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La musica classica nel rock: Jethro Tull, Jeff Beck, Radiohead…

Nell’immaginario comune il rock, nel suo senso più ampio, è una musica di rottura, che ci ha liberato dalla pomposità della musica austera dei compositori classici. Eppure, come succede spesso con le contrapposizioni che non accettano sfumature, questo è vero solo in parte. In questo articolo vedremo, attraverso alcuni esempi, che la musica classica nel rock ha continuato spesso ad essere un riferimento e una tradizione. Agli albori del rock’n’roll, Chuck Berry faceva riferimento a un grande compositore classico nel 1956 nella sua Roll Over Beethoven: evidentemente, anche volendo affrancarsi da quella tradizione, non era veramente possibile ignorarla.

In tempi più recenti, molti eroi della chitarra elettrica distorta si sono esplicitamente ispirati a composizioni classiche, soprattutto in ambito metal. Tra questi, basterà citare Yngwie Malmsteen e il suo arrangiamento dei 24 Capricci di Paganini. Nel 1975, il cantante americano Eric Carmen scrisse e registrò un brano che sarebbe divenuto celeberrimo nella versione successiva di Celine Dion: All By Myself. Eppure diversi passaggi melodici e armonici risultarono essere singolarmente simili al secondo movimento del Concerto per pianoforte e orchestra n. 2 in do minore di Sergei Rachmaninoff, composto nei primissimi anni del Novecento. Il buffo risultato è che oggi ci ritroviamo con un brano pop a firma Eric Carmen e Sergei Rachmaninoff!

Forse, però, dovremmo anche chiarirci su cosa intendiamo per musica classica… perché nella nostra concezione “moderna” tendiamo ad associare Beethoven, Paganini e Rachmaninoff come se fossero la stessa cosa. Ma se qualcuno avesse detto a Beethoven che faceva “musica classica”, probabilmente lui l’avrebbe scaraventato fuori dalla finestra! Il grande Ludwig era infatti uno strenuo rappresentante del romanticismo, che rinnegava molti tratti del classicismo del secolo precedente: un po’ come paragonare Claudio Villa a Marylin Manson… Allora, forse sarebbe più corretto parlare di musica “antica” o, come si faceva fino agli anni Sessanta, di musica “colta”, contrapposta a quella “popolare”, o pop. Anche in questo caso, però, faremmo un torto agli sforzi fatti in particolare negli anni Sessanta e Sessanta da musicisti di ogni estrazione per abbattere questa distinzione, considerata discriminatoria.

Sarebbe un po’ sminuire il duro lavoro di cantanti come Cathy Berberian, o di compositori come Stockhausen, che contribuì allo sviluppo del Krautrock, o di musicisti come Klaus Schulze o Brian Eno. Alla fine, forse, la musica è musica e ogni tentativo di classificarla e ingabbiarla in definizioni di “genere” è destinata miseramente a fallire… E allora noi, per ora, in mancanza di termini migliori, parleremo di musica classica nel rock, sapendo però che includiamo quella barocca, romantica, contemporanea, eccetera.

Citazioni e omaggi attraverso i generi

Se è vero che il metal ha fatto delle atmosfere “classiche” un suo marchio di fabbrica, di fatto le citazioni e gli omaggi del rock (sempre in senso molto ampio) alla musica scritta dai nostri antenati attraversano da sempre tutti i generi e le epoche storiche. Sting, ad esempio, ha costruito il suo brano Russians sul tema della Romanza tratta da Il luogotenente Kize di Prokofiev del 1934. De André ha spesso basato i propri brani su musiche prese in prestito. È il caso della Canzone dell’amore perduto, elaborazione del Concerto per tromba di Telemann degli inizi del Settecento. Agnese di Ivan Graziani è costruita sulla Sonatina in sol maggiore di Muzio Clementi della fine del Settecento. E, restando in ambito italiano, si potrebbero fare ancora molti esempi che prendono in prestito arie di opere e composizioni antiche.

