L’Alzheimer è tra le forme più comuni di demenza. Nonostante i progressi della ricerca, non esiste ancora una cura definitiva per questa malattia devastante che colpisce milioni di persone in tutto il mondo. Tuttavia, un nuovo studio condotto su topi offre risultati interessanti: una molecola sperimentale potrebbe ripristinare la memoria perduta e migliorare la funzione cognitiva, aprendo la strada a potenziali trattamenti per i pazienti affetti da Alzheimer.
L’Alzheimer è una malattia neurodegenerativa progressiva che si manifesta principalmente con la perdita di memoria, difficoltà cognitive e cambiamenti comportamentali. Attualmente, i trattamenti disponibili mirano principalmente a rallentare il progresso della malattia e ad alleviare i sintomi, ma non sono in grado di invertire o arrestare il declino cognitivo.
Tuttavia, tra le innovazioni più recenti, i farmaci monoclonali che bersagliano le placche amiloidi, caratteristiche della malattia di Alzheimer, hanno suscitato grande interesse. Questi trattamenti sono stati accolti con entusiasmo come i primi a modificare il decorso della malattia, ma le preoccupazioni relative agli effetti collaterali hanno limitato il loro utilizzo. La ricerca continua quindi a cercare nuove terapie che possano offrire benefici simili, ma con un profilo di sicurezza più accettabile.
Nel contesto di questa ricerca incessante, un team di scienziati dell’Università della California, Los Angeles (UCLA) ha condotto uno studio rivoluzionario pubblicato su “Proceedings of the National Academy of Sciences” (PNAS). Il loro lavoro si è concentrato su una molecola sintetizzata in laboratorio, denominata DDL-920, che ha mostrato la capacità di ripristinare la funzione cognitiva nei topi modello della malattia di Alzheimer.
La scoperta si basa sul ruolo delle oscillazioni gamma nel cervello, onde ad alta frequenza che sono cruciali per diversi processi cognitivi, inclusa la memoria di lavoro. Le oscillazioni gamma sono responsabili, ad esempio, della capacità di memorizzare temporaneamente un numero di telefono appena sentito o di ricordare un indirizzo mentre si ricevono indicazioni. Nella malattia di Alzheimer, queste onde sono significativamente ridotte, anche nelle prime fasi della patologia, suggerendo che potrebbero essere utilizzate come un biomarcatore precoce per la diagnosi.
Gli scienziati hanno ipotizzato che potenziando queste oscillazioni, si potrebbe migliorare la funzione cognitiva. Per testare questa teoria, hanno identificato e sintetizzato DDL-920, una molecola che agisce sui recettori chimici delle cellule nervose responsabili delle oscillazioni gamma. I risultati sono stati sorprendenti: la somministrazione di DDL-920 ha portato a un aumento significativo delle oscillazioni gamma, con un conseguente miglioramento delle capacità cognitive nei topi trattati.
Per valutare l’efficacia di DDL-920, i ricercatori hanno condotto una serie di esperimenti utilizzando topi geneticamente modificati per sviluppare sintomi simili a quelli della malattia di Alzheimer. Gli animali sono stati trattati con la molecola due volte al giorno per un periodo di tempo specifico. I risultati sono stati poi confrontati con quelli di un gruppo di controllo che ha ricevuto un composto inattivo.
Uno degli esperimenti chiave ha utilizzato un labirinto di Barnes, una piattaforma circolare con diversi fori, uno dei quali conduce a un tunnel di fuga. Questo test è stato progettato per misurare l’apprendimento spaziale e la memoria dei topi. Dopo diverse sessioni di addestramento, i topi trattati con DDL-920 hanno dimostrato di ricordare la posizione del foro di fuga molto più rapidamente rispetto ai loro omologhi non trattati. Questi risultati suggeriscono che la molecola ha effettivamente migliorato le capacità cognitive nei topi affetti da Alzheimer.
Nonostante i risultati promettenti, è importante sottolineare che questi studi sono stati condotti su modelli murini e non possono essere immediatamente applicati agli esseri umani. Tuttavia, la ricerca apre nuove prospettive per lo sviluppo di trattamenti innovativi contro l’Alzheimer.
Secondo Stefania Forner, PhD e direttrice delle relazioni mediche e scientifiche presso l’Alzheimer’s Association, “questo studio esplora un nuovo approccio per migliorare la funzione cerebrale correlata alla cognizione e alla memoria, che potrebbe essere una svolta significativa se dimostrato efficace anche nell’uomo”. Forner ha tuttavia avvertito che ulteriori ricerche sono necessarie per comprendere appieno il potenziale terapeutico di DDL-920 negli esseri umani, evidenziando l’importanza di condurre studi clinici approfonditi.
Un altro esperto, il dottor Emer MacSweeney, CEO e neuroradiologo consulente presso Re Health, ha sottolineato l’importanza di questi risultati, ma ha anche espresso cautela. “Mentre lo studio suggerisce che DDL-920 può migliorare la memoria e la cognizione nei topi aumentando le oscillazioni gamma, è essenziale condurre ulteriori ricerche per valutare la sicurezza e l’efficacia di questo approccio negli esseri umani”, ha dichiarato.
Gli autori dello studio hanno suggerito che DDL-920 potrebbe costituire la base per nuovi trattamenti contro l’Alzheimer, specialmente se combinato con le terapie esistenti. A differenza dei trattamenti con anticorpi monoclonali, che si concentrano sulla rimozione delle placche beta-amiloidi nel cervello, DDL-920 adotta un approccio diverso, mirando direttamente all’attività neurale e ai processi cognitivi. Questo potrebbe offrire un nuovo modo di trattare la malattia, complementando le terapie attuali e potenziando i loro effetti.
MacSweeney ha spiegato che un trattamento combinato potrebbe offrire benefici significativi, specialmente per quei pazienti che non rispondono adeguatamente alle terapie mirate all’amiloide. “La combinazione di DDL-920 con trattamenti esistenti potrebbe migliorare notevolmente la qualità della vita dei pazienti, offrendo un approccio più completo e integrato al trattamento dell’Alzheimer”, ha affermato.
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