Di canzoni rock contro la guerra ne esistono centinaia, forse migliaia. Si può anzi affermare che questo è un tratto caratterizzante del rock, in senso ampio. E questo periodo storico ci offre tristemente un’ulteriore occasione per andare a riascoltarne alcuni esempi eccellenti: chissà che questa non sia la volta buona che daremo davvero ascolto alla saggezza dei nostri “eroi” musicali…
In questa selezione, l’attenzione è inevitabilmente rivolta ai testi: abbiamo scelto canzoni contro la guerra in generale e non una in particolare, sempre con un orecchio rivolto alla musica di qualità.
Traccia di apertura del secondo album dei Black Sabbath, Paranoid, del 1970. Un’atmosfera cupa e minacciosa fa da sfondo ai “generali che si riuniscono in massa come streghe a una messa nera”, come recita il testo scritto dal bassista Geezer Butler, annunciando il male e gli orrori della guerra, voluta e iniziata dai “maiali della guerra”, i politici che mandano i più poveri a morire. Ma arriverà il giorno del giudizio, e questi maiali della guerra imploreranno pietà “strisciando sulle ginocchia”.
Contenuta nell’album The Freewheelin’ Bob Dylan del 1963, questa canzone è un vero e proprio manifesto contro “i signori della guerra”, contro l’ipocrisia di chi costruisce armi e poi “si gira e scappa a nascondersi quando i proiettili volano”. Un testo diretto, esplicito e duro soprattutto nel finale: “e spero che moriate e che la vostra morte giunga presto”, “e resterò sulla vostra tomba finché non sarò sicuro che siete morti”. In classico stile cantautorale, Dylan adatta il suo testo su una melodia popolare medievale inglese molto diffusa negli Stati Uniti, Nottatum Town, che la folksinger Jean Ritchie aveva reso famosa pochi anni prima.
Scritto nel 1969 da Norman Whitfield e Barrett Strong, il brano fu affidato nella sua prima incisione ai Temptations nel 1970. Nello stesso anno, però, l’etichetta Motown decise di farla incidere di nuovo a Edwin Starr, la cui interpretazione rimase il punto di riferimento indimenticabile anche per tutte le versioni successive. Tra le cover più celebri, ricordiamo l’interpretazione di Bruce Springsteen, una versione dei D.O.A. e quella dei Frankie Goes to Hollywood.
The Unknown Soldier è il primo singolo tratto dall’album dei Doors Wainting for the Sun del 1968. Qui la prospettiva si sposta sull’esperienza del singolo soldato in guerra, sulla tragedia degli innumerevoli “militi ignoti” e sulla percezione della guerra dai salotti di casa: “la colazione dove si leggono le notizie, i bambini nutriti a televisione”.
Contenuto nell’album Rastaman Vibration del 1976, il brano è basato sulla musica di Allan Cole e Carlton Barrett, road manager e batterista dei Wailers. Il testo, invece, è quasi integralmente tratto da un discorso tenuto da Hailé Selassié, imperatore d’Etiopia, alle Nazioni Unite nel 1963. Nell’interpretazione di Marley, diventa una riflessione sulla guerra e un’esortazione a superare tutte le meschinità che ne costituiscono il fondamento: “finché la filosofia che ritiene una razza superiore all’altra non sarà definitivamente e permanentemente discreditata e abbandonata, ci sarà guerra ovunque”, “finché il colore della pelle di un uomo non avrà importanza più del colore dei suoi occhi, ci sarà guerra”.
Pubblicato nel 1980 e contenuto nell’album Peter Gabriel, questo brano prende in giro i potenti della terra, che giocano come bambini, incuranti del fatto che dalle loro decisioni dipendono vite umane. Il tutto su un canovaccio musicale simile a una filastrocca, in cui si elencano nomi di bambini che in realtà si riferiscono a figure politiche di spicco: “Adolf fa un falò, Enrico ci gioca” sembra ad esempio riferirsi a Hitler e Fermi. Il refrain conclude poi con una nota quasi di rassegnazione: “se potessero uccidere con lo sguardo, probabilmente lo farebbero in questi giochi senza frontiere, una guerra senza lacrime”.
Traccia inclusa nell’album Powerslave del 1984, con un testo che si riferisce esplicitamente al simbolico “orologio dell’apocalisse”, creato da scienziati americani nel 1947 per monitorare l’approssimarsi del rischio della fine del mondo, ovvero di una guerra atomica, che corrisponde alla mezzanotte. Di recente l’orologio è arrivato a meno di due minuti dalla mezzanotte, un record mai raggiunto prima. La musica che accompagna il testo è, come è tipico del metal, una cavalcata adrenalinica, costruita in maniera da raccontare essa stessa una storia, come è tipico degli Iron Maiden. Il brano, secondo lo stesso Bruce Dickinson autore del testo, è una protesta contro la narrazione della guerra: “Le urla al napalm di torce umane per il festino di Belsen in prima serata… mentre i motivi della carneficina tagliano la carne e leccano il sugo. Oliamo le mascelle della macchina della guerra e la nutriamo con i nostri figli”.
I NoMeansNo sono una band punk canadese fondata dai fratelli John e Rob Wright, rispettivamente batterista e bassista. Rich Guns è inserita nel loro album d’esordio Mama del 1982: il vinile originale è una vera e propria rarità, ma l’album è stato ristampato su cd nel 1992 e nel 2004, con l’aggiunta in questa ultima edizione anche di un video proprio dell’esecuzione live di Rich Guns. Nel loro album d’esordio la band è composta dalla sola sezione ritmica, il sound è spigoloso, schizofrenico e la composizione basata su potenti riff, ritmi movimentati e continui cambi vivaci. Questo è lo sfondo per un testo, in Rich Guns, che porta sarcasticamente allo scoperto le ipocrisie capricciose dei ricchi che armano i poveri perché si sparino a vicenda, mentre loro stanno comodamente seduti sul divano dei loro ricchi salotti.
Il brano è contenuto nell’album Levitation del 1980, in cui alla batteria figura niente di meno che il geniale Ginger Baker, già batterista dei Cream. In pieno stile psichedelico, il testo qui è ridotto quasi all’osso, in una descrizione scarna di un mondo post guerra nucleare, in cui regna la morte e tutto è fermo. L’atmosfera musicale ha un andamento lento e inesorabile, con suoni che richiamano ampie distese desolate. Il ritornello appare costruito con un riff vocale, tecnica cara alla psichedelia quanto al free jazz, ripreso nella coda finale anche dagli strumenti.
Brano scritto da Clive Langer, con testo di Elvis Costello affidato nella prima registrazione all’interpretazione di Robert Wyatt nel 1982 e inserito nell’album Nothing Can Stop Us. Nel 1983 Costello ne incise una sua versione, nell’album Punch the Clock, con la partecipazione di Chet Baker alla tromba. Una canzone che racconta la guerra da una prospettiva diversa, quella di un villaggio povero del nord Inghilterra, in cui la gente vive del poco lavoro nei cantieri navali, e dove arriva la voce che si sta per costruire una nuova nave da guerra. Tra speranze di potersi finalmente permettere piccoli lussi (un cappotto per la moglie, una bicicletta per il figlio) e la contraddizione di contribuire a preparare una guerra per i propri figli, il testo si sviluppa accompagnato da una musica dall’atmosfera sognante e triste allo stesso tempo, fino alla frase finale: “con tutta la volontà del mondo messa in ballo per prendere vite care, mentre potremmo tuffarci per pescare perle”.