Anche i Beach Boys, in Lady Lynda, si sono ispirati a un corale del 1723 di Johann Sebastian Bach, il quale in generale è tra gli autori più gettonati: Herz und Mund und Tat und Leben. Di nuovo Bach, questa volta l’inno sacro Membra Jesu Nostri, è alla base di Bridge Over Troubled Water di Simon & Garfunkel. In ambito prog si possono trovare tantissimi esempi, ma tra i più espliciti citerei i Nice con il loro Rondo, che riprende la Toccata e fuga in re minore ancora di Bach, e anche con la loro Third Movement, Acceptance Brandeburgher, che riprende invece il primo movimento del Terzo concerto brandeburghese di Bach. E poi, sempre molto espliciti, gli Yes, che in Cans and Brahms riprendono la Quarta sinfonia di Brahms del 1884.

In Damage, Inc. dei Metallica possiamo ritrovare ancora Bach, con Komm, süßer Tod, komm selge Ruh, scritta negli anni Trenta del Settecento, mentre di nuovo la sua Toccata e fuga in re minore, di una trentina di anni prima, è esplicitamente citata in Plug In Baby dei Muse. Nell’intro di Light My Fire dei Doors, poi, ritroviamo l’Invenzione in fa maggiore sempre del solito Bach. E gli esempi potrebbero essere ancora tantissimi… Tanto che alcune volte, però, qualcuno si è lasciato un po’ prendere la mano in questa ricerca di citazioni e ispirazioni.

C’è infatti chi sostiene ad esempio che Black Sabbath dei Black Sabbath abbia preso in prestito il tema di Mars: the Bringer of War, tratta dalla suite del compositore britannico Gustav Holz I pianeti, scritta intorno al 1915. È vero che entrambi i brani si basano sulla ripetizione dello stesso intervallo caratteristico, la quinta diminuita, ma personalmente penso che sia un po’ poco per sostenere una derivazione o una parentela. Nell’elenco che segue, invece, vi propongo alcuni esempi particolarmente calzanti.

Procol Harum, A Whiter Shade of Pale

Primo singolo dei britannici Procol Harum, pubblicato nel 1967, A Whiter Shade of Pale è palesemente costruito sulla cosiddetta Aria sulla quarta corda di Johann Sebastian Bach, per quanto Gary Brooker sostenesse di aver preso solo le prime due battute dal compositore tedesco. L’Aria sulla quarta corda è in realtà un arrangiamento di fine Ottocento del secondo movimento della Suite orchestrale n. 3 in re maggiore, che risale agli inizi del Settecento. L’arrangiamento in questione è opera del violinista August Wilhelmj, che cambiò la tonalità dell’aria per poterla suonare su un solo violino invece dell’ensemble originale che prevedeva due violini, viola e basso continuo. Questo è il primo video ufficiale di A Whiter Shade of Pale, all’epoca censurato dalla BBC per la presenza di immagini della guerra in Vietnam. In seguito i Procol Harum produssero un secondo video.

Emerson, Lake & Palmer, Pictures at an Exhibition

Pubblicato nel 1971, Pictures at an Exhibition è il terzo album di Emerson, Lake & Palmer, il primo registrato dal vivo. L’album è composto da brani tratti dall’opera Quadri di un’esposizione del 1874 del compositore russo Modest Petrovic Musorgskij, alternati a parti originali della band, descritte come variazioni su temi dell’opera. Il tutto in un arrangiamento rock che ha fatto storia! Nel video, un estratto dell’album eseguito dal vivo a Montreal nel 1977.

Jethro Tull, Bourée

Altro famosissimo arrangiamento di un brano “classico”. La Suite per liuto n. 1 in mi minore, di nuovo di Johann Sebastian Bach, è una composizione dei primi anni del Settecento. Nel 1969 i Jethro Tull pubblicarono questo arrangiamento strumentale di Ian Anderson del quinto movimento della suite nel loro album Stand Up. Qui il tema è chiaramente quello di Bach, ma la parte centrale del brano è una base di improvvisazione per gli assoli creata appositamente. Nel video, i Jethro Tull all’opera in un programma televisivo francese nel 1969.

