L’Alzheimer è una malattia neurodegenerativa che rappresenta la causa principale di demenza nel mondo. Per questo motivo, la diagnosi precoce di Alzheimer è molto importante. Secondo le stime, oltre 152 milioni di persone potrebbero convivere con forme di demenza entro il 2050, rendendo urgentemente necessari strumenti diagnostici che possano intercettare la malattia nelle sue prime fasi. Recenti sviluppi nel campo dei biomarcatori del sangue stanno offrendo speranze in questo senso. Al congresso CTAD (Clinical Trials in Alzheimer’s Disease), la società farmaceutica Roche ha presentato dati promettenti su due nuovi test ematici che potrebbero individuare con precisione i segni precoci dell’Alzheimer. Questi test mirano a fornire un metodo più accessibile e meno invasivo rispetto agli attuali esami neurologici e di neuroimaging, che spesso sono costosi, complessi e talvolta invasivi.
Verso una diagnosi precoce dell’Alzheimer con biomarcatori del sangue
Oggi la diagnosi dell’Alzheimer si basa in larga misura sull’analisi dei sintomi clinici, confermati da test neuropsicologici e imaging cerebrale. Tuttavia, questi metodi non sempre permettono di riconoscere la malattia nelle sue fasi iniziali e sono complessi da eseguire per tutte le persone a rischio. Di conseguenza, fino al 75% dei casi di Alzheimer potrebbe rimanere non diagnosticato per anni. Un metodo più semplice e meno invasivo, come un esame del sangue, potrebbe rivelarsi cruciale. In questo contesto si inseriscono i biomarcatori, sostanze o molecole che, presenti in particolari concentrazioni nel sangue o nel liquido cerebrospinale, possono indicare lo sviluppo della malattia. I test sviluppati da Roche, denominati Elecsys Amyloid Plasma Panel e Elecsys pTau 217, si basano proprio su biomarcatori specifici per l’Alzheimer, offrendo un’analisi accurata con un semplice prelievo di sangue.
Come funzionano i nuovi esami del sangue di Roche
I test Elecsys Amyloid Plasma Panel e Elecsys pTau 217 si focalizzano su due biomarcatori chiave dell’Alzheimer: la proteina tau fosforilata (pTau) e il gene ApoE4, noto per essere un importante fattore di rischio genetico per la malattia. La proteina tau, nelle sue forme specifiche pTau 181 e pTau 217, è associata alla formazione di grovigli neurofibrillari, caratteristici della neurodegenerazione da Alzheimer. Elevati livelli di queste varianti di tau sono stati osservati nelle persone affette da Alzheimer già nelle fasi iniziali della malattia. I ricercatori hanno anche scoperto che il gene ApoE4, se presente in una o due copie, aumenta notevolmente il rischio di sviluppare la malattia.
Secondo Margherita Carboni, responsabile del team di Neurology Indication di Roche, il test Elecsys Amyloid Plasma Panel è in grado di individuare i livelli di pTau 181 e determinare la presenza di ApoE4 con un alto grado di precisione. Nei test condotti su un campione di 492 partecipanti, questo esame ha dimostrato un’accuratezza predittiva negativa del 96,2%, ossia un’alta probabilità di escludere la presenza dell’Alzheimer nei soggetti negativi al test. Carboni sottolinea che questa precisione rappresenta un passo avanti nell’offrire rassicurazioni alle persone che non mostrano segni di Alzheimer e permette di indirizzare altrove gli sforzi diagnostici.
I vantaggi di un esame non invasivo per l’Alzheimer
Attualmente, per confermare la diagnosi di Alzheimer, è spesso necessario ricorrere a test invasivi come la puntura lombare, che permette di analizzare il liquido cerebrospinale per i livelli di beta-amiloide e proteina tau. I nuovi test ematici rappresentano una svolta in quanto possono essere eseguiti con un semplice prelievo, riducendo il disagio per i pazienti e facilitando lo screening in ambulatori e centri sanitari senza strumentazioni avanzate. Questo potrebbe permettere una diagnosi precoce in popolazioni più ampie, specialmente in contesti con risorse limitate.
La riduzione della complessità e invasività del processo diagnostico potrebbe non solo migliorare il benessere del paziente, ma anche consentire di ridurre i costi complessivi della gestione sanitaria per l’Alzheimer. Il Dr. Clifford Segil, neurologo al Providence Saint John’s Health Center, sottolinea che test non invasivi come questi potrebbero alleggerire la pressione su neurologi e strutture sanitarie, consentendo anche ai medici di base di effettuare screening preliminari e indirizzare verso ulteriori esami solo i casi necessari.
Lo studio Elecsys pTau 217 e la zona grigia della diagnosi
L’Elecsys pTau 217 è un test specificamente ideato per minimizzare la “zona grigia” diagnostica. In molte malattie neurologiche, vi sono situazioni in cui i risultati dei test non sono né chiaramente positivi né negativi, rendendo incerta la diagnosi. Lo scopo del test pTau 217 è quello di ridurre al minimo questa incertezza, permettendo di ottenere un’interpretazione chiara dei risultati. Negli studi effettuati, la zona grigia si è attestata intorno al 12%, un valore che risponde all’esigenza clinica di avere indicazioni chiare sulla presenza o meno della patologia. La minimizzazione della zona grigia è cruciale per assicurare che il test sia utile anche in contesti clinici ad alto volume, dove il tempo per ogni diagnosi è limitato.
L’utilizzo dei biomarcatori del sangue per l’Alzheimer rappresenta uno sviluppo che potrebbe trasformare l’approccio diagnostico alla malattia. I biomarcatori pTau e ApoE4 si sono dimostrati in grado di fornire informazioni critiche sullo stato neurodegenerativo dei pazienti, e il monitoraggio dei loro livelli potrebbe aiutare a valutare la progressione della malattia nel tempo. Oltre all’uso diagnostico, la presenza di questi biomarcatori può diventare una guida per le terapie, specialmente per i farmaci mirati contro il deposito di beta-amiloide, che sta emergendo come trattamento promettente per rallentare il declino cognitivo.