La dura vita delle lavoratrici domestiche straniere in Kuwait

Una domestica filippina

Nel kuwait centinaia di lavoratrici domestiche nepalesi, filippine, indonesiane e di altri Paesi asiatici si rifugiano nelle rispettive ambasciate dopo esser fuggite da datori di lavoro che le sfruttavano o le molestavano sessualmente. Nell’ambasciata delle Filippine sono stipate oltre 200 donne che dormono sui loro bagagli o cantano in coro le canzoni dei loro artisti preferiti.

Dozzine di donne nepalesi fuggite dai loro datori di lavoro occupano l’ingresso della loro ambasciata e dormono per terra. Le fuggitive indonesiane sono talmente tante che hanno lasciato un seminterrato dell’ambasciata strapieno trasferendosi in una sala per le preghiere.

Nelle prossime settimane, quando comincerà il Ramadan, la situazione per le lavoratrici domestiche in Kuwait peggiorerà ulteriormente. Le famiglie kuwaitiane non vanno a dormire fino alle prime ore del mattino, e le loro ”badanti” devono restare alzate con loro, cucinare di più, lavorare di più e dormire di meno.

Rosflor Armada, rifugiata presso la rappresentanza filippina, ha dichiarato al New York Times che durante il Ramadan dello scorso anno ha cucinato tutto il giorno per il pranzo della sera e le era consentito di dormire solo due ore per notte.

L’esistenza di questi ”rifugi” riflette una dura realtà in Kuwait. La protezione nei confronti dei datori di lavoro che non pagano, che le fanno lavorare fino allo stremo e che abusano di loro, per queste donne è scarsa, e quando non ne possono più non resta che la fuga. E le poche leggi esistenti in materia, nelle dispute tendono a dare ragione ai datori di lavoro, che spesso devono pagare duemila dollari alle agenzie che forniscono le donne.

Il Kuwait non è il solo ad avere questo tipo di problemi, che si riscontrano anche in svariati Paesi del Medio-Oriente. Ma nel Kuwait lo sfruttamento delle domestiche è particolarmente duro. E le condizioni per certe lavoratrici nel 2010 hanno spinto il dipartimento di stato a fare un rapporto in cui si accusano il Kuwait ed altri 12 Paesi di non fare abbastanza per prevenire il traffico di esseri umani.

Il Kuwait ospita circa 650 mila lavoratrici domestiche e i funzionari governativi affermano che sono trattate bene e considerate parte della famiglia che le impiega. Ma anche per le donne che non sono maltrattate la vita è dura e il tempo libero molto raro. Alcni datori di lavoro impediscono che abbiano contatti con amiche. Vivono quindi vite spartane inviando tutto quello che guadagnano alle famiglie nei Paesi d’origine.

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