Il tocco magico di Jeff Bezos, fondatore e padre padrone di Amazon, non è bastato a far volare il giornale americano Washington Post. Anzi, il mitico quotidiano che avviò la caduta del presidente Richard Nixon, è diventat palcoscenico di un dramma quasi shakespeariano, visto che coinvolge alcuni dei più noti giornalisti inglesi.
Dopo un periodo fortunato durante la presidenza Trump, in cui il Washington Post ha conseguito, anche grazie alla lingua inglese, milioni di abbonati, a partire dal 2020, con l’arrivo alla Casa Bianca di Joe Biden, il giornale ha perso lettori mentre Bezos, forse esaltato dal successo iniziale, assumeva troppi giornalisti, arrivando a raddoppiare l’organico. Risultato; nel 2023 la perdita è stata di 77 milioni di perdita
Ciò conferma che quello dei giornali è un business più difficile di tutti gli altri.
Una peculiarità è che la forza operaia è costituita da giornalisti. Essi ovviamente operai non sono e nemmeno impiegati.
La loro voce arriva ai Governi, le loro azioni possono essere fuori di ogni regola. E soprattutto scrivono.
Bezos al Post sta toccando con mano come possa essere complicato possedere un giornale.
Da un lato scopre quanto sia difficile tentare di applicare al mondo editoriale la sua capacità innovativa e di visione. Dall’altro tocca con mano quali difficili animali siano i giornalisti e le redazioni dei giornali riunite in assemblea.
Le vicende di Bezos e del Post sono oggetto di due lunghi articoli di Benjamin Mullin e Katie Robertson sul New York Times e di Anna Nicolau sul Financial Times.
I giornalisti del Post hanno montato una grande polemica attorno a Will Lewis, inglese (e già questo non va bene), neo amministratore delegato del giornale, ex uomo di fiducia di Rupert Murdoch a Londra e protagonista del successo editoriale del Wall Street Journal (di cui Murdoch è proprietario), disoccupato da alcuni anni per avere resistito alle pressioni del governo cinese.
Chi conosce un po’ il mondo dei giornali inclina a pensare che dietro la schermaglia contro Lewis ci sia la paura di tagli massicci all’organico redazionale o di ricicli in mansioni meno importanti e gratificanti.
L’ultima è che il vicedirettore del Telegraph di Londra, Robert Winnett, non entrerà più a far parte del Washington Post come direttore, un’inversione di rotta che avviene mentre era sotto crescente esame per le tattiche che usava come giornalista nel Regno Unito.
Nei prossimi giorni e settimane vedremo gli sviluppi.
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