NAPOLI – Quali sono i segnali che un vulcano quiescente è pronto a risvegliarsi? Questa la domanda che un gruppo di ricercatori si è posta nello studio, i cui risultati sono stati pubblicati su Nature Communications. I ricercatori dell’Istituto superiore di Geofisica e Vulcanologia analizzando vulcani prossimi al risveglio, come quelli dei Campi Flegrei, hanno così scoperto che esiste una soglia critica di pressione del gas durante la risalita del magma che precede una eruzione e dunque un risveglio in grande stile del vulcano dormiente.
Da tempo la Protezione civile in Campania, i ricercatori dell’Ingv e le autorità tengono d’occhio i vulcani: dal Vesuvio alle bocche dei Campi Flegrei. Una possibile eruzione infatti potrebbe causare ingenti danni e numerose vittime nell’area attorno ai vulcani, tanto che solo un mese fa a Napoli è stato presentato il nuovo Piano di sgomerbo d’emergenza in cui 300 secondi fanno la differenza tra la vita e la morte dei residenti.
Se da un lato le autorità puntano a studiare il modo di ridurre l’impatto di un’eruzione sulla popolazione e sul territorio, dall’altro i ricercatori dell’Ingv, in collaborazione con i colleghi francesi, studiano nel dettaglio il funzionamento del vulcano e i segnali che i giganti di lava dormienti inviano prima di un possibile risveglio. La ricerca ha permesso così di svelare che durante il processo di ascesa del magma nella crosta esiste una soglia di pressione “critica” oltre il quale si verifica un’eruzione. Giovanni Chiodini, dirigente di ricerca INGV e coordinatore del lavoro, ha spiegato:
“Obiettivo dello studio è comprendere i processi che avvengono all’interno dei vulcani quiescenti che, presentando evidenze di unrest vulcanico, potrebbero evolvere verso una eruzione, come nella caldera dei Campi Flegrei (il termine caldera si riferisce a quei vulcani la cui struttura è dominata da depressioni subcircolari dovute allo sprofondamento del terreno a seguito di grandi eruzioni, ndr)”.
Proprio la risalita del magma dalle profondità della Terra è la causa delle eruzioni, dato che risalendo verso la superficie il magma perde pressione e rilascia i gas che sono disciolti al suo interno. I ricercatori hanno così pensato di caratterizzare i meccanismi di rilascio delle specie volatili magmatiche principali, quali acqua e anidride carbonica, durante il processo di depressurizzazione. Spiega Chiodini:
“In particolare, nel lavoro viene dimostrata per la prima volta l’esistenza di un valore critico di pressione attorno al quale per ogni tipo di magma, aumenta notevolmente (di oltre un ordine di grandezza) la quantità totale di fluidi rilasciati. Raggiunte queste condizioni critiche, il magma rilascia notevoli quantità di acqua, in stato di vapore ad alta temperatura, che sono iniettate nelle rocce interposte fra il magma e la superficie.
Le rocce, riscaldate dalle grandi quantità di vapore, si indeboliscono, perdendo la loro resistenza meccanica, determinando un’accelerazione dell’unrest verso condizioni critiche. D’altro canto, la perdita di acqua rende il magma più viscoso e ne rallenta la risalita, anche fino a farlo arrestare. La successiva evoluzione del processo è governata dal prevalere dell’indebolimento della copertura, che favorisce l’evoluzione verso l’eruzione del vulcano o, viceversa, dall’aumento della viscosità del magma che può portare all’esaurimento dell’unrest ( cioè risveglio, ndr)”.
Da decenni d’altronde i vulcani dei Campi Flegrei sono in uno stato di risveglio e i terremoti legati all’attività vulcanica ne sono la prova più evidente secondo i ricercatori, oltre al fatto che dal 2005 il terreno sui Campi Flegrei è in sollevamento e nel 2012 gli scienziati hanno variato lo stato di attività da verde, cioè quiete, a giallo, cioè in attenzione scientifica. In questo periodo, sono stati rilevati segni di depressurizzazione del magma e, più recentemente, di riscaldamento, spiega ancora Chiodini:
“Il possibile avvicinarsi del magma alle condizioni di ‘pressione critica’, può spiegare l’attuale accelerazione delle deformazioni, il recente aumento nel numero di terremoti e l’aumento delle specie gassose più sensibili a incrementi di temperatura nelle fumarole della Solfatara di Pozzuoli, una delle aree più attive della caldera Flegrea.
Vista la complessità dei processi vulcanici in atto soltanto un’attenta analisi e interpretazione delle future variazioni dei segnali fisici e chimici monitorati sul vulcano e una ulteriore intensificazione delle attività di ricerca, da realizzarsi attraverso nuove progettualità dedicate ai Campi Flegrei, potrebbero permettere di stabilire la possibile evoluzione futura dell’unrest vulcanico”.