Tumori: così le cellule malate sfuggono alla morte

ROMA  – Se alcune cellule tumorali riescono a sfuggire alla morte e a sopravvivere indenni a chemioterapia e radioterapia e’ perche’ sanno camuffarsi molto bene, e lo fanno con lo stesso trucco utilizzato dalle cellule invecchiate. La scoperta, pubblicata nell’edizione online della rivista Nature Cell Biology, e’ stata coordinata dall’Italia attraverso l’Istituto Firc di Oncologia Molecolare (Ifom) di Milano. ”E’ un risultato che ci permettera’ di utilizzare meglio alcuni farmaci gia’ esistenti”, ha detto il coordinatore della ricerca, Fabrizio d’Adda di Fagagna.

Non solo: utilizzati in questo modo nuovo, i farmaci agiscono in modo intelligente, colpendo esclusivamente le cellule tumorali e lasciando tranquille quelle sane. Sia le cellule anziane sia le cellule malate accumulano progressivamente una grande quantita’ di errori nel loro Dna. In condizioni normali, quando gli errori raggiungono una certa soglia scatta un campanello d’allarme, un comando molecolare che induce le cellule a suicidarsi. Per rimandare il momento della morte le cellule anziane impacchettano il Dna in un modo molto compatto per nascondere gli errori.

Il termine tecnico che indica questa sorta di packaging del Dna e’ ”cromatina”. Un trucco efficace, perche’ finora l’attivazione di questo meccanismo era considerata una caratteristica distintiva delle cellule invecchiate e di conseguenza incompatibile con la capacita’ di proliferare tipica delle cellule tumorali. Sapere, adesso, che possono impacchettare cosi’ il loro Dna anche cellule tumorali in piena proliferazione, permette di utilizzare farmaci gia’ esistenti, capaci di aprire il packaging del Dna: sono gli inibitori delle Hdac (histone deacetylase), gli enzimi che rendono compatta la struttura della cromatina. Finora la loro efficacia era molto bassa, ma usarli in modo mirato aumenta adesso la possibilita’ di farne delle armi anticancro importanti.

La ricerca, finanziata da Associazione Italiana per la Ricerca sul Cancro (Airc) e Comunita’ Europea, ha permesso di osservare che ”le cellule trattate con gli inibitori delle Hdac erano in grado di ‘sentire’ il Dna danneggiato e di lanciare l’allarme di risposta, mettendo in moto il meccanismo di apoptosi, ovvero di morte cellulare programmata”, ha spiegato uno dei due principali autori della ricerca, Gabriele Sulli. ”Sorprendentemente questo avviene solamente in quelle cellule in cui e’ presente un oncogene attivato, risparmiando le cellule sane”, ha aggiunto la coautrice, Raffaella Di Micco, ora alla New York University. La ricerca sui farmaci e’ condotta in collaborazione con Saverio Minucci, dell’Istituto Europeo di Oncologia (Ieo) e dell’universita’ di Milano. ”Stiamo cercando gli strumenti per identificare i tumori che risponderanno a questi farmaci”, ha detto d’Adda di Fagagna. Al momento le ricerche si stanno concentrando sui tumori di seno, polmone, testa e collo.

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