La nuova sotto-variante Covid Xec, parte della galassia Omicron, si presenta con sintomi tipici di un’infezione meno grave, ma altamente contagiosa. Matteo Bassetti, infettivologo e primario dell’Ospedale San Martino di Genova, ha delineato il quadro di questa variante in un’intervista a Quotidiano.net, fornendo indicazioni su come riconoscerla, i suoi sintomi, e la sua possibile diffusione.
La variante Xec si manifesta con sintomi simili a quelli di un’influenza, senza però risultare eccessivamente aggressiva. Tra i sintomi principali ci sono:
Questa nuova variante si distingue per una durata dei sintomi più breve, solitamente tra i 3 e i 4 giorni, al massimo 5. Tuttavia, anche se la malattia risulta meno prolungata, la contagiosità è aumentata. Bassetti sottolinea come la Xec sia in grado di contagiare più facilmente rispetto alle precedenti varianti, aumentando il rischio di focolai.
Uno degli aspetti più preoccupanti della variante Xec è la sua maggiore capacità di diffondersi. Secondo Bassetti, mentre il virus originale poteva contagiare 3-4 persone per ogni malato, questa sotto-variante può arrivare a infettare fino a 7-8 persone. Questo aumento del tasso di contagio potrebbe portare a un incremento dei casi simultanei, creando nuovi focolai, specialmente in comunità chiuse o in ambienti affollati.
L’eventuale coesistenza di contagi da variante Xec e influenza potrebbe rappresentare una sfida per il sistema sanitario, ma Bassetti sottolinea che il Covid del 2024 è molto diverso da quello del 2019 e va trattato di conseguenza. Secondo l’infettivologo, il rischio è di continuare a concentrarsi troppo sui tamponi per il Covid, trascurando altri virus respiratori come l’influenza, l’adenovirus e il metapneumovirus.
La variante Xec sembra essere meno aggressiva sulle vie respiratorie rispetto alle precedenti varianti, grazie alla “barriera” immunitaria naturale che molti individui hanno sviluppato tra gola e polmoni. Tuttavia, per le persone gravemente immunodepresse, come chi soffre di tumore o ha subito un trapianto, il rischio di complicazioni resta alto. In questi casi, è importante monitorare attentamente la situazione e, se necessario, ricorrere a test diagnostici.
Secondo Bassetti, i tamponi sono ancora utili per gli immunodepressi sintomatici, ma non sono più necessari per i fragili asintomatici. L’infettivologo critica l’eccessivo utilizzo di tamponi per il Covid, sottolineando che esistono numerosi altri virus respiratori simili, per i quali non esiste una procedura di test altrettanto capillare. Concentrarsi unicamente sul Covid, dice Bassetti, rischia di distogliere l’attenzione da altre infezioni virali che possono colpire la popolazione.