Teorie del complotto: 11 settembre, Ufo, Area 51. Ecco perché ci crediamo

NEW YORK – Recenti studi psicologici stanno facendo luce sulle ragioni dell’adesione alle “teorie del complotto“, un fenomeno sorprendentemente diffuso negli Stati Uniti ed in Europa.

L’uomo è atterrato sulla Luna? No, la Nasa ha filmato lo sbarco in uno studio cinematografico di Hollywood. Il governo nasconde le prove dell’esistenza dei Marziani? Sì, i loro corpi sono nascosti nell’Area 51. L’11 settembre è stato un attacco terroristico perpetrato da Bin Laden e dalla sua organizzazione? No, si è trattato di un «inside job» della Cia per giustificare le guerre americane. E il riscaldamento globale? Una «balla» inventata dagli ecologisti. Sono queste alcune delle più celebri formulazioni delle moderne teorie del complotto.

A lungo, il complottisimo – ovvero la tendenza a credere che organizzazioni segrete decidano nell’ombra gli avvenimenti più significativi della storia – è stato interpretato dagli psicologi come una forma di pensiero paranoide tipico di frange minoritarie della popolazione.

Quest’analisi oggi però non è più praticabile. Nel mondo occidentale, non è una semplice minoranza che è «complottista» paranoide. Nei soli Stati Uniti, il 21% della popolazione è convinta che il governo americano nasconda le prove della vita aliena e il 28% pensa che il mondo sia governato da un’elite segreta globale.

Recenti studi hanno mostrato che il pensiero complottista dipende da una particolare visione del mondo. Dei ricercatori dell’Università di Kent, Inghilterra, hanno notato che alcuni partigiani della teoria del complotto possono a volte affermare di credere in complotti contraddittori tra loro (del tipo Bin Laden è ancora vivo, Bin Laden era morto già prima del raid della Cia).

La spiegazione di questa strana contraddizione risiede nel fatto che l’adesione ad una teoria del complotto non dipende dalla fondatezza dei dettagli forniti dai suoi assertori. Questa credenza deriva invece da un’interpretazione generale del mondo che si fonda essenzialmente su una diffidenza profonda nei confronti delle autorità. Diversi studi hanno anche mostrato che la credenza nella teoria del complotto è associata a sentimenti di impotenza, insicurezza ed al senso di una mancanza di controllo. Di fronte ad un mondo troppo vasto, complesso e dunque inafferrabile, la teoria del complotto è una scappatoia logica per dare un senso alla storia, fornendo una spiegazione semplice per avvenimenti imprevedibili e spesso spaventosi.

Il filosofo Karl Popper sosteneva che l’errore delle teorie del complotto consisteva nella loro tendenza a descrivere ogni evento storico come «intenzionale e pianificato». Così facendo, queste teorie sottovalutano il ruolo del caso e le conseguenze fortuite di molti atti politici e sociali. Come se la mente preferisse la rassicurante presenza di forze superiori, malvagie ma spiegabili, all’inquietante ammissione dell’insensatezza della storia umana.

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