Negare ancora la Shoah, nel 2010. E negarla con l’autorità di un docente universitario. Come Claudio Moffa, professore ordinario presso la Facoltà di Scienze Politiche dell’università di Teramo.
“Non c’è alcun documento di Hitler che dicesse di ‘sterminare tutti gli ebrei'”, avrebbe detto Moffa, parlando agli studenti dell’università abruzzese. E’ il 25 settembre, ricostruisce Repubblica, e nell’aula 12 della facoltà di scienze politiche. Il professore sta tenendo l a sua ultima lezione del master “Enrico Mattei in vicino e Medio Oriente”, di cui è coordinatore. Un master in cui sono saliti in cattedra altri celebri storici negazionisti, come Serge Thion e Robert Faurisson. E che è stato presentato lo scorso 6 maggio nella sala polifunzionale di Palazzo Chigi.
La lezione, un’ora e mezza, viene ripresa e poi messa sul sito web del docente, su cui spesso compaiono articoli in difesa della libertà d’espressione. “Il tema-tabù del mondo accademico, la questione della ‘Shoah’, della difesa del suo dogma da parte della Inquisizione del III millennio, e del suo uso politico nel complesso contesto della guerra infinità del Vicino Oriente” è il titolo della lezione.
Moffa parla di uno “sfruttamento dell’Olocausto a fini politici ed economici”. “Nella lotta plurisecolare tra cristianesimo ed ebraismo, dice il professore, c’è stato bisogno, al di là del fatto che il fatto sia vero o no, della creazione di una crocifissione. Di un episodio paragonabile ad una crocifissione di un intero popolo. Visione religiosa dello sterminio e delle sofferenze che indubbiamente ci sono state”.
Il professore mette in discussione tutto, le camere a gas, anche il racconto di Shlomo Venezia, sopravvissuto al campo di concentramento di Auschwitz-Birkenau.
Difende i colleghi accusati di revisionismo, come il professor Roberto Valvo, del liceo di via di Ripetta (accusato di aver detto che “la Shoah è stata una montatura”): “Come ai tempi dell’Inquisizione, non è concepibile che chi, argomentando o comunque parlando al bar o facendo una battuta in un consiglio di classe dice ‘non credo a questa cosa’, ‘credo che siano state 300mila le vittime’, venga sanzionato. Questo tipo di linciaggio e persecuzione è qualcosa di assolutamente inconcepibile”. Contenuti che si ritrovano nelle pagine web del docente, sulle quali oscilla tra il lodare “la grandezza umana e politica di Ahmadinejad” , il presidente iraniano, mentre quello che lui chiama “il cosiddetto Olocausto”, un “dogma ossessivamente ripetuto in tutti i suoi intoccabili e sacri tasselli” viene messo in correlazione con “il potere di condizionamento di Israele su quasi tutte le potenze e i poteri forti del pianeta”.
Duro il giudizio dell’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane. Il presidente, Renzo Gattegna avverte: “Mettere in dubbio o negare la Shoah significa offendere la Memoria delle vittime. Invito queste persone a visitare lo Yad Vashem e a studiare la documentazione che là è depositata. Con tutte le prove documentali e testimoniale che sono emerse, e con la tragica contabilità dei deportati uccisi, nessuna persona che sia in buona fede può sollevare dubbi sulle dimensioni della Shoah. Mettere in dubbio quella che è stata una delle più grandi tragedia dell’umanità non è qualcosa di sostenibile. Questi negazionisti vogliono screditare il lavoro dei familiari dei deportati e degli storici. Un lavoro, quello dei testimoni, molto difficile”. Gattegna si chiede anche perché “i negazionisti vogliano colpire la Memoria di chi ha sofferto e quale sia la loro reale intenzione”: “Così facendo – osserva – ridimensionano le colpe del nazismo”.