Bastano dieci album per conoscere il krautrock? Sicuramente no. Però sono un inizio, soprattutto se scelti bene. E in questo articolo prometto anche qualche piccola chicca che per la maggior parte di voi sarà sconosciuta, o perlomeno dimenticata… Dieci album non bastano, perché il krautrock, definizione inventata e comparsa per la prima volta sulla rivista inglese Melody Maker, è un mondo, o meglio un cosmo ampio e variegato, che sfugge anche a una chiara definizione sia geografica che temporale. Sebbene si parli della scena musicale tedesca, non mancano artisti, collaborazioni e influenze svizzere, austriache, inglesi, canadesi, francesi… Una scena musicale in tutti i sensi, con musicisti che passano da una band all’altra, incroci di collaborazioni con le quali è spesso difficile tenere il passo: una vitalità creativa forse mai vista nel panorama musicale europeo moderno. Sebbene la maggior parte della produzione considerata krautrock si concentri tra la fine degli anni Sessanta e il 1980, ci sono band che hanno proseguito oltre, spesso reinventandosi, come qualsiasi tradizione viva e sana dovrebbe fare. I Faust ad esempio hanno ancora qualcosa da dire: in anni recenti la formazione, rinata con nuovi elementi, si è sempre più mescolata e indirizzata verso le sperimentazioni del cosiddetto Rock in Opposition. Altri dagli anni Ottanta sono sfociati verso la world music. Altri ancora hanno portato l’uso della tecnologia all’estremo, sconfinando nell’elettronica e nell’ambient music.
Parliamo certamente di una scena musicale fra le più anarchiche e meravigliosamente caotiche dell’ultimo secolo, in cui confluivano misticismo religioso, ma anche uso di droghe come mezzo per amplificare la creatività, invenzioni di nuove possibilità sonore, ma anche band uscite da comuni anarchiche con scarse competenze musicali ma tanta voglia di creare musica. Eppure alcuni elementi che accomunano i protagonisti di questa scena si possono trovare. Innanzitutto, la vicinanza con le tecniche compositive della musica cosiddetta “colta” contemporanea. Quelli erano anni in cui i compositori delle avanguardie colte non si facevano tanti a problemi a “sporcarsi le mani” in collaborazioni con il mondo della musica pop. Da John Cage a Berio, da Cathy Berberian a Pierre Boulez, gli esempi sono molti, ognuno diverso dall’altro. In Germania c’era uno dei personaggi più importanti e pionieristici di quella scena: Karlheinz Stockhausen. E non è un caso che diversi musicisti della scena krautrock fossero allievi di Stockhausen, in particolare a Dusseldorf e Colonia. Da qui probabilmente deriva l’interesse per gli strumenti elettronici, che all’epoca erano all’avanguardia, per le tecniche compositive della musica elettronica e della musica concreta: manipolazioni di onde elettriche, montaggi di nastri, oppure campionamenti e rielaborazioni di suoni della natura. Tutto questo veniva messo al servizio di una musica che inneggiava al progresso tecnologico, guardando al futuro più che al passato, lanciandosi nelle esplorazioni del cosmo.
Anche l’idea della kosmische musik trova ispirazione in qualche modo nell’opera di Stockhausen. Ma la musica del cosmo non è neanche molto diversa dallo space rock che negli stessi anni si stava sviluppando in Inghilterra. E non è un caso che tra la scena del krautrock e quella della space music ci siano molti punti di contatto. Dave Anderson, bassista originale degli Amon Duul II lasciò la band dopo due album, tornando in Inghilterra per entrare brevemente a far parte degli Hawkwind. I Faust hanno visto, nei loro innumerevoli cambi di formazione, la partecipazione di Chris Cutler, batterista degli Henry Cow, ma anche animatore di una frangia della scena Canterbury più legata alla psichedelia. Pensate addirittura che lo studio più accurato sul krautrock è stato pubblicato per mano di Julian Cope, altro artista fortemente legato all’ambito dello space rock: purtroppo il suo Krautrocksample non è stato ristampato da tempo e risulta virtualmente introvabile, se non a cifre astronomiche nel mercato dell’usato.
La psichedelia in quegli anni era una delle frontiere della musica, il luogo dove sperimentare e scardinare le strutture: una musica che, esattamente come il free jazz, cercava soluzioni armoniche che seguissero regole diverse da quelle canoniche, o addirittura costruiva interi brani su un unico accordo. E spesso utilizzava le droghe come veicolo per connettersi a un piano creativo più alto, più cosmico. Questa teoria era stata proposta e promulgata in particolare da Timothy Leary, professore americano che in patria aveva avuto qualche problemino per aver proposto ai suoi studenti di partecipare a esperimenti pratici in materia… e quindi era fuggito in Europa, per la precisione in Svizzera: i riferimenti a Leary nelle produzioni del krautrock sono continui! Ed è in questa dimensione psichedelica che la musica del cosmo diventa anche la musica del cosmo interiore.
