Il prezzo dell’offerta web gratuita è la privacy degli utenti: spiati anche dai siti “sicuri”

Pubblicato il 11 Luglio 2011 - 11:16 OLTRE 6 MESI FA

ROMA –  La regola aurea del web non è nota a tutti, ma dovrebbe: se il sito è gratis, stai “vendendo” un pezzo della tua identità. Le insidie del web sono invisibili all’occhio poco attento di un utente medio della rete, ma esistono e sono concrete. I social network sono tra i primi a violare legalmente la privacy per ricerche di mercato, ma anche i siti di quotidiani come il New York Times spiano dalla loro homepage, attraverso programmi come Facebook Connect, Brightcove, CheckM8, Google Adsense e WebTrends che tracciano il nostro percorso su internet, le pagine che abbiamo visitato e quelle che visiteremo.

I principali nemici della propria privacy sono i cookies, software minuscoli che si installano nel computer e personalizzano l’accesso al sito di ogni utente, ricordando le ricerche effettuate o i dati di login utilizzati in una precedente navigazione. Altri innocui nemici sono JavaScript e Flash, che silenziosamente fanno girare delle applicazioni che come parassiti sfruttano la capacità di calcolo del computer. Se generalmente queste applicazioni sono usate dalle pubblicità che “infestano” il web per osservare i consumatori, alcune volte si tratta di maleware, cioè software malevoli che rubano informazioni come login ai siti e relative password per l’accesso.

Internet cambia e velocemente, si evolve e modifica la sua offerta al popolo del web e questo è il prezzo da pagare: se prima le pagine erano statiche ed uguali per tutti gli utenti, ora con le pagine dinamiche ogni utente è schedato e riconosciuto, ed ogni sito è in grado di offrire un servizio personalizzato che tiene conto dei gusti e delle preferenze di colui che ha effettuato l’accesso. Una navigazione sempre migliore, un servizio creato su misura in fondo non poteva essere del tutto gratuito: la propria privacy è in vendita, l’unica pecca è che forse non tutti gli utenti lo avevano compreso.