Andrew Lloyd Webber, I Don’t Know How to Love Him

Quando nel 1971 la coppia d’oro Andrew Lloyd Webber e Tim Rice partorirono il musical Jesus Christ Superstar, fu immediatamente un grande successo. Tanto che, solo due anni dopo la prima rappresentazione teatrale, ne venne realizzata la celebre versione cinematografica. I Don’t Know How to Love Him, cantata da Yvonne Elimann in entrambe le versioni, teatrale e cinematografica, divenne subito una hit e un momento fondamentale dell’opera. Negli anni, infatti, venne ripresa e reinterpretata da moltissimi artisti, inclusa Sinead O’Connor. In realtà il brano era stato già pubblicato con un testo diverso e il titolo di Kansas Morning nel 1967. Il tema principale e la melodia vocale riprendono molto da vicino il tema del secondo movimento del Concerto per violino in mi minore di Mendelssohn, la cui prima esecuzione risale al 1845. Si tratta di un movimento spesso descritto come “romanza senza parole”, il che indica chiaramente quanto si presti bene a diventare una canzone romantica con l’aggiunta del testo giusto. Ma Lloyd Webber lo arrangia nella forma di una vera e propria canzone, sviluppando inoltre il tema in maniera originale. Nel video un estratto dal film del 1973.

Jeff Beck, Beck’s Bolero

Il bolero è una forma musicale di danza popolare spagnola, caratterizzata da un ritmo in 3/4. Ma da quando il compositore francese Maurice Ravel scrisse il suo famoso Bolero nel 1928, è a questo che inevitabilmente pensiamo tutti. Il pezzo gli era stato commissionato da Ida Rubinstein, celebre danzatrice russa, e divenne subito famoso. Si trattava di un’opera per una grande orchestra, ma voleva anche essere un’opera di rottura con gli stilemi della musica “classica”, con un tema che si rifaceva alla tradizione sufi e il caratteristico andamento ritmico ossessivo. Nel 1966 Jeff Beck, in procinto di lasciare gli Yardbirds, pubblicò il suo Beck’s Bolero come singolo, per poi inserirlo nel suo primo album solista, Truth. In questa registrazione compaiono Jimmy Page, coautore del brano, alla chitarra a 12 corde, John Paul Jones al basso e Keith Moon alla batteria.

Il riferimento al Bolero di Ravel è esplicito nel titolo, ma in realtà si concretizza solo nella parte ritmica ossessiva, che è ripresa sostanzialmente identica. Il tema invece è originale, come anche il riff della parte centrale del brano. Jeff Beck qui mette in mostra tutte le sue incredibili doti di chitarrista, in un brano che era davvero all’avanguardia per i suoi tempi. Continuò a suonarlo ai concerti fino ai giorni nostri. Vi consiglio di ascoltare l’originale degli anni Sessanta, ma anche la versione del 2007 del Live at Ronnie Scott’s con Vinnie Colaiuta alla batteria e Tal Wilkenfeld al basso. Nel video, invece, vi propongo un’esecuzione dal vivo del 2016 negli Stati Uniti.

Santana, Love of my Life

Love of my Life è un brano di Santana e Dave Matthews, incluso nell’album Supernatural del 1999. È il diciottesimo album di Santana ed è ricco di collaborazioni importanti, fra cui anche Eric Clapton. Per quanto possano apparire lontani questi due mondi musicali, nel tema della chitarra e della melodia vocale troviamo una citazione piuttosto precisa del terzo movimento della Sinfonia n. 3 in fa maggiore di Brahms, scritta dal compositore tedesco nel 1883. Questo terzo movimento, in particolare, detta l’atmosfera di tutta la sinfonia, donandole il carattere struggente che contribuisce a renderla un’opera squisitamente romantica. Nel video, Santana e Dave Matthews eseguono il brano dal vivo nel 2000.

Rainbow, Difficult to Cure

Difficult to Cure è il brano strumentale che chiude l’omonimo album dei Rainbow di Richie Blackmore del 1981. Dopo un’introduzione di chitarra, il tema diventa immediatamente riconoscibile come il celebre Inno alla Gioia del quarto movimento della Nona Sinfonia di Beethoven, la cui prima esecuzione ebbe luogo a Vienna nel 1824. Il coro dell’Inno alla Gioia era costruito su un testo di Schiller, un’ode alla fratellanza dei popoli in perfetto stile romantico che, in pieno periodo di Restaurazione e nel centro del potere asburgico, doveva risultare anche un po’ rivoluzionario. Nel video, i Rainbow eseguono il brano nel loro live al Budokan nel 1984: in questa versione, inseriscono un dialogo tra orchestra e band rock che mostra quanto Difficult to Cure sia una rielaborazione ispirata al celebre tema di Beethoven, più che una semplice versione in chiave rock.

