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Banda ultralarga, Giovanni Farese: “La priorità è portarla in tutta Italia”

«La priorità a portare la banda ultralarga in tutto il Paese fino a casa e tecnologia Fwa. La rete unica? Tempi lunghi e tabella di marcia ampiamente disattesa».

Giovanni Farese, economista, docente di Storia dell’Economia nell’Università Europea di Roma, uno dei due italiani scelti come Marshall Memorial Fellow dal German Marshall Fund of the United States nel 2017 – non ha dubbi: la concorrenza nelle telecomunicazioni va preservata come chiede l’Antitrust. 

Banda ultralarga, intervista a Giovanni Farese sul Quotidiano Nazionale

Il professor Farese è stato intervisato sul Quotidiano Nazionale a proposito della banda larga. Ne riportiamo ampi stralci.

Professor Farese, cosa pensa del Recovery Fund? «Dal punto di vista della politica europea, l’emissione di titoli di debito è un passo in avanti, che apre una prospettiva di più stretta integrazione. Dal punto di vista economico va rilevato il gap tra lo stimolo fiscale dell’Unione Europea e quello di altre aree, Stati Uniti in testa. Il Next Generation è il frutto di un compromesso politico iniziato un anno fa e approvato a luglio 2020. La ripresa dal ‘lungo Covid’ non può avvenire con un unico intervento, per quanto ingente: serve un quadro fiscale europeo più espansivo nel medio termine».

Quali opportunità offre all’Italia il Pnrr? «È una grande opportunità, soprattutto perché può accompagnare due grandi transizioni, ecologica e digitale. Il dibattito si sta spostando dalla disponibilità dei fondi alla capacità di spesa, fino alle riforme necessarie: dalla giustizia alla pubblica amministrazione. Riforme importanti, soprattutto per gli investitori esteri».

Come ricordava, la digitalizzazione è al centro. «Il 20 per cento delle risorse, più di 38 miliardi, sono vincolate alla digitalizzazione. È l’occasione per colmare il deficit digitale che colpisce amministrazioni, famiglie, imprese. Nell’Indice 2020 della Commissione europea sulla digitalizzazione, l’Italia è al terz’ultimo posto. Il ministro Colao, in linea con il Digital Compass 2030 approvato dalla Commissione, punta alla ‘piena cittadinanza digitale’».

Nelle città, o aree nere, ci sono le reti in concorrenza degli operatori privati. Nelle aree bianche, i piccoli comuni, c’è l’infrastruttura pubblica realizzata dal concessionario Open Fiber. È un modello replicabile nelle aree grigie che sono perlopiù zone industriali? «Le aree grigie sono centrali nel modello di sviluppo del nostro Paese. Le piccole e medie imprese devono essere in grado di produrre e esportare con efficienza. I distretti industriali non possono essere tagliati fuori. Vedremo se il Governo riterrà opportuno investire in modo diretto. L’importante è che queste zone siano cablate con le tecnologie più efficienti: Fiber-to-thehome (fibra fino a casa, ndr) e Fixed wireless access».

Si discute da anni di un’infrastruttura unica. Ad agosto 2020 c’è stato un memorandum tra Cdp e TIM, ma il cambio di governo ha indotto un’ulteriore riflessione. Qual è il suo parere? «Credo che sia importante accelerare la diffusione sul territorio di un’infrastruttura all’avanguardia. La formula mi sembra secondaria. C’è un profilo di politica industriale, certo, ma ve ne è anche uno di politica della concorrenza. Acque un po’ stagnanti sono state mosse dall’ingresso di Open Fiber, che ha puntato sulla rete in fibra, andando oltre il rame, una tecnologia obsoleta che ancora oggi è presente nelle reti ADSL e Fiber-to-the-cabinet (fibra fino al cabinet, ndr). L’Antitrust ha esortato il Governo a tutelare la concorrenza infrastrutturale, evidenziandone i benefici. Peraltro, la costituzione di una nuova società richiederebbe tempi lunghi tra conferimento degli asset e valutazione delle Autorità Antitrust italiane ed europee».

Il tema della concorrenza sarà anche sotto il faro europeo, se e quando alla Commissaria europea Margrethe Vestager sarà sottoposto il progetto. «Esattamente. L’Unione Europea ha una politica molto attenta a contrastare i monopoli. Del resto, in quasi tutti gli altri paesi dell’Unione esiste una competizione infrastrutturale, con la presenza di diverse infrastrutture nelle aree più redditizie. Ma non è poi detto che si arrivi dalla signora Vestager. La tabella di marcia sulla rete unica è stata fin qui disattesa, anche per una certa complessità societaria. L’impressione è che si intende prima capire se il progetto è ancora fattibile e se, in definitiva, è quello giusto per portare la banda larga in tutto il Paese».

Banda Ultralarga: Open Fiber sul podio

L’Italia, che da anni è in fondo alle classifiche europee nel digitale, sta cercando di invertire la tendenza grazie in particolare all’FTTH, la rete interamente in fibra ottica in grado di raggiungere la velocità di 1 Gigabit al secondo. Un report IDATE, che fotografa la situazione delle reti in fibra in Europa e illustra previsioni sullo sviluppo del mercato, pone l’Italia (+3.8 milioni di unità immobiliari cablate) al terzo posto nel ranking europeo di crescita per copertura FTTH (fibra fino a casa), dopo la Francia (+4,7 milioni di unità immobiliari) e davanti alla Germania (+1,9 milioni) e al Regno Unito (+1,8 milioni).

Il contributo alla crescita nel 2020 è ascrivibile per l’80% a Open Fiber che, con circa 11,5 milioni di unità immobiliari abilitate ai servizi Ultra Broadband, si conferma come di gran lunga il principale operatore italiano di reti in fibra ottica. La domanda di fibra, la cui utilità è emersa in maniera lampante con la pandemia, sta crescendo come evidenzia il rapporto DESI 2020 della Commissione Europea: la sola componente FTTH raggiunge il 30% delle famiglie italiane (la media europea è del 34%) e ha un tasso di crescita di +6,1% anno su anno, seconda solo al Regno Unito (+6,2%).

L’adozione dei servizi FTTH, per quanto in crescita, è però ancora relativamente bassa anche in Europa: il take up delle reti in fibra in Germania e Regno Unito è comparabile a quello in Italia (circa 5% Italia, 3% Germania, 3% Regno Unito) ma inferiore rispetto a Spagna e Francia, dove le reti interamente in fibra sono state realizzate da anni. Nonostante questo, per quanto riguarda la rete Open Fiber, nelle città (le cosiddette aree nere) il tasso di riempimento raggiunge il 20%, mentre nei piccoli comuni e nelle zone meno densamente popolate (aree bianche) si è registrato negli ultimi tre mesi del 2020 un fortissimo aumento degli ordini. 

(Fonte: Quotidiano Nazionale)

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