La Chiesa e gli ebrei, secoli di persecuzioni e riabilitazioni

Papa Gregorio I, noto anche come Gregorio Magno, fu il primo a vietare di "vituperare gli ebrei"

Ventiquattro anni dopo Wojtyla, per la seconda volta un Papa ha varcato la porta della Sinagoga di Roma.

Si tratta di una visita importante: Ratzinger, il pontefice tedesco ha inteso proseguire sulla linea di un dialogo interreligioso difficile al di là delle nobili intenzioni. La storia è lì a raccontare secoli in cui la Chiesa di Roma ha vessato gli ebrei, in nome di una superiorità che solo fino a pochissimi anni fa era ancora contenuta nelle invocazioni della liturgia ufficiale (Pro conversione Judaeorum). Dalle prime persecuzioni alla nascita del ghetto, dai battesimi forzati alle recenti polemiche sul silenzio di Pio XII sulle deportazioni naziste, la visita si iscrive in un percorso fatto di abiure e riabilitazioni, discriminazioni e attestati di amicizia.

Tutto comincia con Costantino che proibisce i matrimoni tra ebrei e cristiani. L’ ebraismo è la prima religione che adori un solo Dio, ma per i romani si tratta di una religione pagana; così, oltre ai matrimoni misti, viene proibito agli ebrei di  avere un servo cristiano.

Con la caduta dell’impero romano il primo a parlare a nome della Chiesa contro gli ebrei è San Giovanni Crisostomo, che equipara la Sinagoga a un bordello. Così la  comunità ebraica di Roma, la più antica d’ Occidente, durante la preghiera del Sabato viene molestata e molte sinagoghe vengono trasformate in chiese cristiane.

L’antisemitismo continua nei decenni ad essere presente in forma molto diffusa. Il primo Papa a prendere le loro difese è Gregorio Magno, che con una bolla proibisce «di vituperare gli ebrei».

La bolla di Gregorio Magno tuttavia non porta a grandi risultati. Gregorio VII fa sapere al re di Spagna che «dare incarichi agli ebrei più importanti di quelli che ai cristiani significa opprimere la Chiesa ed esaltare la Sinagoga dei pagani»: nel 1215 con il Concilio Lateranense  viene addirittura proibito loro l’accesso agli uffici pubblici e vengono di nuovo condannate le unioni fra cristiani e donne giudee o tra Giudei e donne cristiane. Il Concilio stabilisce una distinzione pubblica da parte degli ebrei che serve ad «evitare unioni tanto riprovevoli».

La discriminazione religiosa  si trasforma anche in economica. I Crociati di Innocenzo III possono far incetta di denaro fresco dagli ebrei senza pagare interessi.

Nel 1244 invece, Innocenzo IV manda al rogo il Talmud, il Libro della Legge e ventiquattro anni dopo fa bruciare la sinagoga di Trastevere. Vengono distrutti 21 rotoli della Torah. Un nuovo falò per il Talmud viene ordinato da Giovanni XXII nel 1322, benché la comunità ebraica abbia offerto fino a centomila monete d’ oro per salvarlo. «Voi continuate a chiudere gli occhi alla vera fede», sentenzia invece Bonifacio VIII, condannando al rogo il rabbino capo Elia de Pomis ben Samuel.

Poi arriva Martino V, il Papa che ordina la fine di ogni persecuzione: «Gli ebrei soni creati a immagine di Dio come tutti gli altri uomini» dice il Papa che ha i medici di fiducia di religione ebraica.

Con Eugenio IV ricomincia la persecuzione verso i figli di Abramo: nel 1431 viene proibito ogni tipo di commercio, ordinato agli ebrei di concentrarsi in un solo quartiere e di portare un marchio di distinzione.

Con Alessandro VI, un Borgia, si interrompe di nuovo il terrore. È suo ospite in Vaticano più volte il rabbino capo di Roma, protegge gli ebrei cacciati dall’ Inquisizione spagnola nel 1492 e istituisce la prima cattedra di Ebraico all’ Università di Roma. La pace continua a regnare anche con altri papi rinascimentali, da Leone X a Paolo III che sospende le rappresentazioni della Passione di Cristo al Colosseo per evitare le aggressioni agli ebrei.

Con l’ elezione di Paolo IV, capo dell’ Inquisizione, torna ancora una volta il terrore: confische di libri di preghiera, Talmud all’ Indice. La piattaforma repressiva è definita dalla “Cum nimis absurdum”, una bolla che ordina cappello giallo per i maschi e sciarpa gialla per le femmine, vieta il commercio (tranne la raccolta di stracci), erige il ghetto, fa distruggere tutte le sinagoghe tranne quella dentro il muro. A Campo dei Fiori vanno in scena di continuo i roghi degli ebrei. «È assurdo – dice la bolla – che gli ebrei, condannati da Dio per loro colpa a perenne schiavitù, pretendano che i cristiani li amino e accettino di vivere in stretta prossimità con loro».

La repressione continua con il regno di Pio V e viene interrotta nuovamente da Sisto V, un altro Papa-re “illuminato”. Poi, nel 1775 arriva però “l’editto sugli Ebrei” di Pio VI che stabilisce che pranzare con gli ebrei è un reato per i cristiani.

Sarà Pio IX, l’ultimo Papa-re, a ordinare di smantellare le mura del ghetto nel 1848. Questa apertura da parte della Chiesa di Roma viene confermata dal Concilio Vaticano II del 1965 di Pio IX che con la dichiarazione “Nostra aetate” che assomiglia a una formale confessione di colpa.

Poi arriva, in ordine di tempo, la visita di Papa Giovanni Paolo II ed oggi quella di Papa Ratzinger.

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