Quindi possiamo dire che, al di là dell’aspetto geografico e temporale, caratteristiche del krautrock possono essere: l’uso dell’elettronica e di tecniche compositive della musica elettronica e concreta, lunghe composizioni prevalentemente strumentali spesso su un solo accordo, improvvisazioni psichedeliche accompagnate da ritmi ossessivi, sia utilizzando strumenti acustici, spesso di tradizioni lontane, sia invece con l’uso di pulsazioni elettroniche o campionamenti.
Ma se dieci album non bastano, cominciamo subito a vedere quali sono le esclusioni più clamorose, e dolorose, che ho dovuto fare. Nell’elenco che segue non troverete gli album di Klaus Schulze da solista: figura fondamentale del krautrock, Schulze ha collaborato con numerose band di quella scena. Ho deciso quindi di includerlo con i Tangerine Dream, band da lui fondata. Non troverete i Popol Vuh: sebbene siano spesso citati tra i principali protagonisti del krautrock, solo il loro primo album Affenstunde può essere davvero considerato krautrock. Dal secondo album in poi la loro ricerca si è decisamente spostata verso una sperimentazione etnica impregnata di misticismo religioso, gettando in pratica le basi per la world music del decennio successivo. Non troverete gli Agitation Free, meraviglioso gruppo di improvvisazione psichedelica, che però si pone in un certo senso ai margini del krautrock, con minori caratteristiche tipiche del genere rispetto a tanti altri progetti. Non troverete il meraviglioso album Deluxe del 1975 degli Harmonia, sicuramente il migliore e il più krautrock della band, per mere questioni di spazio. Stesso discorso vale per Conrad Schnitzler, anche lui nel primo album dei Tangerine Dream, del quale comunque vi consiglio l’ascolto di Rot, album del 1973 il cui secondo brano è intitolato proprio Krautrock. Infine non troverete i Cosmic Jokers, che anche lo stesso Julian Cope considera uno dei migliori gruppi di krautrock. Il problema qui è che le loro produzioni sono in gran parte delle jam di musicisti della scena krautrock che sono state poi mixate e montate da un produttore e pubblicate con il nome Cosmic Jokers, spesso all’insaputa degli artisti stessi…
I Can sono indubbiamente una bandiera del krautrock e qualsiasi loro album potrebbe essere un buon punto di partenza. Monster Movie è il loro album di esordio, del 1969. Il bassista Holger Czukay e il tastierista Irmin Schmidt sono allievi di Stockhausen, aspetto evidente nella sperimentazione con la manipolazione di nastri. In quegli anni i Can registrano in un castello, dando vita a interminabili improvvisazioni, spesso anche su un solo accordo. Yoo Doo Right, che nell’album dura circa 20 minuti, è in realtà una selezione da un’improvvisazione di 6 ore!
E ovviamente non si può parlare di krautrock senza parlare dei Kraftwerk, esploratori dei mondi elettronici verso i quali tutta l’elettronica moderna è profondamente in debito. Radio-Activity, pubblicato nel 1975, è il loro quinto album e forse quello che più di tutti li ha portati al successo. Già nell’album precedente, Autobahn, avevano avuto un’importante svolta elettronica, inventando in sostanza i pad che oggi sono la norma nelle batterie elettroniche. Per i più duri e puri amanti del krautrock “estremo”, comunque, consiglio l’ascolto di Kraftwerk 1, album di esordio decisamente meno “commerciale”.
Fondati da Klaus Dinger e Michael Rother dopo essere usciti dai Kraftwerk, i Neu! sono una band emblematica del krautrock, soprattutto per l’utilizzo del cosiddetto “motorik”, il ritmo ossessivo di batteria che si può ascoltare distintamente in Hallogallo e anche, più lento, in Negativland, entrambe tracce incluse in Neu!. Questo è l’album di esordio della band, pubblicato nel 1972. Per capire la centralità dei Neu! nella scena musicale kraut, basti pensare che Rother ha poi collaborato anche con i Cluster e con gli Harmonia, mentre Dinger successivamente ha fondato i La Dusseldorf.
Ed eccoci appunto a parlare dei La Dusseldorf e del loro album di esordio del 1976. Questo è un altro disco manifesto del krautrock, con lunghe improvvisazioni strumentali di musica cosmica ed elettronica su un solo accordo e il ritmo ossessivo del motorik. Spiccano la title track, che inizia con i cori dello stadio della squadra di calcio del Dusseldorf, e Silver Cloud.
