Due autorevoli report fotografano il momento dell’Italia: il primo certifica che un italiano su dieci è addirittura stakanovista lavorando 49 ore a settimana; dunque superiore alla media europea (7,1%). Il secondo documenta un fenomeno allarmante: più di un italiano su cinque è a rischio povertà; cifra inquietante che riguarda quasi 14 milioni di persone. Dati che vanno decifrati, anche alla luce delle attuali tensioni internazionali acuite da quel che succede in Medioriente (Israele, blitz su Rafah, gli USA contrari, stop agli aiuti umanitari) e dalle notizie che rimbalzano da Mosca e dintorni: il minaccioso Putin al suo quinto mandato (il più lungo dai tempi di un certo Stalin), contrasti sempre più forti con l’Occidente, i test nucleari a Minsk, Xi a Belgrado contro la Nato per le bombe del ‘99, i cyber-attacchi filo russi. Parliamone.
GLI STAKANOVISTI D’ITALIA
L’ultimo rapporto di Eurostat, cioè dell’Ufficio statistico della Unione Europea (sede centrale in Lussemburgo, attivo dal 1953), parla chiaro: gli italiani hanno lavorato un giorno in più a settimana dello standard, considerando che l’orario standard oscilla tra le 36 e 40 ore a settimana. In pratica il 9,6% degli occupati ha lavorato un giorno in più. All’opposto si trovano le Repubbliche Baltiche con percentuali tra l’1 e il 2%, ma anche i Paesi Scandinavi hanno un passo simile: la Norvegia è al 5,2%, la Finlandia al 5,7%. Il risultato è legato alla consistenza del lavoro autonomo che, tradizionalmente, è impegnato per un numero maggiore di ore rispetto alla media totale dei lavoratori. Infatti guardando solo a professionisti e partite iva, a lavorare almeno 49 ore è una percentuale molto più alta, pari al 29,3%. Il dato riportato non è quindi legato tanto al lavoro straordinario, quanto alla larga diffusione del lavoro autonomo in Italia; tipologia che spesso ha orari più lunghi di quelli contrattuali, soprattutto in settori come i servizi, le vendite e l’agricoltura. Dal Lussemburgo emerge anche un altro dato: le donne italiane che rispettano ritmi così sostenuti sono il 5,1% del totale, comunque sopra la media europea del 3,8%.
ALLARME POVERTÀ
I dati Istat pubblicati mercoledì 8 maggio parlano altrettanto chiaro: diminuiscono gli italiani a rischio povertà, ma aumenta la percentuale di chi è in grave difficoltà. L’Istat rileva nel 2023 una diminuzione del numero di individui a rischio grazie soprattutto ai sostegni pubblici (assegno unico per i figli, revisione della tassazione, vari bonus). La CGIL commenta: ”È sempre allarme povertà ed esclusione sociale”.