La malattia di Alzheimer, principale causa di demenza nel mondo, continua a rappresentare una sfida medica e scientifica per via delle sue cause multifattoriali, ancora in parte sconosciute. Oltre allāormai noto ruolo di fattori genetici e ambientali, recenti studi si stanno concentrando su un ambito forse meno esplorato: il microbioma intestinale e le possibili connessioni tra specifici batteri intestinali e lo sviluppo di patologie neurodegenerative. Un recente studio condotto dai ricercatori della Florida State University ha esplorato lāipotesi che un batterio intestinale comune, Klebsiella pneumoniae, potrebbe contribuire al peggioramento dei sintomi dellāAlzheimer attraverso meccanismi di infiammazione e infezione cerebrale.
La Klebsiella pneumoniae e la sua presenza nell’intestino umano
Il corpo umano ospita trilioni di batteri che formano il microbioma, un ecosistema complesso e in equilibrio che contribuisce a varie funzioni essenziali, dalla digestione alla regolazione del sistema immunitario. Klebsiella pneumoniae, comunemente presente nell’intestino umano, ĆØ uno di questi microrganismi. Sebbene la sua presenza possa sembrare innocua, questo batterio puĆ² diventare patogeno se si sposta in altre aree del corpo. In situazioni di squilibrio del microbioma, ad esempio durante una terapia antibiotica prolungata, la K. pneumoniae puĆ² invadere altri distretti corporei, causando infezioni potenzialmente letali come polmonite, infezioni del tratto urinario, setticemia, meningite, fino a complicazioni neurologiche.
Lāipotesi di una connessione tra Klebsiella pneumoniae e malattia di Alzheimer
Secondo lo studio della Florida State University, il passaggio della Klebsiella pneumoniae dallāintestino al cervello potrebbe contribuire al danno neuronale che caratterizza la malattia di Alzheimer. In modelli murini (ossia di topi), ĆØ emerso che lāalterazione del microbioma intestinale provocata dallāuso di antibiotici facilita la migrazione della K. pneumoniae attraverso la barriera intestinale, da cui i batteri entrano nel flusso sanguigno. Una volta in circolo, questi batteri possono attraversare la barriera ematoencefalica, protezione naturale che isola il cervello da patogeni e tossine. Il loro arrivo nel cervello puĆ² scatenare neuroinfiammazione e degenerazione cellulare, condizioni spesso riscontrate nei pazienti con Alzheimer.
Gli effetti della neuroinfiammazione nel cervello
Lāinfiammazione del tessuto nervoso (neuroinfiammazione) ĆØ un fenomeno noto nei soggetti affetti da Alzheimer e altre malattie neurodegenerative. Lāipotesi di uno āstato infiammatorio cronicoā che, attraverso diversi fattori, contribuisce alla degenerazione dei neuroni ĆØ attualmente uno dei punti centrali delle ricerche sullāAlzheimer. Nello studio, i topi infettati dalla Klebsiella pneumoniae mostravano segni di neuroinfiammazione e deficit cognitivi, suggerendo che lāinvasione batterica potrebbe accelerare o addirittura innescare processi degenerativi, in linea con quanto osservato nei pazienti umani.
Gli esperti, come il dottor Ravinder Nagpal, autore dello studio, sostengono che le infezioni ospedaliere, unite alla riduzione della biodiversitĆ del microbioma intestinale causata da terapie antibiotiche, rappresentano un rischio importante, soprattutto per gli anziani. Secondo Nagpal, il collegamento tra il deterioramento del microbioma e lāAlzheimer va ricercato nellāasse intestino-cervello, un sistema complesso che regola la comunicazione tra lāintestino e il sistema nervoso centrale.
Lāasse intestino-cervello e il suo ruolo nelle malattie neurodegenerative
Lāasse intestino-cervello ĆØ una rete bidirezionale di segnali che influenzano il funzionamento del sistema nervoso centrale attraverso vari meccanismi, tra cui segnali neurali, ormonali e immunitari. La salute del microbioma intestinale ĆØ direttamente collegata a questa interazione, e gli squilibri, definiti come disbiosi, possono alterare la funzione cerebrale. Studi precedenti hanno dimostrato che una flora intestinale sana ĆØ associata a una migliore salute mentale, mentre la disbiosi intestinale puĆ² contribuire a disturbi come la depressione e lāansia.
NellāAlzheimer, lāipotesi ĆØ che una disbiosi grave possa consentire la migrazione di batteri intestinali come la Klebsiella pneumoniae verso il cervello. Questo fenomeno potrebbe essere favorito da una riduzione della diversitĆ batterica intestinale, come nel caso di soggetti sottoposti a trattamenti antibiotici intensivi o prolungati. La mancanza di batteri ābuoniā lascia spazio ai patogeni, permettendo loro di proliferare e di raggiungere aree normalmente inaccessibili.
Implicazioni dello studio per nuove terapie contro lāAlzheimer
Le implicazioni dello studio potrebbero rivelarsi fondamentali per lāapproccio terapeutico alla malattia di Alzheimer. Un focus sulla salute del microbioma intestinale potrebbe portare a nuove strategie di prevenzione e trattamento della malattia. David Merrill, psichiatra geriatrico e direttore del Pacific Brain Health Center, ha commentato che capire i meccanismi attraverso cui la disbiosi e lāinfezione batterica impattano sulla salute neurologica apre le porte a interventi terapeutici mirati. In particolare, unāidea innovativa potrebbe essere quella di affrontare le infezioni intestinali con metodi meno invasivi rispetto agli antibiotici, preservando la biodiversitĆ intestinale.
Il fatto che la ricerca sia stata condotta su topi solleva dubbi sullāapplicabilitĆ dei risultati agli esseri umani. Studi sui topi offrono spesso spunti interessanti, ma la biologia umana ĆØ ben piĆ¹ complessa, e i modelli animali non possono replicare completamente la risposta umana. Clifford Segil, neurologo presso il Providence Saint John’s Health Center, ha sottolineato come sia difficile trarre conclusioni definitive sui pazienti umani sulla base di esperimenti su animali, poichĆ© le dinamiche cerebrali nei topi non rispecchiano perfettamente quelle degli esseri umani.
Inoltre, Segil ha espresso sorpresa sul fatto che i ricercatori non abbiano menzionato specificamente termini medici come āencefaliteā e ādelirioā, condizioni ben note quando unāinfezione cerebrale causa confusione. Tali considerazioni sono fondamentali poichĆ©, in contesto umano, unāinfezione cerebrale non viene generalmente associata a demenza, ma a uno stato di confusione transitoria. Tuttavia, la possibilitĆ di un collegamento tra infezioni sistemiche e danni cerebrali permanenti potrebbe aprire nuovi ambiti di studio.