Che tu sia un appassionato del genere o semplicemente un avido ascoltatore di musica, questi sono dieci album bluegrass che devi conoscere. Sì, devi, perché il bluegrass rappresenta una tradizione musicale viva, non la musica da museo del folklore che molti di noi hanno in mente. Nel bluegrass si trovano innovazioni, scintille creative e grandi musicisti. Certo, dieci album sono pochi, se si vuole davvero approfondire il genere e tutte le sue sfumature. In questo elenco, mi sono voluto concentrare principalmente sugli album che presentano elementi innovativi e inattesi.
Il bluegrass è un tipo di musica sviluppatosi nella regione nord americana dei monti Appalachi, in un’area storicamente popolata da immigrati prevalentemente scozzesi e irlandesi. E in effetti si ritrovano spesso reel e ballate di tradizione irlandese, scozzese e inglese, accanto al “breakdown”, forma tipica del bluegrass caratterizzata da stacchi rapidi e virtuosismo. Ma fin dai primi tempi il bluegrass si è mescolato con altre tradizioni, a partire da quella blues dei neri, e poi in qualche misura anche con il jazz, soprattutto nell’alternanza degli assoli virtuosistici su vari strumenti, contrapposta agli assoli di singoli strumenti del country e dello stile più antico della tradizione.
La strumentazione tipica include il banjo a cinque corde, il fiddler (violino suonato “all’irlandese”), la chitarra (suonata anche con lo slide) e il contrabbasso. A volte anche la chitarra dobro e l’armonica, ma comunque tutti strumenti acustici. Una battuta popolare fra i musicisti recita: “Quanti musicisti bluegrass servono per cambiare una lampadina? Quattro: uno cambia la lampadina, mentre gli altri si lamentano perché è elettrica!”. Negli anni Quaranta fu Bill Monroe, con la band che lo accompagnava, i Blue Grass Boys, a definire le caratteristiche di quello che stava ormai diventando un vero e proprio genere.
Dagli anni Sessanta, poi, con l’avvento dei festival folk dedicati al bluegrass, il genere ottenne una grande diffusione. E con la diffusione arrivarono anche le innovazioni e le commistioni con altre realtà musicali. Tra gli anni Sessanta e gli anni Settanta nacque il cosiddetto progressive bluegrass, o new grass, che includeva strumenti diversi, anche elettrici, a volte addirittura la batteria, strizzando l’occhio al rock cantautorale e anche al pop. Da lì in poi, la sperimentazione non si è più fermata, e alcuni degli album che vi propongo qui ne sono l’esempio.
Ma andiamo con ordine, con le menzioni d’onore che non sono rientrare nell’elenco qui sotto. Per i puristi del bluegrass più tradizionale, un album fondamentale è quello di Flatt & Scruggs, entrambi provenienti dalla band Blue Grass Boys, registrato nel 1957: Foggy Mountain Jamboree. Ma anche Don’t Give Up Your Day Job dei Country Gazette, del 1973, è un album da tenere in considerazione. Per quanto riguarda le innovazioni più recenti, segnalo innanzitutto l’album Will the Circle Be Unbroken dei Nitty Gritty Dirt Band, pubblicato nel 1972: in realtà si tratta di un triplo album che raccoglie interventi di molti artisti bluegrass. La title track è sicuramente degna di nota.
Nell’album The Mountain di Steve Earl and the Del McCoury Band, pubblicato nel 1999, troviamo una chitarra elettrica, una pedal steel e la batteria. Ma già nel 1979 i New Grass Revival pubblicarono Barren County, album in cui viene utilizzato un basso elettrico invece del contrabbasso, e in cui si trovano diverse rivisitazioni in chiave bluegrass di brani provenienti da altri generi.
Gli Old Crow Medicine Show sono un’altra band estremamente interessante: il loro ultimo album Jubilee è del 2024. Mark ’O Connor, violinista bluegrass molto apprezzato, ha messo su una band fatta solo di familiari, la ’O Connor Band, tornando al più tradizionale cliché del bluegrass, ma il risultato è decisamente apprezzabile: ascoltate ad esempio l’album Home del 2016. Infine, tra i personaggi più famosi che si sono cimentati con il genere, mi pare d’obbligo citare Dolly Parton che in The Grass is Blue del 1999 è accompagnata da molti nomi della scena bluegrass e riesce a fornire interpretazioni vocali molto originali. Ma veniamo ai magnifici dieci che ho scelto per voi.
Bill Monroe è considerato il “padre del bluegrass” e quindi una citazione per lui e la sua band è d’obbligo. Ho scelto però un album relativamente recente, pubblicato nel 1988, vincitore peraltro di un Grammy come miglior album di bluegrass nel 1989. Nel video, una esecuzione dal vivo della title track per una televisione americana.
Gli Hot Rize sono una band del Colorado, nata nel 1978 e molto apprezzata fra gli appassionati di bluegrass. Il loro album di esordio, Hot Rize appunto, è stato pubblicato nel 1979. Qui il basso è elettrico, quindi gli strumenti non sono tutti rigidamente acustici. Durham Reel è un brano tratto dall’album in cui sono evidenti i legami del bluegrass con la tradizione irlandese.
