Domenica delle palme, un monito per i politici, oggi il popolo ti esalta, domani finisci in croce o mitragliato o decapitato. Qui il rito si intreccia con la storia, qui cominciano le radici dell’antisemitismo cristiano, qui ci sono barlumi sulla figura di Gesù nella realtà . Figlio (putativo ci insegnano, il vero padre è una colomba) di un falegname (occhio perché a quei tempi i falegnami erano una categoria ricca e privilegiata) o figlio di un principe in linea di successione a re Erode? Questa tesi, proposta di recente da uno scrittore cattolico americano, ha degli aspetti non trascurabili.
Fuori degli aspetti di fede, la vicenda della Domenica delle Palme, quale che sia la sua collocazione temporale rispetto alla crocifissione di Gesù, trascende la religione e diventa un monito per gli ambiziosi. Sugli altari oggi, nella polvere domani (Manzoni). La storia offre ampia gamma di esempi: da Scipione e Cesare ai Visir di Solimano, da Mussolini a Stalin a Ceausescu.
Su Wikipedia leggiamo. Nel cristianesimo, la Domenica delle Palme è la domenica che precede la Pasqua. In questo giorno si ricorda il trionfale Ingresso a Gerusalemme di Gesù, in sella a un asino e osannato dalla folla che lo salutava agitando rami di palma (Gv 12,12-15[1]); la folla, radunata dalle voci dell’arrivo di Gesù, stese a terra i mantelli, mentre altri tagliavano rami dagli alberi intorno, e agitandoli festosamente gli rendevano onore.
La ricorrenza è osservata da cattolici, ortodossi e alcune Chiese protestanti. Nell’attuale calendario liturgico del rito romano essa è detta anche domenica De Passione Domini (della passione del Signore). Prima della riforma liturgica, invece, era detta domenica di passione la domenica precedente le Palme, per cui quest’ultima era detta anche “seconda domenica di passione”.
Infatti, mentre una volta l’ingresso trionfale di Gesù a Gerusalemme era enfatizzato, quasi ad anticipare il voltafaccia degli ebrei, nella Messa di domani non se ne parla e si affida a Marco il compito di raccontare la scansione degli eventi, ultima cena inclusa, che culminò sul Golgota.
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Con questa festa si ricorda l’ingresso trionfale di Gesù a Gerusalemme accolto dalla folla che lo acclama come re agitando fronde e rami presi dai campi. Una tradizione legata alla ricorrenza ebraica di Sukkot durante la quale i fedeli salivano in pellegrinaggio al tempio di Gerusalemme portando un mazzetto intrecciato di palme, mirto e salice
Il Vangelo di Giovanni (Gv 11,45-56) spiega perché, nel giro di pochi giorni, il popolo di Gerusalemme passò dall’osanna al crucifige.
I capi dei sacerdoti e i farisei riunirono il sinèdrio e dissero: «Che cosa facciamo? Quest’uomo compie molti segni. Se lo lasciamo continuare così, tutti crederanno in lui, verranno i Romani e distruggeranno il nostro tempio e la nostra nazione».
Ma uno di loro, Caifa, che era sommo sacerdote quell’anno, disse loro: «Voi non capite nulla! Non vi rendete conto che è conveniente per voi che un solo uomo muoia per il popolo, e non vada in rovina la nazione intera!». Questo però non lo disse da se stesso, ma, essendo sommo sacerdote quell’anno, profetizzò che Gesù doveva morire per la nazione; e non soltanto per la nazione, ma anche per riunire insieme i figli di Dio che erano dispersi. Da quel giorno dunque decisero di ucciderlo”.