La chiesa è vuota? Ma chi lo dice? La domenica forse c’è meno gente di un tempo ma battesimi, prime comunioni, matrimoni e soprattutto i funerali la riempiono.
Ma quali chiese vuote, disastro per la religione cattolica ma anche per le altre con la secolarizzazione che svuota le coscienze ma anche i templi sacri!
E’ il contrario: se la frequenza al rito domenicale, la Santa Messa, si è ridotta in Italia al 4-5%, invece i cosidetti “riti di passaggio” riempiono le chiese all’80%! Cifra quasi incredibile.
Ma cosa sono i riti di passaggio? I battesimi, le prime comunioni, i matrimoni, perfino le cresime e soprattutto i funerali, in ogni forma religiosa. In questi casi vediamo di nuovo le chiese riempirsi.
Con un libro dal titolo esplosivo, ben calzato sulla crisi di oggi
“Senza più domenica”, Luigi Berzano, sociologo, teologo, prete, scrittore molto prolifico, compie il suo viaggio rivoluzionario nella spiritualità secolarizzata e annuncia scoperte clamorose e una nuova teologia.
È il dato più eclatante, mentre il mondo discute della crisi della Chiesa, della “Chiesa che brucia”, come ha scritto Andrea Riccardi nel suo libro rivelatore, mentre il Sinodo ha anche affrontato i nodi della desertificazione religiosa, è quello che capovolge la sensazione comune delle chiese sempre più deserte.
Uno dei top della presenza nelle chiese è la messa di trigesima, quella che si celebra a 30 giorni dalla morte, spiega Berzano, ed anche nella recita dei rosari, prima del funerale, un rito che un tempo era scandito dalla recita secca di cinque misteri.
Accompagnati da altrettante “Ave Maria”, la preghiera base del credo cattolico e oggi si svolge in tutt’altro modo, con interventi, letture, canti, richiamando in chiesa un pubblico folto.
L’analisi capovolta di Luigi Berzano, contenuta nel suo libro e nelle conferenze che sta facendo in giro per l’Italia, parte proprio dalla domanda apocalittica: questa è la fine del cristianesimo, i cristiani sono oramai una minoranza che si sta estinguendo.
Non si può arrivare a questa conclusione, basandosi solo sulla frequenza al rito festivo domenicale, spiega l’autore “rivoluzionario”, che analizza l’errore di valutazione non solo con il paragone dei “riti di passaggio”, ma affondando nella storia della Chiesa.
“Tutto era cambiato con il concilio di Trento, racconta, che per reagire all’ondata di protestantesimo che arrivava da Lutero impose, tra l’altro, l’obbligo della messa domenicale.
La Chiesa cattolica doveva difendersi, serrare le fila. Era il 1500 in un mondo diverso. Oggi quell’obbligo non è più sostenibile. Alla domenica non lavorava nessuno, oggi è completamente diverso, almeno il 50 per cento dei possibili fedeli sono impegnati. Alla domenica non si va in chiesa perché è spesso difficile.”
Ci sono vescovi, come quello di Pinerolo, Derio Olivero, che avverte e approfondisce, nella post fazione al libro “rivoluzionario” un principio chiave: la Chiesa diventa minoranza, guai a diventare una setta.
E ancora: La Chiesa è dialogo, relazione e in questa luce il cambiamento sociologico in atto stimola la Chiesa a modellare la sua forma per incontrare gli uomini e le donne di oggi, per essere all’altezza del giorno che vive.
Secondo Bersezio bisogna ripartire dall’inizio per capire come ci si deve impegnare in una situazione così diversa. E la partenza sono tre figure: 1) Gesù, detto Rabby; 2) I discepoli; 3) le folle.
Il più delle volte Gesù dialoga con le folle poi cosa succede quando sono i discepoli a confontarsi con le folle? Questo ragionamento porta a ragionare su una “nuova teologia” che cambi il rapporto discepoli-folla, oggi tra sacerdoti e pubblico, fedele o di passaggio: oggi chi fa parte della Chiesa che è il luogo di Dio?
Si potrebbe rispondere non il 4 o 5 per cento che va a Messa la domenica, ma la folla che core ai riti di passaggio.
E’ lì che la chiesa deve lavorare. Berzano critica i sacerdoti che dal pulpito, in occasioni di grande eventi, come il Natale o la Pasqua, si scagliano contro chi in quel momento riempie la Chiesa, contestando la presenza saltuaria e apparentemente mondana.
La parola chiave per “catturare” nei riti di passaggio i fedeli è “accasamento”. Il rito serve a fare mettere le radici, a dare la sensazione che si “abiti” il tempio non occasionalmente.
Questo succede in maniera più evidente durante i funerali, nei quali la Liturgia ha una funzione quasi terapeutica perché rassicura sul fatto che sì, siamo nati, ma poi, dopo la morte, possiamo avere una certezza su come chi se ne è andato ha una sistemazione sicura. Andare al cimitero dopo la cerimonia ha questo senso rassicurativo, perché la paura profonda è proprio quella di non sistemare il defunto.
Secondo l’autore la forza di una teologia che torna alle origini della follla e dei discepoli è proprio quella espressa dalla collettività, dallo stare insieme, dal non disperdersi, dall’unirsi nei momenti chiave della vita, che i sacramenti della Chiesa hanno sempre celebrato.
Ecco allora che cambia il ragionamento sulla domenica con le chiese vuote, ridotte al 4-5 %, piena sopratutto di anziani.
“Ma oggi non esiste nessuna organizzazione che può pretendere di imporre ogni 8 giorni un rito totalizzante come la messa domenicale, dice Berzano. La regolamentazione rigida degli 8 giorni non funziona più, non è sostenibile, come non è sostenibile la dispersione dopo”.
E come si spiegano, di fronte a quella scarsa presenza domenicale, le riunione di migliaia e migliaia di giovani quando ci sono i grandi eventi della Chiesa? A volte questi giovani che corrono dal papa sono milioni!
Secondo questa nuova teologia, la liturgia deve cambiare e deve trovare nuove regole, necessarie anche perché la Chiesa è terremotata da cambiamenti imposti dalla secolarizzazione.
“Ci vuole un Rinascimento liturgico, osserva Berzano, che prenda atto dei cambiamenti oggettivi. Non solo la mancanza di presbiteri, ma per esempio il cambio di roccaforti della vecchia liturgia. Una volta c’erano le parrocchie di appartenenza con confini precisi disegnati nei secoli, immutabili. Oggi ci sono le parrocchie di riferimento, scelte dai fedeli con altri criteri che non quelli geografici dei vecchi confini”.
Perchè non prendere atto di questa realtà? Perchè non prendere atto del cambiamento?
La sostanza poi di questo cambio sarebbe la ricerca di chi non crede, ma magari vorrebbe: si chiama anateismo e secondo Berzano è il cammino verso Dio di chi non ci crede ma cerca nella spiritualità, magari anche nella costante presenza ai riti collettivi di passaggio, una strada. Non è un caso che oggi forse Gesù, Dio, la Chiesa vogliono dire qualcosa di diverso nella società moderna e secolarizzata, ma percorsa da una necessità di spiritualità.
E non è neppure un caso che il messaggio evangelico affascini di più i non credenti che i credenti.
E che un papa come Francesco sia considerato un leader mondiale più dai secolarizzati che dai fedeli cattolici.
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