Allarme pedofili: in Europa un bambino su 5 ne è vittima

PARIGI – BoyLover.net era “la più grande rete di pedofili online in tutto il mondo”. Il sito internet, come racconta il New York Times, ospitava migliaia di commenti scandalosi, tra cui esplicite conversazioni su come godere a pieno dei rapporti sessuali con bambini appena usciti dalla prima infanzia. Grazie ad una retata dell’Europol, l’agenzia di polizia dell’Unione europea, BoyLover.net ufficialmente è stato chiuso, ma se si digita l’indirizzo sui motori di ricerca si apre un altro sito, varsityguys.com, che vanta una vasta gamma di foto di ragazzi semi-nudi in pose provocanti e con giocattoli erotici.

Entrando nei server di BoyLover.net, l’Europol ha raccolto i dati di 4200 utenti provenienti da ben 35 paesi, 670 dei quali, secondo le indagini, hanno scaricato immagini di abusi su bambini o hanno detto di aver commesso molestie sui minori. La polizia europea ha effettuato 180 arresti in una dozzina di paesi, e ha definito il sito “probabilmente la più grande rete di pedofili online in tutto il mondo”. Un’esagerazione, forse, ma la questione è un’altra: da quando le polizie di tutto il mondo hanno iniziato a collaborare i risultati delle indagini sulle reti di pedofili e sugli abusi sessuali ai danni di bambini hanno ottenuto notevoli successi. Lo scorso febbraio, ad esempio, un canadese proprietario di un bordello di ragazzi e giovani in Thailandia è stato condannato a 25 anni di carcere dopo esser stato rintracciato dalla polizia statunitense e dall’Interpol. A settembre del 2010, invece, si è chiuso un processo durato sei anni su un giro di pedofili dell’alta società in Portogallo, che vedeva coinvolti un ex ambasciatore e una celebrità televisiva. Sei pedofili sono stati condannati a scontare tra i 5 e i 18 anni di carcere.

L’allarme provocato dalla moltiplicazioni di siti internet a sfondo sessuale che, almeno potenzialmente, potevano ospitare materiale pedopornografico ha però portato anche moltissimi errori giudiziari. Un gran numero di procedimenti, molto pubblicizzati in un primo tempo, si sono poi conclusi con un nulla di fatto, con innocenti che sono rimasti in prigione per anni o che, alla fine, sono stati scarcerati per mancanza di prove. I danni appaiono ancor più evidenti se alla detenzione immotivata si aggiungono le aggressioni fisiche subite in carcere da queste persone per essere stati additati dai mass media come colpevoli di pedofilia.

Uno dei casi più eclatanti risale al 2004. Nella città francese di Outreau sei persone sono state ingiustamente condannate per aver stuprato e abusato dei propri figli e di quelli degli altri. In detenzione preventiva dal 2001 e separati dai loro bambini, i sei hanno passato quattro anni in carcere prima di essere giudicati innocenti in appello nel 2005 e liberati.

Il pericolo di questo tipo di errori deriva dal metodo utilizzato dalle autorità per stanare i pedofili, la cosiddetta “pesca a strascico”. “La rete è molto ampia – spiega Mary de Young, professoressa di sociologia alla Grand Valley State University del Michigan – Il rischio è che ci siano molti tipi diversi di pesci”.

La questione della pedofilia è così controversa che anche la terminologia usata crea dubbi. Un pedofilo, in senso stretto, è una persona che ha un interesse sessuale nei bambini mentre colloquialmente il termine è spesso esteso oltre la questione degli abusi. La differenza fondamentale è anche tra chi commette in prima persona le violenze e chi, invece, si limita a guardarle. Come per ogni bene sottoposto alla legge del mercato, gli investigatori sono convinti che è la richiesta di immagini hard a determinarne l’offerta, e quindi incentiva la molestia. Secondo quanto riferito dall’Europol, la maggior parte degli arrestati finora sono persone sospettate di scaricare e scambiare immagini illegali di abusi sui bambini, piuttosto che abusare dei bambini stessi. In Gran Bretagna, ad esempio, da marzo ad oggi sono state fermate 121 persone, di cui solo uno su cinque è accusato di molestie mentre gli altri hanno solo scaricato immagini.

Persino il termine “pornografia infantile” è controverso. In molti pensano che la pornografia, coinvolgendo adulti consenzienti, sia legale, conferendo così un senso di legittimità a questo tipo di immagini. “E ‘importante sottolineare che non tutti i membri hanno commesso un crimine. Alcuni potrebbero essere solo dei curiosi che si sono loggati una volta” ha affermato Peter Davies, a capo dell’inglese Child Online Protection Agency. Non solo. Spesso a portare fuori strada è il modo in cui vengono diffuse e riportate le notizie sulla pedofilia. La retata contro BoyLover.net, ad esempio, è stata definita come la “più grande rete di pedofili al mondo”. Ma cos’è una rete di pedofili? BoyLover era un forum di discussione online che contava oltre 70mila soci registrato legalmente in Olanda e protetto dalle leggi fiamminghe sulla libertà di parola. E che, quindi, poteva contenere messaggi di ogni genere postati da utenti registrati, anche con nomi fittizi.

Non c’è dubbio che il linguaggio ambiguo e le terminologie forti utilizzate dalle autorità hanno spesso alimentato l’isteria pubblica nei confronti della pedofilia e, talvolta, hanno accelerato le indagini portando anche ai già citati errori giudiziari. In questo caso, però, l’operazione dell’Europol sembra aver evitato queste trappole. La polizia e i pubblici ministeri, infatti, dicono di essere stati scrupolosi, anche grazie alle lezioni apprese.

Un altro problema che si presenta agli investigatori sono le false testimonianze dei bambini che possono portare fuori strada le inchieste. Il bambino vittima di abuso è spesso l’unico testimone dell’accaduto e inoltre, a differenza del maltrattamento fisico, l’abuso sessuale può lasciare segni meno evidenti. La credibilità dei piccoli e le tecniche con cui vengono interrogati da polizia e pubblici ministeri, dunque, risultano cruciali.

Casi come questi sono molto difficili da valutare e nei diversi paesi le legislazioni sono molto diverse tra loro. Il rischio di ricoprire con un accuse infamanti delle persone innocenti è alto, ciò nonostante le qualità delle indagini si sono molto evolute negli ultimi anni, garantendo un maggior margine di sicurezza.

In Europa, secondo gli ultimi dati di Save The Children del 2010, un bambino su 5 è vittima di una violenza sessuale. Nel 70-85% dei casi il piccolo conosce il suo aggressore e nel 90% dei casi i reati sessuali non vengano neanche denunciati alle autorità. Internet rimane ancora molto molto indietro nella sua qualità di incubatore delle molestie verso i più piccoli. La vera grande sfida è concentrarsi sul luogo in cui avvengono effettivamente la maggior parte delle violenze, la famiglia e la casa.

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