Dominique Pelicot, imputato principale nel processo per gli stupri di Mazan, è stato condannato alla pena massima di 20 anni di reclusione dal tribunale di Avignone. La sentenza, emessa alla presenza dell’imputato, della moglie Gisèle e dei loro tre figli, lo ha dichiarato colpevole di stupro aggravato e altri gravi reati. Pelicot è stato accusato di aver drogato la moglie per quasi dieci anni, abusandola e permettendo a decine di uomini di fare lo stesso mentre era incosciente.
Il processo, iniziato il 2 settembre, ha coinvolto altri 50 imputati, tutti condannati per il loro ruolo nelle violenze. Tuttavia, si ritiene che circa 30 uomini abbiano partecipato senza essere identificati o processati. Ulteriori accuse contro Pelicot riguardano la registrazione di immagini intime della figlia Caroline e delle nipoti mentre dormivano, in uno stato di vulnerabilità.
Gisèle Pelicot, oggi 72enne, è diventata un simbolo di forza e determinazione. Ha voluto che il processo fosse pubblico e che i video delle violenze, conservati dal marito, fossero mostrati in aula per esporre i colpevoli. “La vergogna non è mia, ma loro”, ha dichiarato. Durante una testimonianza, Gisèle ha affrontato il tema della banalizzazione dello stupro, denunciando la cultura patriarcale che lo rende possibile: “Questo processo è il processo alla vigliaccheria. È tempo che la società cambi il modo in cui guarda al tema del consenso e alla violenza di genere”.
Le sue parole hanno scosso l’opinione pubblica, sottolineando il coraggio di una donna che ha trasformato un’esperienza di estrema sofferenza in un potente atto di denuncia contro l’ingiustizia e la complicità sociale.