Il virus Marburg è una delle infezioni più letali conosciute, appartenente alla famiglia dei Filoviridae, la stessa dell’Ebola. Si tratta di un virus che causa febbre emorragica, con sintomi gravi e tassi di mortalità alti. Il recente caso di due giovani sospettati di aver contratto il virus in Germania ha riportato l’attenzione su questa malattia, solitamente confinata a zone dell’Africa, ma che può diffondersi rapidamente in altri paesi a causa dei viaggi internazionali.
Il virus Marburg è stato identificato per la prima volta nel 1967, in seguito a un focolaio scoppiato in laboratori di Francoforte e Marburg, in Germania, e a Belgrado, in Serbia, dopo il contatto con scimmie importate dall’Uganda. Da allora, focolai sporadici sono stati segnalati soprattutto nell’Africa subsahariana, con episodi più significativi in paesi come Angola e Repubblica Democratica del Congo. Il virus è zoonotico, il che significa che può essere trasmesso dagli animali agli esseri umani. Il principale veicolo di trasmissione animale è il pipistrello della frutta, Rousettus aegyptiacus. Gli esseri umani possono contrarre il virus attraverso il contatto diretto con fluidi corporei di animali infetti o il consumo delle loro carni.
La trasmissione interumana avviene per contatto diretto con sangue o fluidi corporei di persone infette, inclusi saliva, vomito, urina e sperma. Il rischio di contagio aumenta nelle ultime fasi della malattia, quando si manifestano sintomi emorragici evidenti, rendendo fondamentale l’isolamento e il trattamento tempestivo dei pazienti.
Da poche ore due giovani tedeschi, un medico e la sua ragazza, sono stati ricoverati all’ospedale universitario di Amburgo dopo aver mostrato sintomi influenzali durante un viaggio in treno da Francoforte. I due erano stati recentemente in Ruanda, un paese africano che ha registrato focolai di Marburg nelle settimane precedenti, causando almeno 26 infezioni e 8 decessi. Il sospetto che i due potessero essere stati contagiati ha messo in allerta le autorità tedesche, che hanno isolato i binari della stazione di Amburgo per evitare il rischio di diffusione del virus tra i 200 passeggeri che viaggiavano con loro.
La febbre emorragica causata dal virus Marburg ha un periodo di incubazione che varia tra i 2 e i 21 giorni. L’esordio della malattia è generalmente improvviso e si manifesta con sintomi simil-influenzali non specifici, tra cui:
Dopo alcuni giorni, i pazienti possono sviluppare nausea, vomito e diarrea acquosa, seguiti da eruzioni cutanee. Il quadro clinico peggiora rapidamente con l’insorgenza di petecchie, emorragie mucosali e gastrointestinali, e sanguinamenti diffusi, incluso da siti di prelievo venoso. I pazienti possono inoltre manifestare confusione mentale, agitazione e convulsioni, con rischio di collasso multiorgano e morte entro una settimana dall’esordio dei sintomi.
La letalità varia dal 24% all’88% a seconda del ceppo virale, del sistema sanitario e della tempestività dei trattamenti. I casi più gravi, in assenza di cure adeguate, portano a morte entro 8-16 giorni dall’esordio della malattia a causa di emorragie interne e insufficienza multiorgano.
La diagnosi di infezione da virus Marburg richiede indagini di laboratorio specifiche, poiché i sintomi iniziali possono essere confusi con altre malattie infettive come malaria, febbre tifoide, dengue o altre febbri emorragiche. Il metodo più comune per la diagnosi è il test molecolare RT-PCR, che consente di identificare il genoma del virus nel sangue nelle fasi iniziali della malattia. Altri test includono l’ELISA e l’IFA, che rilevano la presenza di anticorpi specifici contro il virus, anche se questi test sono utili solo in fasi avanzate dell’infezione.
Al momento, non esistono vaccini o trattamenti antivirali specifici per il virus Marburg. Le terapie si concentrano sul trattamento sintomatico e di supporto, come la somministrazione di fluidi per prevenire la disidratazione, la trasfusione di sangue e ossigenoterapia. Nei casi più gravi, può essere utilizzata l’eparina per contrastare la coagulazione intravasale disseminata (CID), che spesso si sviluppa nei pazienti con febbre emorragica.
La malattia da virus Marburg è nota per la sua letalità, con tassi di mortalità che possono arrivare fino al 90% in alcuni focolai, come quello registrato in Congo tra il 1998 e il 2000. La diffusione di focolai di Marburg è generalmente limitata a causa della sua natura zoonotica e della necessità di contatto diretto con fluidi infetti per la trasmissione interumana. Tuttavia, focolai sporadici possono rapidamente trasformarsi in epidemie su larga scala, soprattutto in contesti con infrastrutture sanitarie deboli, come avvenuto in Angola nel 2004, dove oltre 250 persone furono infettate.
Le misure preventive più efficaci includono il tracciamento dei contatti, l’isolamento dei pazienti e l’uso di dispositivi di protezione individuale. Fondamentale è anche l’educazione sanitaria, che aiuta a sensibilizzare le popolazioni locali sui rischi legati al contatto con animali infetti e con persone malate. L’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) consiglia ai viaggiatori diretti in Africa di evitare ambienti popolati da pipistrelli, come grotte e miniere, e di adottare misure igieniche rigorose.
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