I Johnson Mountain Boys registrano nel 1988 il live At the Schoolhouse, un album folk caratterizzato da grande vivacità e velocità virtuosistica, in pieno stile bluegrass. Accanto a ballate e brani del repertorio country, compaiono sonorità che ricordano da vicino l’Irlanda. Ma soprattutto le armonizzazioni vocali sono tra le migliori che si possano trovare nel bluegrass, ad arricchire melodie che ricordano il gospel bianco. Il brano che ho scelto a rappresentare questo album è John Henry, the Steel Driving Man.
Perfettamente inseriti nella tradizione del bluegrass, i Crooked Still sono uno dei migliori esempi di come una tradizione possa essere viva, cambiare se stessa e offrire perle rare di musica. Shaken by a Low Sound è il loro secondo album, pubblicato nel 2006. I Croked Still vengono annoverati nelle schiere del progressive bluegrass, o new grass. Nell’abituale ensemble di strumenti bluegrass inseriscono anche il violoncello, e il contrabbasso si fa più vivace, quasi jazzistico… o forse blues. In questo album inseriscono anche una splendida versione di un classico del blues, Come on in my Kitchen di Robert Johnson: qui i più curiosi possono apprezzarne una versione dal vivo. Ma propongono anche una rivisitazione moderna di un brano di Bill Monroe, Can’t You Hear Me Callin’, che vi propongo nel video in una performance live.
E qui le cose cominciano a farsi più interessanti e moderne per davvero. Home, pubblicato nel 2019, è l’album che ha portato Billy Strings a vincere il Grammy per il miglior album bluegrass nel 2021. Qui gli strumenti sono amplificati, ma non solo: passano anche tutti per una pedaliera di effetti. Le sonorità che ne derivano sono inimmaginabili per un album di bluegrass, ma direi anche sbalorditive per un album di qualsiasi genere. Taking Water è il brano di apertura.
Alison Krauss è una virtuosa del violino e cantante entrata nella storia del bluegrass, vincendo anche un Grammy. Un brano tratto dal suo album So Long So Wrong del 1997 è stato utilizzato per un episodio della serie Buffy, e anche il suo album Paper Airplane del 2011 ha suscitato molto interesse. Io qui ho scelto Everytime You Say Goodbye, un album del 1992 in cui è presente anche una chitarra dobro suonata con lo slide. Cluck Old Den è un traditional strumentale, che nel video possiamo apprezzare in una esecuzione dal vivo.
Chi pensa che il bluegrass sia una musica da bigotti contadini dovrà ricredersi dopo aver ascoltato questo duo di polistrumentiste, attiviste, femministe degli anni Settanta. Perfettamente integrate nella tradizione folk politicamente impegnata dell’America di quegli anni, Dickens e Gerrard registrano l’album Hazel and Alice nel 1975. Working Girl Blues è un brano che ben rappresenta il tenore dell’intero album: un brano femminista e impegnato e allo stesso tempo divertente e ritmato.
Ebbene sì, parliamo proprio di quel Jerry Garcia, il leader dei Grateful Dead. Agli inizi della sua carriera, infatti, Jerry Garcia nasce come musicista bluegrass. E verso la fine della carriera, decide di tornare alle origini, incidendo con il mandolinista David Grisman una serie di sessioni di bluegrass. Garcia muore nel 1995, e Grisman decide di mettere insieme quelle registrazioni e pubblicarle nel 1996. Spiccano in questa raccolta bluegrass Off to Sea Once More, un canto tradizionale di lavoro inglese, e Whiskey in the Jar, un classico della tradizione irlandese. Nel video invece una versione dal vivo di un brano fondamentale nel repertorio bluegrass, Shady Grove.
A mio modesto parere, Molly Tuttle è una delle artiste più interessanti del panorama bluegrass. Chitarrista, cantante, songwriter innovativa e sempre energetica, è accompagnata da una band di musicisti in grado di tenere il suo passo. Una sua versione di White Rabbit dei Jefferson Airplane è diventata virale qualche anno fa su Youtube: tutta la band con costumi di Alice nel paese delle meraviglie per una esecuzione in stile bluegrass, acustica e ipnotizzante! Vincitrice di due Grammy per i migliori album bluegrass per due anni consecutivi, pubblica nel 2023 City of Gold. Qui troviamo composizioni più tradizionali, come El Dorado, accanto a esperimenti di forme di breakdown che sviluppano nuove direzioni e possibilità del bluegrass, come in Where Did All Wild Things Go?, proposta nel video.
Bela Fleck è un virtuoso del banjo che, per gran parte della carriera, si è tenuto lontano dai territori tradizionali, esplorando invece ambiti più fusion con i suoi Flecktones. Nel 2021, però, ha deciso di avvicinarsi al bluegrass, pubblicando questo album dedicato alla tradizione folk americana. Se però vi aspettate i classici del repertorio rimarrete delusi… Fleck raggruppa una serie di musicisti di eccezione e, su una base formalmente tradizionale, costruisce composizioni strumentali sperimentali, virtuosistiche, a volte al limite del jazz, riuscendo comunque a rimanere fedele alla strumentazione e allo stile del bluegrass e dei breakdown. Il brano di apertura dell’album è Vertigo, qui proposto in chiave live.
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