A Las Vegas, il gioiello nel deserto di Bugsy Siegel, la peggiore crisi da 40 anni

Pubblicato il 3 Ottobre 2010 - 15:39 OLTRE 6 MESI FA

Benjamin ”Bugsy” Siegel si rivolterebbe nella tomba. Meglio conosciuto negli ambienti della malavita americana come Bugsy, è, detto semplicemente, l”’inventore” di Las Vegas, il cui primo e unico hotel, il Flamingo, aprì una sera piovosa del 26 dicembre 1946. Odiava quel soprannome, che significa ”pidocchioso”, ed ha scatenato formidabili risse a causa di esso.

Las Vegas è nata  da una inconsueta consorteria finanziaria tra mafiosi ebrei, come Meyer Lansky, e italiani, come Lucky Luciano, messa insieme da Siegel, che aveva il sogno di vedere Vegas com’è oggi: un goiello nel deserto. Ma non ce la fece. Di soldi della mafia ne chiedeva troppi ed è morto ammazzato nel salotto di casa sua.

Oggi Siegel non sarebbe contento di vedere in che condizione è caduta la sua Vegas. La capitale del gioco degli Stati Uniti arranca sotto il peso di una sbalorditiva confluenza di fattori economici negativi che non ha uguali da quando i primi hotel-casino cominciarono a sorgere nel deserto nella seconda metà degli anni quaranta.

I leader cittadini continuano a sperare che l’industria del gioco riprenderà a girare vorticosamente come prima, ma gli esperti prevedono che slot-machines, roulettes, blackjack e quant’altro non basteranno a sanare un’ altra profonda ferita che ha colpito Vegas: il collasso dell’industria edilizia, che assieme al gioco erano i pilastri su cui prosperavano la città e lo stato del Nevada.

La dissocupazione in Nevada è balzata al 14,4 per cento, la più alta nel Paese, un desolato contrasto rispetto al 3,8 per cento di 10 anni fa. A Vegas è ancora più alta che nel resto dello stato: 14,7 per cento. E agosto è stato il quarantaquattresimo mese in cui il Nevada è sato lo stato con più pignoramenti edilizi.

L’extra-lussuoso Plaza Hotel and Casino, nel cuore della città, ha annunciato il licenziamento di 400 dipendenti, la chiusura dell’hotel e parte del casino per restauri, che nessuno sa quando avranno luogo.

”Vegas ha avuto i suoi periodi di crisi, ma mai niente come quella attuale”, dice David Schwartz, direttore del Center for Gaming Research all’Università del Nevada. ”Le entrate provenienti dal gioco stanno declinando da tre anni e continuano a declinare”. Ad essere meno pessimista è il sindaco della città, Oscar Goodman, che si dice ”ottimista per il futuro” e aggiunge: ”non appena la gente si sentirà sicura della propria posizione tornerà a giocare e Vegas diventerà più solida che mai”.

Ma il punto è proprio questo: con una disoccupazione nazionale al 9,6 per cento – che non accenna a diminuire – chi se la sente di giocarsi gli ultimi dollari con le carte o con i dadi?

C’èa c’è un altro fattore negativo per chi cerca di prevedere il futuro di Vegas.  La recessione ha causato il collasso del valore delle case e dei fondi di risparmio, e quindi secondo gli economisti la gente se la sente meno di rischiare al tavolo da gioco. Perfino l’ottimista Goodman ammette che i big players, quelli che giocavano centinaia se non milioni di dollari, dubita che torneranno perchè la recessione ha falciato anche loro”

Benjamin ''Bugsy'' Siegel

A parte il gioco dei turisti, anche quello degli abitanti dello stato, ricca fonte di entrate, è diminuita di molto a causa della disoccupazione, che secondo gli economisti resterà ai livelli attuali ancora a lungo. Il Flamingo, l’hotel-casino più famoso, quello fondato da Siegel, continua  faticosamente a tirare avanti, forse per il brivido che provano i clienti a giocare ai tavoli dove siedevano i leggendari gangtster con le loro bellissime e ingioiellate compagne. Ma chi crede che la mafia sia sparita da Las Vegas crede anche nelle favole.