Cacciucco! Esclama, proprio col punto esclamativo Pellegrino Artusi, mai superato guru della cucina Italiana (Pellegrino Artusi, La scienza in cucina e l’arte di mangiar bene, ed. Giunti). Ci spiega che ce ne sono due tipi: quello di Firenze e quello di Viareggio.
E prosegue: “Lasciatemi far due chiacchiere su questa parola, la quale forse non è intesa che in Toscana e sulle spiagge del Mediterraneo, per la ragione che ne’ paesi che costeggiano l’Adriatico, è sostituita dalla voce brodetto.
A Firenze invece, il brodetto è una minestra che s’usa per Pasqua, d’uova, cioè una zuppa di pane in brodo, legata con uova frullate e agro di limone. La confusione di questi e simili termini fra provincia e provincia in Italia, è tale che poco manca a formare una seconda Babele.
Dopo l’unità della patria (Artusi scrive nel 1891) mi sembrava logica conseguenza il pensare all’unità della lingua parlata, che pochi curano e molti osteggiano, forse per un falso amor proprio e forse anche per la lunga e inveterata consuetudine ai propri dialetti. Tornando al cacciucco, dirò che questo, naturalmente, è un piatto in uso più che altrove nei porti di mare, ove il pesce si trova fresco e delle specie occorrenti al bisogno. Ogni pescivendolo è in grado di indicarvi le qualità che meglio si addicono a un buon cacciucco; ma buono quanto si voglia, è sempre un cibo assai grave e bisogna guardarsi dal farne una scorpacciata.
Per grammi 700 di pesce, trinciate fine mezza cipolla e mettetela a soffriggere con olio, prezzemolo e due spicchi d’aglio intero.
Appena che la cipolla avrà preso colore, aggiungete grammi 300 di pomodori a pezzi, o conserva, e condite con sale e pepe. Cotti che siano i pomodori, versate sui medesimi un dito d’aceto se è forte, e due se è debole, diluito in un buon bicchier d’acqua. Lasciate bollire ancora per qualche minuto, poi gettate via l’aglio e passate il resto spremendo bene.
Rimettete al fuoco il succo passato, insieme col pesce che avrete in pronto, come sarebbero, parlando dei più comuni, sogliole, triglie, pesce cappone, palombo, ghiozzi, canocchie, che in Toscana chiamansi cicale ed altre varietà della stagione, lasciando interi i pesci piccoli e tagliando a pezzi i grossi.
Assaggiate se sta bene il condimento; ma in ogni caso non sarà male aggiungere un po’ d’olio tenendosi piuttosto scarsi nel soffritto. Giunto il pesce a cottura e fatto il cacciucco, si usa portarlo in tavola in due vassoi separati; in uno il pesce asciutto, nell’altro tante fette di pane, grosse un dito, quante ne può intingere il succo che resta, ma prima asciugatele al fuoco senza arrostirle.
Il cacciucco, imparato a Viareggio, prosegue Artusi in un successivo capitolo del suo monumentale Libro, è assai meno gustoso dell’antecedente, ma più leggiero e più digeribile.
Per la stessa quantità di pesce pestate in un mortaio tre grossi spicchi d’aglio e dello zenzero fresco, oppure secco, per ridurlo in polvere. Per zenzero colà s’intende il peperone rosso piccante, quindi va escluso il pepe.
Mettete questo composto al fuoco in un tegame o pentola di terra con olio in proporzione e quando avrà soffritto versateci un bicchiere di liquido, composto di un terzo di vino bianco asciutto oppure rosso e il resto acqua.
Collocateci il pesce, salatelo e poco dopo sugo di pomodoro o conserva sciolta in un gocciolo d’acqua. Fate bollire a fuoco ardente tenendo sempre il vaso coperto, non toccate mai il pesce per non romperlo, e lo troverete cotto in pochi minuti. Servitelo come il precedente, con fette di pane a parte che asciugherete prima al fuoco senza arrostirle.
Se il pesce, prima di cuocerlo, resta crudo per diverse ore, si conserva meglio salandolo; ma allora è bene di lavarlo avanti di metterlo al fuoco.
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