Covid, nella saliva le molecole che aiutano a riconoscere lo sviluppo di forme gravi: un test ci dirà chi

Covid, nella saliva le molecole che riconoscono quando è grave. Due molecole presenti nella saliva e una nel sangue possono essere usate come marcatori per individuare le persone che sono a più alto rischio di sviluppare una forma grave di Covid-19. A identificarle ricercatori dell’istituto Humanitas in uno studio pubblicato sulla rivista Gastro Hep Advances.

Covid, nella saliva le molecole che riconoscono quando è grave

“Abbiamo analizzato la saliva e il sangue di pazienti ospedalizzati e di quelli trattati a domicilio per cercare cosa contraddistinguesse i due gruppi, paragonando i dati con quelli raccolti da soggetti sani e guariti”.

Lo spiega la coordinatrice dello studio Maria Rescigno, capo del laboratorio di Immunologia delle mucose e microbiota di Humanitas e docente alla Humanitas University.

In prospettiva test diagnostici a misura di ciascuno

I ricercatori sono arrivati a isolare due molecole nella saliva (mioinositolo e acido acetico 2 pirrolidinico) e una nel sangue (chitinasi 3-L1) che risultavano essere correlate alla gravità del Covid.

La presenza di queste molecole, secondo i ricercatori è legata al funzionamento del microbiota della saliva. “Chi ha metaboliti alterati ha anche batteri alterati”, aggiunge Rescigno.

“Il risultato non sorprende. Il microbiota ha un ruolo importante nell’infezione perché prepara il sistema immunitario e può avere attività anti-microbiche. E la saliva, dove si trova parte del microbiota, è uno dei punti in cui il virus penetra”.

La proteina riscontrata nel sangue, invece è collegata al recettore ACE2, la porta che il virus SARS-CoV-2 usa per entrare nella cellula. E’ quindi possibile che le persone con livelli più alti di questa proteina abbiano più recettori che offrono maggiori chance di successo al virus.

Il prossimo passo della ricerca potrebbe essere la messa a punto di un test diagnostico che consenta di discriminare fin da subito i pazienti più vulnerabili. Inoltre, un approccio simile potrebbe essere impiegato anche per altre infezioni, anticipano i ricercatori.

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