ROMA – Divorziare in soli 6 mesi. Eppure come non dimenticare quando servivano 5 anni. Approvata alla Camera la legge che renderà il divorzio molto più veloce e semplice: per ottenerlo basteranno 6 mesi se la separazione è consensuale, al massimo un anno se si ricorre al giudice. Un vero e proprio cambiamento epocale che si applica anche ai procedimenti in corso, ovvero alle coppie che hanno già avviato le pratiche per il divorzio. A 41 anni dal referendum del 1974 sul divorzio, a 28 anni dalla prima riforma del 1987 e dopo oltre 10 anni di discussioni in Parlamento, il divorzio “facile” è realtà. La notizia è importante perché questo sì alla camera segna una piccola rivoluzione sociale e culturale in Italia visto che i tempi del divorziosono più che dimezzati. Maria Novella De Luca scrive su Repubblica:
“Tra la separazione e il divorzio non si dovranno più aspettare 3 anni, ma 6 mesi se l’addio è consensuale, e un anno se il percorso è giudiziale. E nulla cambia se nella ormai ex coppia ci sono figli minori: i tempi restano identici. Non solo. Cambiano anche le norme sul fronte patrimoniale: la comunione dei beni potrà essere sciolta nello stesso momento in cui si sottoscrive la separazione. Il cambiamento è vero e radicale, e potrà incidere sulle cause di separazione in corso, “regalando” tempi più brevi a chi aspetta il divorzio”.
Era il 1974 quando quando un referendum promosso nell’intento di abrogare la legge sul divorzio (la cosiddetta legge Fortuna-Baslini entrata in vigore il 18 dicembre 1970) affermò invece la volontà della maggioranza della popolazione di mantenere la legge in vigore. Secondo la legge, il divorzio non poteva essere ottenuto se non dopo un periodo di separazione coniugale, ovvero 5 anni. Successivamente la normativa fu modificata dalle leggi 436/1978 e 74/1987. In particolare, con quest’ultima si ridussero i tempi necessari per giungere alla sentenza definitiva di divorzio da 5 anni a 3 anni e si diede al giudice la facoltà di pronunciare una sentenza parziale che dichiarasse in tempi brevissimi lo scioglimento definitivo del vincolo ovvero il divorzio, separatamente dalla discussione sulle ulteriori condizioni accessorie dello scioglimento ovvero sulle questioni economiche, l’affidamento dei figli e altro. In tale modo si volle evitare che vi fossero cause instaurate al solo fine di procrastinare lo scioglimento del vincolo matrimoniale.
Il sì di oggi è epocale anche perché viene dopo più di un decennio di dibattiti. Maria Novella De Luca scrive:
“È del 2003 il primo disegno di legge sul divorzio breve) un’infinità di cambi di governo, il superamento di un incredibile numero di ostacoli, quasi tutti figli della durissima opposizione del Vaticano. La Chiesa non ha mai fatto mistero di ritenere fondamentale un lungo periodo di attesa tra la separazione e il divorzio, sperando in un ripensamento delle coppie. Ma la statistica di chi “torna indietro” e salva il matrimonio non supera l’1% di chi si lascia”.
Ma cosa prevede esattamente questa nuova legge? Si legge su La Stampa:
“Non saranno più necessari gli attuali tre anni di attesa, innanzitutto, indipendentemente dalla presenza o meno di figli; restano i due gradi di giudizio. Il termine decorre dalla comparsa dei coniugi davanti al presidente del tribunale. Novità temporale anche per la divisione dei beni: la comunione dei beni si scioglie quando il giudice autorizza i coniugi a vivere separati o al momento di sottoscrivere la separazione consensuale. L’ordinanza con la quale sempre i coniugi sono autorizzati a vivere separati è comunicata all’ufficiale di stato civile ai fini dell’annotazione dello scioglimento della comunione. C’è poi l’applicazione immediata: il ‘divorzio breve’ sarà operativo anche per i procedimenti in corso. Dal provvedimento, durante la discussione al Senato, è stata stralciata la norma che prevedeva il divorzio immediato, cioè senza separazione. Una norma che avrebbe «rallentato» il percorso visto che sul tema si sono registrate posizioni politiche contrastanti che avrebbero spaccato la maggioranza. Da qui la scelta di affrontare la discussione con un percorso autonomo e di garantire tempi brevi all’approvazione definitiva che oggi potrebbe diventare realtà”.