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Alcuni album che un pianista dovrebbe assolutamente conoscere: Dr. John, Return to Forever, Michel Petrucciani…

Dopo aver dedicato un articolo alle tastiere, mi è parso doveroso scriverne uno in cui presentare alcuni album che un pianista dovrebbe assolutamente conoscere. La distinzione fra tastiera e pianoforte, chiaramente, è più uno stratagemma utile a limitare il campo, piuttosto che una reale distinzione fra strumenti diversi. Moltissimi sono infatti i virtuosi del pianoforte che vantano esecuzioni memorabili alle tastiere e viceversa. Per questa ragione, in questo articolo non farò alcuna differenza fra il pianoforte classico e il piano elettrico, considerandoli sostanzialmente come lo stesso strumento in due differenti versioni.

Dalla musica classica al rock’n’roll

Nella storia della musica occidentale, il pianoforte occupa un posto di rilievo, soprattutto nella musica classica. Si potrebbe anzi dire che è lo strumento “classico” per eccellenza. Ma nella storia più recente, il pianoforte si è anche adattato e integrato in molti altri filoni musicali: dalle tradizioni popolari, come il blues, alle colonne sonore per cinema e televisione, dalle nuove forme jazzistiche al rock’n’roll, fino ad arrivare al pop e al prog… e chissà a quanti altri ambiti che ho dimenticato di citare qui! Questo articolo si concentra sugli album in cui il pianoforte ha una presenza importante, a prescindere dal genere, con particolare attenzione alle produzioni più recenti, a quelle più virtuosistiche e a quelle più creative.

Alcuni suggerimenti interessanti prima di cominciare…

Nell’elenco che segue, troverete molti album in cui il pianoforte è uno strumento dell’insieme: importante sì, ma non l’unico. Esistono però diversi album fondamentali in cui i brani sono eseguiti esclusivamente al piano. Nel 1975 Keith Jarrett pubblica The Koln Concert, album che testimonia di un concerto in cui Jarrett, da solo con il suo piano, esegue una lunga e articolata improvvisazione. Tra sperimentazione e tradizione, il risultato è da molti considerato fra i più elevati livelli di esecuzione pianistica mai registrati. L’album verrà in seguito anche utilizzato per alcune colonne sonore di film. Ma se parliamo di colonne sonore e pianoforte, non si può non citare Michael Nyman. Pianista e compositore, autore praticamente di tutte le colonne sonore dei film di Greenaway, Nyman raggiunse il grande pubblico con l’album The Piano, colonna sonora del film Lezioni di piano, diretto da Jane Campion nel 1993.

Qui, ovviamente, il piano ha un ruolo fondamentale in quasi tutte le composizioni dell’album. Alcuni dei brani vennero poi ripresi da altri artisti: i Nightwish ad esempio pubblicarono una cover di The Heart Asks Pleasure First nel loro album Dark Passion Play del 2007. Oltre a questi esempi eccezionali, alcuni album meritano almeno una menzione d’onore: Blue di Joni Mitchell del 1971, The Heart of a Saturday Night di Tom Waits del 1974, Songs in the Key of Life di Stevie Wonder del 1976, con la meravigliosa Sir Duke… E ancora, gran parte della produzione di Steve Winwood, soprattutto in alcuni brani con i Traffic, come Glad, inclusa in John Barleycorn Must Die del 1970, o della produzione di Norah Jones. Il piano ha un ruolo predominante anche in Pure Comedy, album del 2017 dell’artista folk Josh Tillman, qui sotto lo pseudonimo di Father John Misty.

Jerry Lee Lewis, Live at the Star Club, Hamburg

Nell’ambito musicale che si muove tra blues, jazz e rock’n’roll, il pianoforte si è subito ritagliato un ruolo da protagonista, con moltissimi interpreti di eccezione. Qui ne citerò solo alcuni. Negli anni Trenta, Fats Waller era indubbiamente considerato uno dei principali protagonisti della scena, in particolare con la sua Ain’t Misbehavin’, brano del 1929 composto per il musical Connie’s Hot Chocolate. Ma negli stessi anni si stava facendo strada un altro nome fondamentale, Art Tatum, di cui vi consiglio l’ascolto dell’album omonimo del 1950. Art Tatum era un virtuoso e improvvisatore talmente bravo che lo stesso Fats Waller, vedendolo entrare in sala durante un suo concerto, interruppe la sua esibizione dicendo: “Io suono solo il piano, ma stasera Dio è presente in sala!”.

