Negli ultimi giorni, la febbre Oropouche, un’infezione tropicale diffusa principalmente in Sud America, ha attirato l’attenzione per un importante studio pubblicato sulla rivista Emerging Infectious Diseases. Secondo questa ricerca, i rapporti sessuali potrebbero rappresentare un veicolo di trasmissione del virus. La scoperta è stata fatta dai ricercatori del dipartimento di Malattie Infettive, Tropicali e Microbiologia dell’Irccs Sacro Cuore Don Calabria di Negrar, i quali sono riusciti a isolare, per la prima volta al mondo, il virus nel liquido seminale di un viaggiatore italiano di ritorno da Cuba.
Non è solo Oropouche a sollevare interrogativi: anche il Covid-19 ha rivelato legami sorprendenti con il sistema riproduttivo maschile. Un recente studio brasiliano ha evidenziato come gli spermatozoi possano giocare un ruolo attivo nella risposta immunitaria al virus SARS-CoV-2. Questa funzione, mai osservata prima nelle cellule riproduttive dei mammiferi, suggerisce che gli spermatozoi rilasciano trappole extracellulari in risposta all’infezione. Il professor Jorge Hallak, uno degli autori dello studio, ha dichiarato che questa scoperta potrebbe aprire nuove linee di ricerca e suggerire un meccanismo innovativo per la risposta immunitaria.
Tuttavia, la presenza del virus nel liquido seminale rappresenta un potenziale problema per la salute riproduttiva. Hallak consiglia che chi desidera avere figli aspetti almeno sei mesi dopo l’infezione da Covid-19 prima di tentare di concepire. Il virus può permanere negli spermatozoi oltre novanta giorni dopo la guarigione clinica, compromettendo la qualità dello sperma. Questa preoccupazione è accentuata dalla pratica della riproduzione assistita, in cui solitamente non vengono effettuati test diagnostici approfonditi per il Covid-19 prima della donazione di sperma.
Le infezioni sintomatiche, come quelle causate dal Covid-19, possono compromettere la funzione riproduttiva maschile. I sintomi, come la febbre alta, possono influenzare negativamente la salute degli spermatozoi, causando un aumento della frammentazione del DNA e una diminuzione della mobilità degli spermatozoi. Già lo scorso anno, durante il 39esimo Congresso annuale della Società Europea di Riproduzione Umana ed Embriologia (ESHRE), è emerso che gli uomini che avevano contratto il Covid-19 presentavano una conta spermatica inferiore e spermatozoi meno motili, anche tre mesi dopo l’infezione, indipendentemente dalla gravità del caso.
Uno studio condotto in Spagna ha ulteriormente confermato queste preoccupazioni. Tra febbraio 2020 e ottobre 2022, i ricercatori hanno arruolato 45 uomini con diagnosi confermata di Covid-19 lieve. Dall’analisi dei campioni di sperma prelevati prima e dopo l’infezione, è emersa una significativa riduzione della qualità dello sperma, con una diminuzione del 57% nella conta spermatica media dopo l’infezione.
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