Radiohead, Exit Music (For a Film)

Scritta esplicitamente per i titoli di coda del film Romeo + Giulietta di William Shakespeare del 1996 diretto da Baz Luhrmann, Exit Music (For a Film) venne poi pubblicata nell’album Ok Computer del 1997. Il tema è chiaramente ripreso dal Preludio op. 28 n. 4 di Fryderyk Chopin, compositore polacco che lo scrisse tra il 1838 e il 1839, includendolo nella sua raccolta di 24 preludi per pianoforte. Nel video, la traccia originale dei Radiohead da Ok Computer, ma vi consiglio di riascoltare anche il Preludio di Chopin

Aphrodite’s Child, Rain and Tears

Questo è uno dei tanti brani che si dice si rifacciano al Canone di Pachelbel, ma in questo caso mi sembra di poter confermare senza dubbi. Il Canone di Pachelbel è una composizione barocca probabilmente della seconda metà del Seicento attribuita al musicista tedesco Johann Pachelbel. La forma di “canone” indica che la melodia viene ripresa come un’eco dalle voci, in questo caso dai tre violini dell’orchestrazione, che partono a due battute di distanza l’uno dall’altro. Il basso continuo intanto ripete ossessivamente una sequenza di note per garantire il fondamento armonico.

È proprio questa sequenza al basso continuo la parte principale che è stata ripresa diverse volte nella storia della musica, fino al pop degli anni Sessanta e Settanta, che trasformò un’opera poco nota della musica barocca, il Canone appunto, in un punto di riferimento culturale universalmente conosciuto. I primi a utilizzarlo esplicitamente sembra siano stati i Nirvana (non quelli… un gruppo inglese meno noto degli anni Sessanta), che nel 1967 ne fecero la base per loro Tiny Goddess. L’anno dopo arrivò Rain and Tears dei greci Aphrodite’s Child, pubblicata nel loro album di esordio End of the World. Sul singolo, Pachelbel era riportato tra gli autori. Si tratta naturalmente di una rielaborazione, per quanto i riferimenti siano molto espliciti.

È buffo che lo stesso Canone di Pachelbel sia spesso indicato come fonte di ispirazione per molti altri successi di generi musicali molto diversi, da I Should Be So Lucky di Kylie Minogue, a Go West dei Village People, da Basket Case dei Green Day a Don’t Look Back in Anger degli Oasis. Credo però che ci troviamo di fronte a uno di quei casi in cui qualcuno si è lasciato un po’ prendere la mano: la sequenza armonica, infatti, è diventata uno standard della musica occidentale e forse è un po’ azzardato supporre una parentela tra molti di questi brani e il Canone di Pachelbel. Nel video, gli Aphrodite’s Child dal vivo nel 1968 in Francia.

Evanescence, Lacrymosa

Non potevo concludere questo articolo senza una citazione di Mozart! La prima pubblicazione di Lacrymosa degli Evanescence risale al 2006, anno di pubblicazione dell’album The Open Door. Qui un’orchestra e un coro che canta l’originale mozartiano fanno da base e contrappunto alla melodia vocale e all’arrangiamento gothic metal della band. Nel 2017 gli Evanescence pubblicarono un nuovo arrangiamento del brano per il loro live Synthesis. Il titolo si riferisce già esplicitamente a una sezione della Messa di requiem in re minore di Wolfgang Amadeus Mozart.

La musica, poi, ne testimonia palesemente la derivazione. La Messa è l’ultima opera che il compositore austriaco scrisse, nel 1971. L’opera in realtà rimase incompiuta e venne terminata da un suo allievo dopo la morte di Mozart. Questo alimentò negli anni le leggende, tanto da far nascere un vero e proprio caso da thriller, soprattutto per l’identità misteriosa del committente dell’opera: si arrivò a sostenere che fosse un messaggero dell’aldilà che aveva commissionato la messa per la morte dell’autore stesso, oppure che l’opera fosse stata commissionata da Salieri per far peggiorare le condizioni di salute del suo rivale. Nel video, gli Evanescence eseguono Lacrymosa dal vivo con un’orchestra per il loro Synthesis Tour del 2017.

 

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Published by
Roberto Cruciani