Poi fu il turno di Fats Domino, con il suo stile fortemente influenzato dal blues e dal boogie woogie. E arrivò il rock’n’roll, e tra gli interpreti più “selvaggi” e innovativi non si può non citare Little Richard, con la sua Lucille, scritta insieme ad Albert Collins e inserita nel suo secondo album, Little Richard del 1958. Ma a rappresentare tutta questa scena, ho scelto qui Jerry Lee Lewis, con il suo album Live at the Star Club, Hamburg del 1964. Uno dei più grandi interpreti del piano rock’n’roll in una testimonianza degli show dal vivo che incendiarono letteralmente i palchi di tutto il mondo. Nel video, Jerry Lee Lewis interpreta live tre suoi grandi classici, Real Wild Child, Great Balls of Fire e Whole Lotta Shakin’ Going On, in un concerto del 1989 a Roma.

Michel Petrucciani, Michel Plays Petrucciani

Tra i maggiori interpreti dello strumento nel jazz, è d’obbligo una citazione per Bill Evans. Nel 1959 partecipò alla registrazione dell’album Kind of Blue di Miles Davis, una pietra miliare nella storia del jazz. Vale la pena però ascoltarlo anche nell’album Portrait in Jazz, registrato nel 1960 con il suo trio. Ovviamente sono innumerevoli gli interpreti del piano che hanno fatto la storia del jazz, da Jelly Roll Morton a Thelonius Monk, da Count Basie a McCoy Tyner, solo per citarne alcuni… Michel Petrucciani è invece un pianista francese di una generazione più moderna. Petrucciani dovette combattere tutta la vita con una malattia genetica che non gli permise di superare mai l’altezza di 102 cm, e nonostante ciò divenne uno dei pianisti jazz più importanti e apprezzati. Il suo album Michel Plays Petrucciani, pubblicato nel 1989, contiene anche Satin Doll, brano che nel video è proposto in una esecuzione dal vivo del 1993.

Dr. John, In the Right Place

Se è vero che il piano ha avuto un ruolo importante nella storia del blues, ancora di più lo è per quanto riguarda la scena di New Orleans. Tra gli interpreti più importanti della tradizione di New Orleans, sono certamente da ricordare James Booker, di cui vi suggerisco di ascoltare l’album Junco Partner del 1976, e Professor Longhair, di cui vi consiglio Rock’n’roll Gumbo del 1977. Perfettamente inserito nella tradizione di questi pianisti eccezionali, Dr. John è stato indubbiamente un interprete molto importante della scena di New Orleans. In the Right Place è il suo sesto album, pubblicato nel 1973, e include la sua versione di Such a Night, brano del 1953 di Lincoln Chase, divenuto un classico di Dr. John. Una sua esecuzione di Such a Night compare anche nel film di Scorsese L’ultimo valzer, del 1978, con la storia del concerto di addio di The Band, storica formazione che ha accompagnato anche Bob Dylan in concerti epocali. E proprio da questo film è tratto il video qui sotto.

Return to Forever, Hymn of the Seventh Galaxy

Torniamo al jazz, o meglio alla fusion… a quel misto di rock e jazz spesso condito da una buona dose di follia creativa. Un album che presenta notevoli interventi di pianoforte, anche se alternati a tastiere e xilofoni, è Apostrophe di Frank Zappa. Ma uno degli interpreti indimenticabili del piano in ambito fusion è senza dubbio Chick Corea, pianista anche nei Return to Forever. Hymn of the Seventh Galaxy, pubblicato nel 1973, vede Chick Corea impegnato con il piano elettrico insieme a una super formazione di grandissimi musicisti. After the Cosmic Rain è la seconda traccia dell’album, che nel video possiamo apprezzare in una esecuzione live di diversi anni dopo.

