L’ictus è un danno cerebrale grave causato dall’interruzione del flusso sanguigno al cervello. Può manifestarsi in due forme principali: ictus ischemico, che rappresenta la forma più comune, causato dalla formazione di un coagulo di sangue in un’arteria, e ictus emorragico, che si verifica a causa della rottura di un vaso sanguigno.
Secondo gli ultimi dati, l’ictus è una delle principali cause di morte a livello mondiale e il suo impatto è in crescita costante. Nel 2021, si sono verificati circa 12 milioni di casi di ictus, con oltre 7 milioni di morti, rendendolo la terza causa di morte dopo la cardiopatia ischemica e la pandemia di Covid-19.
L’aumento dei casi di ictus è fortemente correlato a fattori di rischio ambientali e metabolici. Lo studio pubblicato su Lancet Neurology evidenzia che tra il 1990 e il 2021, il numero di persone colpite da ictus è aumentato del 70%, mentre i decessi sono cresciuti del 44%. Tra le principali cause di questo incremento vi sono l’inquinamento atmosferico, l’aumento delle temperature globali e fattori di rischio legati allo stile di vita, come sovrappeso, ipertensione e inattività fisica.
L’ictus è in gran parte prevenibile: lo studio rivela che l’84% dei casi nel 2021 è stato attribuibile a 23 fattori di rischio modificabili. Tra questi, i più rilevanti sono il sovrappeso, la pressione alta, il fumo, l’inquinamento e l’ipertensione. I fattori metabolici, come la pressione alta e l’eccesso di colesterolo, contribuiscono al 66-70% dei casi a livello globale.
Le attuali strategie di prevenzione, tuttavia, non risultano sufficienti. Valery Feigin, autore principale dello studio, sottolinea che è necessaria un’azione più efficace per ridurre l’incidenza dell’ictus a livello mondiale.
Un ulteriore fattore di rischio per l’ictus è l’esposizione ai metalli tossici. Un recente studio condotto dalla Columbia University ha dimostrato che l’inquinamento da metalli pesanti è associato all’accumulo di placca nelle arterie, condizione che aumenta il rischio di ictus. L’esposizione a metalli come cadmio, tungsteno, uranio e rame può portare a un accumulo di calcio nelle arterie coronarie, un fenomeno noto come aterosclerosi.
L’aterosclerosi è una condizione pericolosa in cui le arterie si induriscono e si restringono, limitando il flusso sanguigno e aumentando il rischio di formazione di coaguli. Questa patologia è la causa principale di infarti e ictus, e viene aggravata dall’inquinamento ambientale. Le principali fonti di esposizione ai metalli derivano da attività agricole e industriali, oltre che dal fumo di tabacco.
Le attività agricole e industriali rappresentano una delle principali fonti di inquinamento da metalli. Sostanze come il cadmio e il tungsteno, utilizzati in fertilizzanti, batterie e produzione di petrolio, contribuiscono all’inquinamento ambientale, aumentando il rischio di malattie cardiovascolari.
Lo studio della Columbia University ha monitorato i livelli di metalli nelle urine di oltre 6.000 individui per determinare l’impatto dell’esposizione a questi elementi. I risultati confermano che l’accumulo di calcio nelle arterie coronarie, un precursore dell’ictus, è paragonabile a quello causato da altri fattori di rischio ben noti, come il fumo e il diabete.
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