Quali sono gli assoli di batteria più iconici del rock? L’articolo di questa settimana è dedicato a tutti i batteristi, ma anche a tutti gli amanti della musica in cerca, magari, di un pretesto per andare a riascoltare del buon rock! Sarebbe infinito l’elenco dei batteristi che hanno sfoderato le bacchette per dar vita a entusiasmanti passaggi ritmici in brani memorabili. Abbiamo deciso quindi di restringere il campo prendendo in esame solo quelli che si presentano come veri e propri assoli, con uno sviluppo dinamico e tematico. Non troverete quindi in questo elenco riferimenti a stacchi, per quanto articolati, o introduzioni, per quanto movimentate.
Inoltre, per restringere ulteriormente il campo, ci siamo concentrati solo sulle registrazioni in studio, dove l’assolo di batteria è parte integrante del brano. Nelle esecuzioni live, infatti, sono moltissimi gli esempi memorabili di assoli di batteria: uno fra tutti l’assolo di Ian Paice nella versione di The Mule del live Made in Japan dei Deep Purple… ma vengono in mente anche tanti altri eroi delle pelli, da Stewart Copeland a Neil Peart, da Bill Bruford a Omar Hakim, tanto per citarne qualcuno. Qui, invece, parleremo solo di assoli registrati in studio.
Uno degli assoli di batteria più leggendari che sia mai stato registrato su disco. Moby Dick è un brano strumentale dei Led Zeppelin, incluso in Led Zeppelin II, album del 1969. Dopo un riff blues iniziale in 12 battute ripetuto due volte, la band lascia spazio alla batteria di John Bonham, che da sola costruisce sostanzialmente tutto il brano. Nelle esecuzioni live, che erano uno dei punti forti dei Led Zeppelin, Bonham spesso lanciava le bacchette e proseguiva l’assolo a mani nude.
Diciassette minuti complessivi per questo brano, che da solo riempiva l’intero secondo lato dell’omonimo album del 1968 degli Iron Butterfly. In a Gadda da Vida (pronuncia sbiascicata di “in the garden of Eden”) è stato forse il primo brano ad essere definito “heavy rock”, e include un articolato assolo di batteria di Ron Bushy. Fate attenzione però: la versione pubblicata come singolo è notevolmente tagliata per rispondere alle esigenze radiofoniche, quindi se volete godervi appieno l’assolo di batteria dovete ascoltare la versione completa dell’album!
Traccia conclusiva dell’album Abbey Road del 1969, The End si differenzia da tutti i brani della produzione dei Beatles proprio per la presenza dell’unico assolo di batteria che Ringo Starr abbia mai registrato su un album dei Fab Four. A detta di Paul McCartney, Ringo Starr aveva dichiarato di detestare gli assoli di batteria, il che rende questo esempio ancora più singolare, oltre a spiegarne la relativa brevità.
Toad è un brano strumentale inserito nel primo album dei Cream Fresh Cream del 1966. Scritta dal batterista Ginger Baker, è costituita quasi completamente da uno dei primi assoli di batteria registrato in un album rock. Questo assolo è stato di ispirazione per moltissimi batteristi, sia contemporanei che successivi. Possiamo ammirare in maniera evidente l’uso creativo del flam, l’effetto per cui due colpi si susseguono molto rapidamente, quasi come un unisono “sbagliato”, infondendo letteralmente un’anima al ritmo: l’esatto opposto di quanto troviamo nella musica “quantizzata” fatta al computer…
Tank è un brano strumentale inserito nel primo album della band, Emerson, Lake & Palmer, del 1970. L’intera parte centrale del brano è un lungo e articolato assolo di batteria di quasi tre minuti, caratterizzato dal tipico stile scoppiettante di Carl Palmer e dall’uso di gong e campane tubolari.
Quasi dieci minuti di suite che definire solo progressive sarebbe riduttivo: questa è Nothing at All, inclusa nell’album di esordio della band nel 1970, intitolato appunto Gentle Giant. Qui il batterista Martin Smith ci regala un formidabile esempio di come un assolo di batteria possa essere un asse portante dell’intero brano e non solo un abbellimento. Nella seconda parte dell’assolo, rullate e stacchi ritmici si mescolano a una citazione di Liszt al piano, in una giustapposizione che verrebbe da definire quasi un collage sonoro. Da sottolineare anche l’uso del phaser, uno dei primi esempi di utilizzo di effetti sulla batteria.
Altro assolo fra i più famosi e iconici della storia del rock, anche questo registrato nel 1970. Rat Salad è un brano strumentale incluso nell’album Paranoid. Un riff in tipico stile Black Sabbath fa da cornice all’assolo di batteria di Bill Ward, che copre la maggior parte della durata del brano.
A voler essere proprio rigorosi, qui ci affacciamo in un territorio in cui il rock incontra il jazz, ma siamo certi che dopo aver sentito il brano, e soprattutto l’assolo di batteria di Billy Cobham, ci perdonerete questa “concessione”. One Word apre il secondo lato del vinile Birds of Fire, secondo album, strumentale, della Mahavishnu Orchestra, pubblicato nel 1973. L’assolo di Cobham irrompe a circa metà del brano, zittendo gli assoli sempre più incalzanti degli altri virtuosi della band e costruendo un coinvolgente crescendo di tecnica, dinamica e velocità.
Traccia conclusiva dell’album Santana del 1969, Soul Sacrifice è uno strumentale divenuto particolarmente famoso per la sua esecuzione al festival di Woodstock, dove il batterista Michael Shrieve eseguì un assolo a dir poco epico. Ma l’assolo di batteria è già presente nella versione in studio, dove costituisce la variazione principale rispetto al tema del brano, insieme all’assolo di percussioni di Armando Peraza che lo precede.
E infine un esempio piuttosto singolare. Chocolate Chip Trip è un brano strumentale inserito nell’album dei Tool Fear Inoculum del 2019. L’intero brano è un assolo del batterista Danny Carey sopra una sequenza elettronica in 7/8… per i profani, diciamo un tempo dispari e un po’ storto, ma abbastanza normale per i Tool. L’assolo di batteria è articolato e intenso e, secondo le stesse affermazioni di Carey, ispirato a Billy Cobham.
Per concludere, vorremmo anche segnalarvi due esempi tutti italiani e assolutamente degni di nota: l’assolo di Giulio Capiozzo degli Area in FFF (Festa, Farina e Forca) dall’album 1978 Gli dei se ne vanno, gli arrabbiati restano, che potrebbe essere però considerato un’articolata introduzione al brano; e l’assolo di Walter Martino in Deep Shadows dei Goblin, contenuta nell’album Profondo rosso. Buon ascolto!
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