Banco del Mutuo Soccorso, Darwin

Ci sono diversi grandi esempi in grado di mostrare il ruolo centrale del pianoforte in gran parte del progressive rock. Viene alla mente Breakfast in America, album dei Supertramp del 1979, in particolare le tracce Goodbye Stranger e Take the Long Way Home. Oppure Selling England by the Pound dei Genesis, del 1973, con la memorabile Firth of Fifth. O ancora gli IQ, che nel 2009 pubblicano Frequency, in cui spicca la traccia Life Support. Peter Hammill è un altro grande esempio di pianista attivo in ambito prog: interessante è la sperimentazione con improvvisazione a distanza dell’album The Appointed Hour del 1999 in collaborazione con Roger Eno, dove ciascuno registrò separatamente la propria improvvisazione per poi montare insieme le registrazioni.

In Leftoverture, album dei Kansas del 1976, spicca Carry on Wayward Son. E ancora Octopus dei Gentle Giant del 1972, oltre a diverse iconiche tracce di In the Land of Grey and Pink dei Caravan, sempre del 1972. Ma per rappresentare il piano nel mondo del prog, ho scelto Darwin, album tutto italiano pubblicato dal Banco del Mutuo Soccorso nel 1972. Qui il piano di Vittorio Nocenzi si alterna a volte a suoni elettronici, ma spicca come elemento portante in brani come Danza dei grandi rettili e la meravigliosa 750.000 anni fa… l’amore?, che nel video è proposta dal vivo in una versione piano e voce.

Nick Cave, Idiot Prayer

Un artista che ha saputo coniugare al pianoforte rock, sperimentazione e oscuri riferimenti blues è Nick Cave. Il titolo completo di questo album del 2020 è Idiot Prayer: Nick Cave Alone at Alexandra Palace. Registrato a Londra nel periodo della pandemia sia come film che come album, contiene 22 tracce di solo piano e voce. Tra gli altri album di Nick Cave segnalo comunque anche The Good Son del 1990. Ma in Idiot Prayer il pianoforte non è solo importante, è l’unico strumento a parte la voce! Il video, tratto proprio dal DVD del concerto, ci propone la dodicesima traccia, Euthanasia.

Tory Amos, Under the Pink

Qui arriviamo a un ambito musicale decisamente più orientato verso il pop. E anche in questo ambito i grandi interpreti del pianoforte non mancano. Segnalo in particolare Fiona Apple, ad esempio con When the Pawn… del 1999 e Kate Bush, con The Dreaming del 1982. Anche in questi album, raramente il piano è tanto presente e creativo quanto in Under the Pink, album pubblicato da Tory Amos nel 1994. Il singolo più celebre tratto dall’album è Cornflake Girl, che nel video possiamo apprezzare dal vivo.

Ben Folds Five, Ben Folds Five

Siamo negli anni Novanta, negli Stati Uniti, e la scena musicale è dominata dai chitarroni del grunge. Ed ecco spuntare un trio di rock alternativo che strizza l’occhio al pop, composto solo da batteria, basso e pianoforte. Non tastiere, ma proprio pianoforte! Non molti di voi li conosceranno, ma i Ben Folds Five, con questo loro album del 1995, rientrano a pieno titolo nel presente elenco. Underground, tratta dall’album, viene presentata nel video dal vivo, dal DVD Live at Sessions at West 54th del 1999.

Elton John, The Union

A proposito di pianoforte rock un po’ tendente al pop, vengono in mente alcuni brani iconici: innanzitutto citerei gli album Night and Day del 1982 e Fool del 2019 di Joe Jackson. Ma sicuramente l’immagine che abbiamo tutti in mente sono gli occhialoni colorati dietro i quali si nasconde Elton John. Nel 2010, Elton John pubblica The Union in collaborazione con Leon Russell: ben due pianoforti stavolta! Nel video li vediamo all’opera con Hey Ahab dal vivo a New York con una band direi smisurata…

Dresden Dolls, Yes, Virginia…

Per concludere, un album un po’ pazzerello di un duo istrionico formato da batteria e pianoforte: Yes, Virginia…, pubblicato dai Dresden Dolls nel 2006. Il titolo deriva da una risposta di un giornale alla lettera di una bambina che chiedeva se esistesse davvero Babbo Natale: la risposta iniziava con “Yes Virginia…”. Il video ci propone la quarta traccia My Alcoholic Friends in versione live.

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Roberto Cruciani

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