Emergenza Covid-19: nessuna chiusura per i rivenditori dei prodotti da svapo, ma neppure nessuna tassa Emergenza Covid-19: nessuna chiusura per i rivenditori dei prodotti da svapo, ma neppure nessuna tassa

Emergenza Covid-19: nessuna chiusura per i rivenditori dei prodotti da svapo, ma neppure nessuna tassa

ROMA – L’emergenza Covid-19 (Coronavirus) in Italia, che l’11 marzo del 2020 ha portato l’Organizzazione mondiale della sanità (OMS), a dichiarare lo stato di pandemia globale, ha colpito quasi tutti i settori dell’economia nazionale.

Il presidente del Consiglio dei Ministri, Giuseppe Conte, dichiara lo stato di emergenza il 31 gennaio del 2020 e il 23 febbraio, con un primo DPCM, impone le prime “Misure urgenti in materia di contenimento e gestione dell’emergenza COVID-19”, misure che verranno poi confermate da un altro DPCM proprio in data 11 marzo 2020, che porterà il presidente Conte ad attuare misure molto più restrittive e attuando il lockdown totale della nazione.

Queste misure urgenti e restrittive consentono solo ad alcuni esercizi commerciali di continuare ad esercitare la loro attività, oltre alle attività che forniscono beni essenziali e di prima necessità come supermercati, generi alimentari, farmacie e alcune aziende che sono necessarie alla filiera alimentare e farmaceutica, rimangono aperti anche i rivenditori di tabacchi e prodotti da svapo.

Lo svapo e i tabacchi rientrano, quindi, nelle categorie essenziali, pur dovendo attuare le misure di protezione stabilite dal governo, quali il distanziamento sociale, l’uso dei DPI (dispositivi di protezioni individuali) e l’ingresso dei clienti in maniera tale da non creare assembramenti ed evitare di incorrere in sanzioni che porterebbero anche alla chiusura temporanea dell’esercizio.

Inizialmente, ci si chiedeva se anche la rivendita dei dispositivi e dei liquidi base sigarette elettroniche fosse compresa in questo decreto e potesse continuare la loro vendita, e il governo ha dato subito chiarimenti in merito, specificando che anche questo tipo di rivendita era esclusa dall’obbligo di chiusura. Fermo restando che possono esercitare solo quelli che la praticano come attività essenziale e primaria, e non come secondaria o collaterale (può essere un esempio, il bar che effettua rivendita anche di tabacchi e prodotti da svapo, e che deve tenere chiusa l’attività o comunque limitarsi solo alla vendita di prodotti di tabaccheria e da svapo).

Mercato delle sigarette elettroniche

Le ricerche di settore e le statistiche hanno evidenziato delle cifre da capogiro nel mercato delle sigarette elettroniche; si stima, infatti, che quasi il 3% della popolazione italiana ne faccia uso. I numeri dell’Italia sono quelli maggiori d’Europa, classificandosi come un mercato molto attivo.

Nuove norme in Lombardia

La Regione Lombardia, che risulta essere, fin dall’inizio dell’emergenza, la regione più colpita di Italia, ha adottato nuove norme rispetto alla rivendita di questi prodotti, con un’ordinanza del 4 aprile 2020, prorogando misure ancora più restrittive che risultano attive ad oggi e fino al 4 maggio 2020.

Anche nella regione Lombardia, l’attività di rivendita di tabacchi e prodotti da svapo può continuare, con alcune limitazioni logistiche, ossia è vietato il commercio di questi prodotti tramite i distributori automatici; legge che è stata annullata il 6 marzo, stabilendo che è concessa la vendita tramite “distributori automatici presenti all’interno degli uffici, delle attività e dei servizi che, in base ai provvedimenti statali, possono continuare a restare in funzione, nel rispetto del distanziamento sociale; sono altresì esclusi dal predetto divieto i distributori automatici, ovunque collocati, dei generi di monopolio e dei prodotti farmaceutici e parafarmaceutici”.

Queste attività, ovviamente, sono sottoposte a determinati obblighi, consentendo l’accesso ad un solo componente per famiglia, e il governatore della regione Attilio Fontana, ha disposto anche che ad ogni esercizio venga fatto obbligo di fornire di guanti monouso e soluzioni disinfettanti ogni cliente.

In questo momento di estrema emergenza, però, ci si trova davanti a un problema di interesse generale e sociale, ossia dover trovare il modo di stanziare una cifra considerevole come fondo per l’assistenza domiciliare di malati cronici e disabili.
È stato presentato un emendamento presso il Senato al Decreto cura Italia, con l’obiettivo di creare un fondo di 300 milioni di euro proprio per fronteggiare questa esigenza. Questo avrebbe dovuto essere finanziato tramite un aumento della tassazione sui prodotti da tabacco riscaldato che, attualmente, hanno uno sconto fiscale che sfiora il 75%.

Questa iniziativa è partita da Cittadinanza Attiva con l’appoggio di un discreto numero di associazione di medici, farmacisti e infermieri; iniziativa che, però, aveva un piccolo difetto: andare a colpire solo un’azienda, la Philip Morris, leader e colosso americano nel mercato dei prodotti da svapo, e che in Italia ha costruito la più grande azienda specializzata nella produzione degli stick iQos, situata in Emilia Romagna.

Ed è a questo punto che i movimenti politici del Partito Democratico e i 5 Stelle si sono opposti all’emendamento; la proposta di Cittadinanza Attiva era di ridurre lo sconto fino al 20%, in modo da poter recuperare entro 2 anni questi 300 milioni di euro che servirebbero a supportare le categorie sociali più fragili.

Gli oppositori più decisi e più forti sono i 5 Stelle, che propongono di recuperare questi fondi andando ad attingere da quelli della sanità invece di andare ad aumentare la tassazione sui prodotti della Philip Morris. Questa azione dimostra che Il Movimento 5 Stelle è in stretto contatto con il colosso americano e con i lobbisti del tabacco, ma ad opporsi è stato anche il Partito Democratico.
Questi fondi, in qualche modo, vanno trovati, come afferma il senatore Nannicini, ma non di certo andando ad attingere da quelli della sanità come è stato proposto.

Cittadinanza Attiva afferma che continueranno a riproporre questo emendamento in Senato, in quanto queste categorie deboli (anziani, disabili e malati cronici) non possono aspettare, e comunque si tratta di un problema di interesse generale e sociale che non può essere sottovalutato neanche in un momento di estrema emergenza come quello attuale.

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