Agenzie casting inutili e costose. Il pentito: “12 mila nomi, 5 ingaggi”

ROMA – Le agenzie di casting, oltre a spillare soldi, non servono a nulla. A meno che una percentuale dello 0,04% di successo nel trovarti un posto nello show-biz non la consideriate una opportunità da non perdere. F. D., un “pentito” anonimo di una società di casting ha rivelato a un cronista di Repubblica che dei 12 mila profili contenuti nel data base solo 5 o 6 sono finiti nelle mani di un regista, di un impresario, di un produttore. Da notare che tre di questi nomi hanno intrapreso una fulgida carriera da comparse, nel senso di generici, che fanno numero e che per essere reclutati basta, ad esempio, che bazzichino il bar di Cinecittà.

Le agenzie, comunque, fatturano e pure tanto: sono decine, rappresentano l’ultimo step dopo che si passa per centinaia di scuole di ballo, di recitazione, di portamento, di dizione. D’altra parte la richiesta è enorme, al miraggio di diventare una star della tv o del cinema credono 110 mila italiani, maschi e femmine. Il giro d’affari è stimato intorno ai 10 milioni di euro l’anno. Il business, grosso modo, consiste nel convincere ognuno che per entrare nel mondo dello spettacolo l’agenzia di casting è l’unica porta disponibile.

Quando va bene l’agenzia chiede una quota di iscrizione annuale, diciamo tra gli 80 e i 100 euro, solo per poter inserire il proprio volto e curriculum nel prezioso data base che secondo i promotori finisce sotto la lente di può farti cambiare destino. Se va male paghi fino a tre mila euro tra costosissimi book fotografici (se ce l’hai lo devi rifare), corsi di approfondimento, iscrizioni di ogni tipo. Sentiamo F. D., che se ne intende. “Quando qualche produzione televisiva o cinematografica ci mandava una cast list, il mio compito era quello di girare loro le facce migliori del nostro database. Ma questo accadeva assai di rado: era, diciamo così, la nostra copertura legale. Per capirci, durante tutto il tempo che ho lavorato in agenzia avrò piazzato al massimo 5-6 persone, tra cui tre comparse per Un medico in famiglia e un solo ruolo di un certo peso per un film. Ben poca cosa, se pensiamo che avevamo oltre 12mila profili nel database. Il nostro business era un altro: fare numero, prendere tutti quelli che si presentavano, senza nessuna selezione e fare cassa con i soldi delle iscrizioni”.

Tutti prendevano, anche gli impresentabili. A una famiglia che era giunta numerosa per spalleggiare il bello di casa, l’agenzia ha proposto di iscriversi tutti. “Gli dicevamo che avevano buone possibilità nel mondo dello spettacolo. Quasi tutta quella gente era improponibile. Ma che ce ne fregava? A noi interessavano solo i soldi dell’iscrizione, poi i loro profili potevano pure andare perduti”. Il fatto è che rispetto al corrispettivo intascato, le agenzie non hanno alcun obbligo, una volta inserito il nome nel data-base, il loro compito è praticamente finito. Chi controlla che quei nomi siano spinti, portati in giro, fatti vedere? Ingaggio fa rima con miraggio, così è e se si gioca con l’impossibile mascherato da destino, gli intermediari funzionano come il banco, vincono e intascano sempre loro. A meno che, come è successo in Campania, l’agenzia di casting non cerchi un articolo speciale tipo la “modella vergine“: anche qui i controlli potrebbero essere quantomeno aleatori. Diverso, poi, è il casting per i reality show: lì la selezione fa parte del programma, anzi, qualcuno dice che quelle trasmissioni aboliscono la barriera tra finto e reale realizzando, in verità, un casting infinito.

 

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