Architettura: 80 anni Portoghesi, sogno una chiesa a roma

ROMA, 29 OTT – A Strasburgo la sua nuova moschea e' a un passo dall'inaugurazione. Poi ci sono un centro turistico in Argentina, la risistemazione di piazza San Silvestro a Roma, un nuovo quartiere a Senigallia. Oltre alle lezioni da 'professore pensionato' all'universita' di Roma, l'impegno nel consiglio superiore dei Beni Culturali. Ottant'anni il 2 novembre, l'architetto Paolo Portoghesi sembra felicemente immune dal peso dell'eta': ''Ho ancora molta voglia di lavorare'', confessa. Poi sorride e rivela che un sogno da realizzare ancora c'e': ''Vorrei costruire una chiesa a Roma e anche vedere costruita la mia torre a Shanghai''.

Il progetto della chiesa lo ha gia' fatto e regalato a Papa Ratzinger. Di concreto non c'e' ancora nulla, spiega, ma ''la speranza e' sempre viva''. Intanto il suo compleanno lo festeggera' il 5 novembre alla Biblioteca Vaticana. Sara' l'occasione per presentare un nuovo progetto – per la trasformazione dell'Aula Sistina della Biblioteca in sala di lettura – ma anche una giornata di festa con tanti amici.

Il bilancio e' positivo. In tanti anni di carriera (''Mi sono laureato nel 1957 e o lavoravo subito'') con una personalita' poliedrica e impegni che hanno spaziato dal lavoro storico-critico alla progettazione, dall'insegnamento universitario alle cariche istituzionali (nel 1979 direttore architettura della Biennale di Venezia della quale poi e' stato presidente dal 1983 al 1993), Portoghesi ha visto realizzati tantissimi dei suoi progetti, disegnando e costruendo di tutto in Italia e all'estero. L'elenco e' lungo, dalla Casa Baldi del 1959 alla moschea di Roma, forse la sua opera piu' nota, passando per i complessi residenziali dell'Enel di Tarquinia, l'Accademia di Belle Arti dell'Aquila (''Dal terremoto neppure una ruga''), il teatro di Catanzaro. Suo anche il restauro della piazza del Teatro alla Scala di Milano, mentre fra i lavori per l'estero ci sono residenze (Berlino), giardini (Montpellier), alberghi, fast food (Mosca).

''Dovendo scegliere tre che mi rappresentano, indicherei la chiesa della Sacra famiglia a Salerno (1974), la piccola chiesa di San Cornelio e Cipriano a Calcata (2009) e la moschea di Roma (1995)'', commenta oggi lui. ''Ma non solo, perche' i progetti sono un po' tutti figli, ogni tanto li vado a trovare''. Come la nuova grande moschea di Strasburgo, che si dovrebbe inaugurare tra dicembre e gennaio 2012. Una struttura molto ardita, costruita ''in un posto bellissimo, vicino all'acqua sul canale che unisce il Reno al Rodano. E' grande come quella di Roma – racconta – ma ha un unico salone e una grandissima cupola progettata in modo da dare un senso di grande leggerezza''.

Poi c'e' la casa di Calcata, il borgo medievale alle porte di Roma dove lui e la moglie Giovanna Massobrio (anche lei architetto) si sono trasferiti anni fa. Quella residenza immersa in un giardino maestoso pieno di animali e abbellito da piante secolari e un po' la sua creatura piu' amata, il suo lavoro piu' completo. Li', per trovare spazio alle migliaia di libri, anche la biblioteca e' diffusa nel parco, allestita in dieci diverse casette (''Cicerone diceva che se hai una biblioteca che si apre sul giardino non ti manca nulla''). In questa casa Portoghesi porta spesso i suoi studenti di geoarchitettura, il corso che tiene alla Sapienza (''una materia inventata da me, alleata e non in conflitto con la terra''). I giovani capiscono, dice, ''io continuo ad insegnare perche' ho molta fiducia in loro''. Qualche nome di talento? Portoghesi cita Paolo Zermani a Firenze, Cino Zucchi a Milano, Rizzi a Venezia. ''Ma e' vero che in Italia per i giovani e' difficile emergere'', ammette, cosi' come e' vero, dice, che nel nostro Paese il ''paesaggio e' in gravissimo pericolo''.

E' il futuro? ''Per quanto mi riguarda, spero di poter continuare a lavorare, anche in questo momento di crisi'', ripete. Un augurio l'architetto lo fa anche all'Italia: ''Smetterla di andare dietro alla crescita del Pil e pensare seriamente al futuro. Il mondo di domani non puo' essere cosi' tristemente diviso in poveri e ricchi. E poi basta con la citta' 'macchina dello spreco' – conclude – basta buttare. Dobbiamo voltare pagina, questo e' l'augurio''.

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