestione al sistema immunitario, fino alla salute mentale. Identificare gli alimenti che promuovono batteri benefici potrebbe portare a nuove strategie nutrizionali per prevenire malattie e migliorare la qualità della vita.
Il caffè è una delle bevande più consumate al mondo e da tempo è oggetto di numerosi studi scientifici. È noto per i suoi benefici, tra cui effetti positivi sul metabolismo, proprietà antiossidanti e un possibile ruolo nella prevenzione di alcune malattie croniche. La scoperta del legame con il microbioma intestinale aggiunge un ulteriore tassello alla comprensione degli effetti del caffè sull’organismo umano.