I comunisti in Grecia sono ancora molto forti: “Meglio uscire dalla Ue che stringere la cinghia”

Pubblicato il 15 Aprile 2010 - 17:40| Aggiornato il 20 Aprile 2010 OLTRE 6 MESI FA

Eliseos Vagenas, militante del Partito comunista greco

I greci non si fermano neanche davanti al rischio di bancarotta e rilanciano: «Preferiamo uscire dall’Unione europea piuttosto che stringere la cinghia e cambiare il nostro stile di vita. Non diventeremo maniaci del lavoro come i tedeschi».

Un reportage russo racconta come in Grecia si sta vivendo la crisi che ha coinvolto il Paese e mostra che questi non sono poi così innocui. Qui, infatti, la storia sembra  andare al contrario. L’Urss è morta ma i comunisti greci sono vivi e vegeti: anche la loro cultura è viva e si è mischiata con un forte statalismo.

«La perestroika russa è stata la vittoria della controrivoluzione, ma non è stata definitiva. Siamo infatti convinti che nel XXI secolo ci sarà una nuova ondata rivoluzionaria e una nuova rivoluzione sociale». A parlare è Eliseos Vagenas, membro del Comitato Centrale del Partito Comunista della Grecia (KKE).

“Dittatura del proletariato”, “sfruttamento dell’uomo sull’uomo”, “lotta di classe” , ” mobilitazione “. L’intera serie dei luoghi comuni qui sono ancora di moda. I comunisti greci sono dei ragazzi seri, ben organizzati, disciplinati e dedicati alla realizzazione della rivoluzione mondiale. «Il nostro partito è stato formato nel 1918 e per tanto tempo è stato nella clandestinità. Ci sono ancora persone che non accettano che i comunisti siano legali».

«Il KKE – spiega Eliseos – durante la seconda guerra mondiale guidò la resistenza anti-fascista fino alla vittoria. Poi il nostro paese ha messo al potere uomini che hanno represso noi comunisti. Prigione, arresti e deportazioni. Di questi crimini nessuno parla».

Gli ideali socialisti sono molto presenti nel Paese. “Fucking capitalista” o “complice dell’imperialismo”  sono insulti che in strada è ancora possibile ascoltare. Gli intellettuali gli studenti e i lavoratori greci qui possono scegliere a quale sinistra appartenere: anarchici, comunisti, socialisti o socialdemocratici.

La Grecia è spesso indicata come essere vicina all’Europa orientale. In realtà è vero il contrario: i polacchi, i cechi, la Bulgaria e l’Ungheria “nel comunismo” ce l’hanno portata l’Armata Rossa. In Grecia invece, i comunisti hanno partecipato a sconfiggere il fascismo senza l’aiuto diretto dei russi.

Tra il 1967 e il 1974, il Paese ellenico è stato governato dai colonnelli: in questo periodo, i comunisti e tutta la sinistra greca viene perseguitata attaverso la tortura, l’esilio e gli omicidi politici. È in quel periodo terribile che i comunisti diventano dei martiri agli occhi di larga parte della popolazione.

Poi, nel 1981, al  potere sale un socialista, Andreas Papandreou, fondatore del partito “Pasok (Movimento socialista panellenico) e grande amico dell’Unione Sovietica. «Papandreou è stato in grado di eliminare in parte l’enorme divario tra i ricchi e i molti poveri creando una classe media» spiega l’analista politico Constantinos Phillis.

In questo momento storico aumentano le richieste da parte della classe media che i politici si affrettano a soddisfare e dalla fine della giunta militare in Grecia tra i politici e la gente si forma un rapporto clientelare. I politici vogliono essere eletti e le famiglie greche vogliono far allattare i propri bambini dal servizio pubblico: la mentalità locale è tale che mamma e papà non preparano i figli a concorrere-. Qui, i genitori si preoccupano solo a far trovare loro un posto di lavoro “al caldo”.

«Se si ha avuto un posto nello Stato sai esattamente cosa ti succederà nei prossimi trenta anni» dice il commentatore economico Ilias Siyakandari.

I funzionari pubblici in Grecia, con uno stipendio da oltre 1000 euro più bonus, premi vari, e  pensionamento anticipato lavorano poco: «Neanche noi sappiamo quante persone sono impiegate nel settore pubblico» spiega Pandelis, un’icona del Pasok ora al potere. «Quando il numero di dipendenti pubblici è arriva ad essere quasi un milione, un quarto della popolazione attiva e il 40% del Pil, i politici hanno dovuto creare nuovi posti di lavoro ed hanno creato lavori temporanei, speciali e part-time facendo crescere a dismisura la spesa sociale».

Di volta in volta i politici si preoccupavano per i soldi che mancano allo Stato, ma l’adesione all’Unione europea aveva aperto interessanti prospettive. Era infatti possibile prendere in prestito soldi in quantità illimitata, rapida ed economica.

«Tutto è andato bene fino a quando i soldi erano a buon mercato – spiega ancora Elias Siyakandari. – Ma abbiamo una forte cultura di sinistra. La combinazione soldi facili e socialismo ha portato al disastro».

I Greci per fare tutto questo avevano iniziato anche a falsificare i  bilanci: «Abbiamo pensato che fossimo più astuti, intelligenti e pieni di risorse se si possono sorvolare le statistiche» spiega l’analista politico Constantinos Phillis. «Abbiamo pensato tutto il possibile per creare l’inganno. Prima del 2009, prima della crisi finanziaria, eravamo perfettamente in grado di illudere  i nostri partner europei gonfiando i conti. Ma poi è arrivato  il giorno in cui dovevamo iniziare a pagare. Abbiamo perso la fiducia e i nostri partner hanno cominciato a  guardarci come dei bugiardi e degli imbroglioni».