Da “marketing” a “business”, il mondo del lavoro parla “Itanglese”

«Chiama il partner della nostra azienda», «preparati per un briefing in conference call con il capo del reparto marketing», «esegui le mission del reparto human resources per far sì che il nostro business, e il nostro brand, divengano sempre più redditizi». «Fashion insomma».

Il mondo del lavoro italiano diventa sempre di più terreno di uso (e abuso) di una nuova lingua: l’Itanglese. Un miscuglio di italiano e inglese che, soprattutto negli uffici, va sostituendo sempre più vocaboli italiani con parole dal sapore anglosassone.

Un fenomeno che non poteva sfuggire alla società Agostini Associati, leader nel settore delle traduzioni e dell’interpretariato. Secondo una sua recente ricerca dal 2000 ad oggi il numero di parole inglesi confluite nella lingua scritta delle imprese è aumentato del 773%. Vale a dire che su un campione di 58 milioni di parole prodotte da circa 200 aziende italiane, la scelta di optare per la parola inglese anziché per quella italiana è cresciuta esponenzialmente.

Colpa, o merito, della globalizzazione che ha spinto il mondo del business (appunto) ad omologarsi e adeguarsi per affrontare i nuovi mercati. Dallo studio emerge che nel linguaggio commerciale i primi tre termini inglesi più utilizzati nelle aziende sono: look, business, fashion. Seguiti poi da performance, competitor, annual report, mission; e ancora: buyer, brand, switch.

Per il 29% degli intervistati dalla Agostini Associati (che ha curato l’indagine oltre alla ricerca), l’uso dell’inglese è un fenomeno positivo che vuol dire modernità. Il 25% la ritiene un’usanza fastidiosa, mentre un ristrettissimo 9% giudica la tendenza “eccessiva” e afferma di avere difficoltà a capire chi abusa dei termini inglesi.

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