Quarto album, pubblicato nel 1973, di una delle band simbolo del krautrock, soprattutto per l’uso di tecniche compositive tipiche della musica elettronica “colta”, particolarmente evidenti nell’album precedente, The Faust Tapes. In Faust IV queste stesse tecniche vengono affiancate da un songwriting più classico: questa miscela sarà di grande influenza su tutta l’ambient music a venire. I Faust hanno sempre mantenuto contatti con il mondo della ricerca sperimentale del Rock in Opposition, collaborando con gli Slapp Happy e, dopo la rifondazione con una nuova line-up negli anni 2000, con musicisti degli Ulan Bator, degli Henry Cow e della scena avanguardistica europea. Per quanto questa nuova versione si allontani dai lavori degli anni Settanta, vi consiglio di cercare su Youtube il live dei Faust del 2021. La traccia di apertura di Faust IV si intitola Krautrock, e possiamo individuare una sorta di motorik alla ritmica a partire dal settimo minuto.
Pubblicato nel 1972, Zeit è il terzo album dei Tangerine Dream. La band fu fondata da Edgar Froese, personaggio molto importante per tutta la scena della musica elettronica. In questo album, Florian Fricke dei Popol Vuh suona il moog, in uno dei primi esempi di utilizzo di questo particolare sintetizzatore. Zeit è stato citato da Steven Wilson come uno dei suoi album di riferimento. Muovendosi tra psichedelia e musica cosmica, i Tangerine Dream sono diventati ispiratori della musica elettronica e ambient, incidendo anche molte colonne sonore. Nel loro album di esordio, Electronic Meditation del 1970, troviamo anche Klaus Schulze alla batteria. Nella loro musica si trovano ispirazioni a Stockhausen, Terry Riley, Steve Reich e alla sperimentazione rock contemporanea.
Qui entriamo in un’area molto diversa del krautrock. Pur non essendoci nulla di simile al motorik e poca o nulla elettronica, Phallus Dei, esordio del 1969 degli Amon Duul II, è considerato un album simbolo del krautrock. Gli Amon Duul II erano l’espressione musicale di una comune di Monaco, un terreno estremamente fertile per la creatività e la sperimentazione artistica: lo stesso Wim Wenders vi approdò, girando un documentario sulla comune che rappresenta la sua prima opera filmata. Nel 1969 l’identità del krautrock non era ancora definita, e gli Amon Duul II hanno contribuito molto a gettare le basi di questa identità, con lunghe improvvisazioni psichedeliche vicine al folk hippie, con percussioni, violini e mantra vocali. Diversi componenti dei Popol Vuh hanno frequentato la comune e collaborato come musicisti, facendo poi nella loro produzione proprio di questi tratti sonori una caratteristica della band.
Lievemente meno noti rispetto a tanti dei nomi citati finora, gli Ash Ra Tempel sono stati comunque una band molto importante della scena krautrock. Capitanati dal chitarrista Manuel Gottsching e dall’onnipresente Klaus Schulze alla batteria, hanno avuto una grande influenza sullo space rock, sula musica elettronica e ambient. Seven Up, pubblicato nel 1973, vede la partecipazione di Timothy Leary, che si trovava in esilio in Svizzera ed è chiamato qui a declamare i suoi testi sopra i tappeti sonori della band. Il vinile è diviso in un lato A intitolato Space e un lato B intitolato Time. Alcuni dei brani contenuti in Seven Up si possono trovare anche in Gilles Zeitschriff dei Cosmic Jokers: si tratta in effetti delle stesse sessioni di improvvisazioni montate con una diversa voce declamante.
I Guru Guru sono un’altra band che presenta meno tratti elettronici ambient e maggiori legami invece con la psichedelia hippie e il free jazz. Collaboratori stretti di Amon Duul II e Can, i Guru Guru erano un trio che faceva comunque uso di elettronica, effetti e manipolazione di nastri. Ufo, pubblicato nel 1970, è il loro album di esordio, caratterizzato da un approccio musicale decisamente basato sull’improvvisazione.
Per concludere, un gioiello da veri conoscitori. Se possedete l’edizione originale di questo vinile con le carte dei tarocchi disegnate da Walter Wergmuller, sappiate che oggi vale una fortuna! Wergmuller, infatti, è in realtà un pittore svizzero, autore di una serie di tarocchi. Tramite Timothy Leary, entra in contatto con musicisti e discografici della scena krautrock e incide questo album nel 1973, con la partecipazione di Klaus Schulze e diversi membri degli Ash Ra Tempel, sostanzialmente di quelli che sono conosciuti come Cosmic Jokers. Qui Wergmuller recita testi legati ai singoli tarocchi su una musica meravigliosamente krautrock, addirittura presentando i musicisti nella traccia di apertura. La musica è sostanzialmente uno space rock, o se preferite una kosmische musik, basato sull’improvvisazione: davvero un gioiello da ascoltare!
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