Terremoti, studiati in laboratorio i fluidi viscosi nelle faglie: così influenzano evoluzione e magnitudo

Terremoti, interazione tra fluidi e faglie influenza così la magnitudo
Terremoti, studiati in laboratorio i fluidi viscosi nelle faglie: così influenzano evoluzione e magnitudo

ROMA – I fluidi viscosi che si trovano nelle zone di faglia della crosta terrestre sono in grado di influenzare l’evoluzione e la magnitudo dei terremoti. I meccanismi che controllano la propagazione dei sismi sono stati studiati in laboratorio da un team di ricercatori dell’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (Ingv), dell’École Polytechnique Fédérale di Losanna (Epfl), dell’Università degli Studi di Padova e dell’Università di Durham, in Inghilterra.

I risultati dello studio sono stati pubblicati sulla rivista Nature Communications e hanno evidenziato come  l’interazione tra le rocce e i fluidi produce degli effetti meccanici e chimici sull’evoluzione dei terremoti.

A spiegare in un comunicato quanto osservato nello studio è Chiara Cornelio, ricercatrice dell’Epfl: “Nelle zone di faglia l’interazione tra le rocce e i fluidi ha effetti meccanici e chimici su nucleazione, propagazione e arresto dei terremoti: tali effetti condizionano sia i terremoti naturali che quelli di natura antropica in cui la stimolazione con fluidi a diversa viscosità e caratteristiche chimiche è necessaria per l’attività estrattiva e per la geotermia”.

L’obiettivo primario dei ricercatori è stato quello di studiare l’effetto della viscosità del fluido sulla stabilità delle faglie, dato che i fluidi viscosi possono avere un comportamento duale: agire da lubrificanti oppure da abrasivi in funzione di parametri quali la pressione di fluido, la velocità di scivolamento o ancora la rugosità iniziale della superficie di contatto. 

Elena Spagnuolo, ricercatrice dell’Ingv, spiega nel comunicato: “Le faglie possono essere pensate come superfici di roccia in contatto di attrito. È l’attrito a determinare come le faglie si comporteranno, quanto sarà grande lo scivolamento e, quindi, la magnitudo dell’evento. In presenza di un lubrificante il terremoto può propagarsi facilmente, mentre, in caso contrario, può originare eventi più lenti e quindi meno energetici, oppure addirittura arrestarne il movimento”.

Indagare i meccanismi dell’interazione tra fluidi e roccia che danno vita ai terremoti non è stato un compito facile, dato che il passaggio dai modelli teorici alla sperimentazione in laboratorio ha richiesto la progettazione di tecnologie in grado di ricreare le condizioni di deformazione prossime a quelle di un sisma e in presenza di fluidi. Un risultato che i ricercatori dello studio hanno ottenuto grazie al contributo di progetti europei come Usems, Nofear e al laboratorio Alte Pressioni – Alte Temperature dell’Ingv, che si è dotato di strumenti che hanno permesso le simulazioni.

Un nuovo progetto europeo, Befine, e il Laboratory of Experimental Rock Mechanics (Lemr) dell’Epfl, hanno poi permesso agli autori del paper di progettare esperimenti di nuova concezione per rendere possibile lo studio di questi fenomeni. Comprendere tali meccanismi è fondamentale per comprendere i terremoti, concludono infine gli autori: “Capire come si comportano i terremoti in presenza di fluido ha delle conseguenze anche sulla nostra capacità di modellare e conoscerne il comportamento. Studi come questo mostrano come una migliore comprensione delle proprietà e degli effetti dei fluidi sul comportamento delle faglie sia vitale nella prevenzione e nella riduzione della sismicità indotta”. (Nature Communications)

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